Meravigliosi i bassorilievi lignei di Franco Cecchini, pazientemente e sapientemente intarsiati e poi dipinti con colori che ricordano non solo le terre e i paesaggi della Toscana, ma anche il particolare temperamento che caratterizza gli abitanti di quella regione, dove lo sguardo si perde all’infinito sul mare o sulle molli colline, dove il sentire è forte come il colore e l’accendersi è rapido come il fuoco. Sulla produzione di Cecchini, scrive nel 2002 Giovanni Bovecchi:

(…) la ricchezza e la vivacità dell’intarsio e delle policromie non riescono a vincere una leggera malinconia della simmetria, della regolarità. Ciascun tassello di legno è un elemento fondamentale del “puzzle mentale” dell’artista, e riempie un frammento di vuoto fino a definire il concetto finale in una sua compiutezza e pienezza ideale nello spazio della tavola. Qui l’autore racchiude quel “campo” d’energia cromatica e compositiva che si libera dalla sua fantasia in un originale dualismo semantico di forma e contenuto, come se il perimetro dell’inquadratura fosse infinitamente insufficiente a contenere l’eterna potenza della ossessiva domanda creativa, che vorrebbe invece espandersi nella cornice del mondo e della vita. In questo ciclico conflitto dialettico c’è tutta la vibrazione emotiva dell’opera di Franco Cecchini: c’è ricerca e percorso di crescita artistica, ragione e sentimento, passione e verità, il superamento del decorativismo di maniera e la contemplazione della più delicata visione poetica.