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Francesco Gennari
Le opere nascono in quel luogo al di là del tempo e dello spazio che è il mio studio, dove mi chiudo per compiere magie ed esperimenti” spiega Gennari, ultimo e consapevole erede di una stirpe di “costruttori di mondi impossibili” che nasce con le avanguardie e si sviluppa nella seconda meta del ventesimo secolo.
Comunicato stampa
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Una realta parallela Appunti sull'arte di Francesco Gennari
Di Ludovico Pratesi
I’artista come costruttore di mondi impossibili. Nel famoso film Das Kabinet des Dr. Caligari, girato da Robert Wiene nel 1920, e definito come "1'opera cinematografica espressionista per eccellenza", il protagonista principale Krauss, che si identifica con Caligari, un ipnotizzatore del Settecenro, manipola la volontà di un sonnambulo Veidt e gli fa compiere una serie di azioni malvage. l'intera vicenda viene resa drammatica e quasi allucinatoria da scenografie storte e dai colori originali (il film era girato in verde, marrone e blu), oltre che dalla fotografia di WilIy Hameister. Quando la pellicola venne distribuita non mancarono riferimenti alla particolare situazione politica tedesca della Repubblica di Weimar oltre che alla letteratura fantastica e simbolista dei racconri di E.T. Hoffmann e Achim von Amim. Il film diventò quindi il manifesto della zeitgeist del tempo, come accadra qualche anno piu tardi a Metropolis (1926) di Fritz Lang, intimo amico di Wiene. Non a caso Francesco Gennari ha deciso di intitolare la sua ultima personale (che si è tenuta I'autunno scorso presso la galleria Zero di Piacenza) come il film di Wiene. Un preciso riferimento legato ai fondamenti della propria poetica, che si sostanzia in un'attitudine demiurgica, che sottolinea l'identita dell'artista inteso come colui che ripensa il reale. Un atteggiamento che attribuisce all'artista un ruolo non piu manuale, ma intellettuale e filosofico, di ideatore di un'arte in grado di elaborare l'atto creativo sotto forma di progetto allo stato puro, senza implicazioni di carattere fisico. Del resto, l'identita dell'artista come "costruttore di mondi impossibili" è una delle principali novità introdotte dalle avanguardie storiche del primo Novecento: pensiamo soltanto al Manifesro per la ricostruzione futurista dell'universo del 1915, firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero, che estendeva il raggio d'azione del movimento ben oltre i confini tradizionali delle arti visive per coinvolgere moda, design, teatro, cinema, fotografia e pubblicità. O ai Merzbau di Kurt Schwitters, ambienti tridimensionali costruiti negli anni Venti con oggetti consumati e vissuti, che ribaltano il concetto stesso dell'abitare. O ancora alle opere dei costruttivisti russi, che nel Manifesto del realismo (1920) proclamavano: "Col filo a piombo in mano, con gli occhi infallibili come dominatori, con uno spiriro esatto come un compasso noi edifichiamo la nostra opera come l'universo conforma la propria, come l'ingegnere costruisce i ponti, come il matematico elabora le formule delle orbite".
Voyage autour de mon arelier
"Le opere nascono in quel luogo al di là del tempo e dello spazio che è il mio studio, dove mi chiudo per compiere magie ed esperimenti" spiega Gennari, ultimo e consapevole erede di una stirpe di "costruttori di mondi impossibili" che nasce con le avanguardie e si sviluppa nella seconda meta del ventesimo secolo con le opere di Piero Manzoni e Lucio Fontana, l'Arte Povera e il Minimal americano, i dipinti di Gino De Dominicis e il giardino congelato di Marc Quinn. Così, all'interno di un "laboratorio dello sguardo" (la felice definizione è di Sergio Risaliti') tutto mentale, Gennari progetta i suoi lavori, che vengono interamente realizzati da altri. Cosi, in occasione della sua prima mostra personale in una istituzione museale, il Centro per le Arti Visive Pescheria di Pesaro, che l'artista ha intitolato Agartha (il nome della mitica città abitata dagli iperborei) Gennari ha scelto di presentare una decina di opere, che documentano i diversi aspetti della sua ricerca. Il pensiero appare quindi come l'unico vero strumento dell'artista, che si muove nell'ambito del concettuale piu ortodosso, proponendo una riflessione sul senso dell'assoluto attraverso immagini semplici ma rigorose, che si rivolgono direttamente alla mente dell' osservatore, senza troppe concessioni al sin troppo facile incantamento dello sguardo. Una dimensione radicale gia preannunciata da una delle prime opere di Gennari, la scritta a lettere metalliche "Nessun concetto nessuna rappresentazione nessun significato". Si tratta di uno statement che determina un'area di ricerca estrema, posta sul crinale di quel confine tra pensiero e immagine gia intuito da Cézanne alla fine del diciannovesimo secolo e definito con chiarezza da Joseph Kosuth intorno alla meta degli anni Sessanta.
L’ opera tra idea e immagine
"Il risultato del mio lavoro e l'equivalenza tra il nulla e il tutto". Con queste parole Francesco Gennari ci guida nel labirinto della sua produzione artistica, sostanziata da una profondità di pensiero non comune per un artista della sua generazione, e presentato ora al Centro per le Arti Visive Pescheria di Pesaro. Come ha puntualmente sottolineato Antonella Micaletti, si tratta di "un processo di continua trasformazione, di natura quasi alchemica" grazie al quale ogni opera dell'artista si definisce come il frammento di un unico discorso, una riflessione personale sui grandi interrogativi che l'uomo si pone da millenni: il senso della vita e della morte, la caducità delle cose terrene contrapposta alla immanenza dello spirito, il rapporto tra realtà fisica e visione metafisica. lnterrogativi che costituiscono i presupposti della ricerca di Gennari, che focalizza l'essenza di tali questioni, e la concretizza in una serie di opere basate su sottili e inquietanti paradossi, tati da fornire al tempo stesso domande e risposte, dubbi e certezze. Così nascono gli scatti fotografici che raffigurano un angolo del suo studio, silenzioso microcosmo dove l'artista ricostruisce artificialmente il ciclo della vita, attraverso immagini colte attraverso lastre di vetro o riflesse su grandi specchi. Nelle serie dei Vetri e degli Specchi, sulle quali Gennari lavora da due anni, le fotografie riproducono, all'interno di uno spazio nitido e asettico, oggetti legati alla natura: nidi di uccelli, lumache, scarafaggi o radici capovolte di alberi, archetipi di quella "natura artificiale" alla quale l'artista affida il suo pensiero.
Natura artificiale.
Una natura ricreata anche attraverso opere tridimensionali, siano essi "ready-made tecnologici" o oggetti fatti realizzare espressamente dall'artista. Alla prima categoria appartengono due lavori esposti alla Pescheria, Come se e Microcosmo. Il primo è un cipresso, della lunghezza di tre metri, che è stata stabilizzata attraverso una sostanza chimica che blocca il deperimenro organico della pianta morta, mentre Microcosmo è una zolla di terra nella quale l'artista ha inserito due insetti vivi (un ragno e un lombrico) prima di sigillarla ermeticamenre e dipingerla d'oro. L'idea di bloccare le condizioni di vita di microscopici esseri viventi sta alla base di opere significative come 1,6%, un cubo di terra ricoperto di verri colorati che contiene sei vermi, sei ragni e sei semi. In questo caso, il titolo si riferisce sia all'area di tre aperture poste sulla superficie del solido (che corrisponde all'I,6% del totale) che alla percentuale di possibilità di sopravvivere dei suoi abitanti coatti. Un'ipotesi sviluppata successivamente nel Mausoleo per un verme: una costruzione geometrica realizzara con intarsi di legno di faggio e riempita di zucchero, dove l'artista ha inserito un verme. Se in questi lavori riecheggia la memoria ludica di una "natura in miniatura" presente in alcune opere di Pino Pascali (penso sopratturto a due lavori noti, il Mare e il Metro cubo di terra) un'opera come Quindici appare invece piu vicina alla poetica di Piero Manzoni. Si tratta di un contenirore circolare del diametro di un metro e trenta realizzato con tre elementi concentrici caratterizzati da colori diversi, con al centro un foro dove è contenuta una vertebra di balena preistorica, che risale a tre milioni di anni fa. Un singolare memento sul valore del tempo, e sulla capacità di un giovane artista come Francesco Gennari di farci riflettere su tematiche fondamentali per la storia della cultura contemporanea.
Di Ludovico Pratesi
I’artista come costruttore di mondi impossibili. Nel famoso film Das Kabinet des Dr. Caligari, girato da Robert Wiene nel 1920, e definito come "1'opera cinematografica espressionista per eccellenza", il protagonista principale Krauss, che si identifica con Caligari, un ipnotizzatore del Settecenro, manipola la volontà di un sonnambulo Veidt e gli fa compiere una serie di azioni malvage. l'intera vicenda viene resa drammatica e quasi allucinatoria da scenografie storte e dai colori originali (il film era girato in verde, marrone e blu), oltre che dalla fotografia di WilIy Hameister. Quando la pellicola venne distribuita non mancarono riferimenti alla particolare situazione politica tedesca della Repubblica di Weimar oltre che alla letteratura fantastica e simbolista dei racconri di E.T. Hoffmann e Achim von Amim. Il film diventò quindi il manifesto della zeitgeist del tempo, come accadra qualche anno piu tardi a Metropolis (1926) di Fritz Lang, intimo amico di Wiene. Non a caso Francesco Gennari ha deciso di intitolare la sua ultima personale (che si è tenuta I'autunno scorso presso la galleria Zero di Piacenza) come il film di Wiene. Un preciso riferimento legato ai fondamenti della propria poetica, che si sostanzia in un'attitudine demiurgica, che sottolinea l'identita dell'artista inteso come colui che ripensa il reale. Un atteggiamento che attribuisce all'artista un ruolo non piu manuale, ma intellettuale e filosofico, di ideatore di un'arte in grado di elaborare l'atto creativo sotto forma di progetto allo stato puro, senza implicazioni di carattere fisico. Del resto, l'identita dell'artista come "costruttore di mondi impossibili" è una delle principali novità introdotte dalle avanguardie storiche del primo Novecento: pensiamo soltanto al Manifesro per la ricostruzione futurista dell'universo del 1915, firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero, che estendeva il raggio d'azione del movimento ben oltre i confini tradizionali delle arti visive per coinvolgere moda, design, teatro, cinema, fotografia e pubblicità. O ai Merzbau di Kurt Schwitters, ambienti tridimensionali costruiti negli anni Venti con oggetti consumati e vissuti, che ribaltano il concetto stesso dell'abitare. O ancora alle opere dei costruttivisti russi, che nel Manifesto del realismo (1920) proclamavano: "Col filo a piombo in mano, con gli occhi infallibili come dominatori, con uno spiriro esatto come un compasso noi edifichiamo la nostra opera come l'universo conforma la propria, come l'ingegnere costruisce i ponti, come il matematico elabora le formule delle orbite".
Voyage autour de mon arelier
"Le opere nascono in quel luogo al di là del tempo e dello spazio che è il mio studio, dove mi chiudo per compiere magie ed esperimenti" spiega Gennari, ultimo e consapevole erede di una stirpe di "costruttori di mondi impossibili" che nasce con le avanguardie e si sviluppa nella seconda meta del ventesimo secolo con le opere di Piero Manzoni e Lucio Fontana, l'Arte Povera e il Minimal americano, i dipinti di Gino De Dominicis e il giardino congelato di Marc Quinn. Così, all'interno di un "laboratorio dello sguardo" (la felice definizione è di Sergio Risaliti') tutto mentale, Gennari progetta i suoi lavori, che vengono interamente realizzati da altri. Cosi, in occasione della sua prima mostra personale in una istituzione museale, il Centro per le Arti Visive Pescheria di Pesaro, che l'artista ha intitolato Agartha (il nome della mitica città abitata dagli iperborei) Gennari ha scelto di presentare una decina di opere, che documentano i diversi aspetti della sua ricerca. Il pensiero appare quindi come l'unico vero strumento dell'artista, che si muove nell'ambito del concettuale piu ortodosso, proponendo una riflessione sul senso dell'assoluto attraverso immagini semplici ma rigorose, che si rivolgono direttamente alla mente dell' osservatore, senza troppe concessioni al sin troppo facile incantamento dello sguardo. Una dimensione radicale gia preannunciata da una delle prime opere di Gennari, la scritta a lettere metalliche "Nessun concetto nessuna rappresentazione nessun significato". Si tratta di uno statement che determina un'area di ricerca estrema, posta sul crinale di quel confine tra pensiero e immagine gia intuito da Cézanne alla fine del diciannovesimo secolo e definito con chiarezza da Joseph Kosuth intorno alla meta degli anni Sessanta.
L’ opera tra idea e immagine
"Il risultato del mio lavoro e l'equivalenza tra il nulla e il tutto". Con queste parole Francesco Gennari ci guida nel labirinto della sua produzione artistica, sostanziata da una profondità di pensiero non comune per un artista della sua generazione, e presentato ora al Centro per le Arti Visive Pescheria di Pesaro. Come ha puntualmente sottolineato Antonella Micaletti, si tratta di "un processo di continua trasformazione, di natura quasi alchemica" grazie al quale ogni opera dell'artista si definisce come il frammento di un unico discorso, una riflessione personale sui grandi interrogativi che l'uomo si pone da millenni: il senso della vita e della morte, la caducità delle cose terrene contrapposta alla immanenza dello spirito, il rapporto tra realtà fisica e visione metafisica. lnterrogativi che costituiscono i presupposti della ricerca di Gennari, che focalizza l'essenza di tali questioni, e la concretizza in una serie di opere basate su sottili e inquietanti paradossi, tati da fornire al tempo stesso domande e risposte, dubbi e certezze. Così nascono gli scatti fotografici che raffigurano un angolo del suo studio, silenzioso microcosmo dove l'artista ricostruisce artificialmente il ciclo della vita, attraverso immagini colte attraverso lastre di vetro o riflesse su grandi specchi. Nelle serie dei Vetri e degli Specchi, sulle quali Gennari lavora da due anni, le fotografie riproducono, all'interno di uno spazio nitido e asettico, oggetti legati alla natura: nidi di uccelli, lumache, scarafaggi o radici capovolte di alberi, archetipi di quella "natura artificiale" alla quale l'artista affida il suo pensiero.
Natura artificiale.
Una natura ricreata anche attraverso opere tridimensionali, siano essi "ready-made tecnologici" o oggetti fatti realizzare espressamente dall'artista. Alla prima categoria appartengono due lavori esposti alla Pescheria, Come se e Microcosmo. Il primo è un cipresso, della lunghezza di tre metri, che è stata stabilizzata attraverso una sostanza chimica che blocca il deperimenro organico della pianta morta, mentre Microcosmo è una zolla di terra nella quale l'artista ha inserito due insetti vivi (un ragno e un lombrico) prima di sigillarla ermeticamenre e dipingerla d'oro. L'idea di bloccare le condizioni di vita di microscopici esseri viventi sta alla base di opere significative come 1,6%, un cubo di terra ricoperto di verri colorati che contiene sei vermi, sei ragni e sei semi. In questo caso, il titolo si riferisce sia all'area di tre aperture poste sulla superficie del solido (che corrisponde all'I,6% del totale) che alla percentuale di possibilità di sopravvivere dei suoi abitanti coatti. Un'ipotesi sviluppata successivamente nel Mausoleo per un verme: una costruzione geometrica realizzara con intarsi di legno di faggio e riempita di zucchero, dove l'artista ha inserito un verme. Se in questi lavori riecheggia la memoria ludica di una "natura in miniatura" presente in alcune opere di Pino Pascali (penso sopratturto a due lavori noti, il Mare e il Metro cubo di terra) un'opera come Quindici appare invece piu vicina alla poetica di Piero Manzoni. Si tratta di un contenirore circolare del diametro di un metro e trenta realizzato con tre elementi concentrici caratterizzati da colori diversi, con al centro un foro dove è contenuta una vertebra di balena preistorica, che risale a tre milioni di anni fa. Un singolare memento sul valore del tempo, e sulla capacità di un giovane artista come Francesco Gennari di farci riflettere su tematiche fondamentali per la storia della cultura contemporanea.
29
settembre 2004
Francesco Gennari
Dal 29 settembre al 29 ottobre 2004
arte contemporanea
Location
ZERO…
Milano, Via Alessandro Tadino, 20, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 20, (Milano)
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