Fresh Detriti

Una città di pietra e di acqua, metà reale e metà virtuale, ultimo punto abitabile di un percorso esistenziale che qui sembra trovare ogni logica conclusione. L’illusione di fermarsi per poi aprirsi a nuove partenze, con differenti mezzi, carichi di ritrovate speranze. Con questi scarni elementi, le pietre, l’acqua e l’ambiente, unico, al quale la loro interazione dà vita, cinque giovani artisti internazionali, provenienti da differenti e solo apparentemente dissimili esperienze, sfidano l’utopia del non facile dialogo con Venezia. I cinque lavori, pensati e realizzati per la mostra FRESH DETRITI, prim’ancora che veicolo di conoscenza premono per essere archetipiche domande, alla ricerca – ardua ma non vana – di verità che la città, chiusa da sempre nel suo mare e tra le sue mura, a tratti svela e a tratti gelosamente protegge.
Una convivenza tra elementi non sempre pacifica; l’acqua invade la pietra, la segna e nel tempo la modifica. L’acqua sale, il mito di Narciso sembra talvolta perdere ogni senso ed ogni battaglia, poi si ritira e ciò che rimane sono detriti, freschi, sui quali reinventare e ricostruire. Ciascuno con il proprio contributo, unendo forze e idee.
Lo svedese Jacob Anckarsvard (Stoccolma, 1972) lavora alla realizzazione di opere fortemente legate allo spazio/contenitore, ricercando attraverso piani costruttivi non canonici una narrazione degli elementi (in questo caso l’acqua) che lo spettatore è chiamato ora ad interpretare ora a rivivere come relazione umana e mentale individuale. L’indagine psicologica individuo – ambiente è ripresa dall’australiana Amanda Faulkner (Melbourne, 1978) che estremizza la ricerca alla città di Venezia, percepita come realtà estrema, ed ai complessi vincoli dell’uomo verso la storia e verso il Mito. Piccoli segmenti-scultura, ognuno depositario di una parte di coscienza e memoria storica, dislocati in vari punti della città, concorrono a svelare il senso finale del progetto; la ricostruzione ultima di un sentire collettivo è realizzabile però solo attraverso la partecipazione dello spettatore, qui chiamato liberamente a recuperare il ruolo storico di testimone di questo sentire e ad essere parte attiva della verità rivelata. Lo scozzese Derek Lodge (Dundee, 1978) evolve l’indagine sul rapporto tra realtà scientifiche, assiomi apparentemente inviolabili, e la loro vulnerabilità data dal caso e dall’intervento umano. Traendo ispirazione dalle regole sociali-lavorative di uno dei luoghi simbolo del potere della Repubblica Veneziana, l’Arsenale (luogo anch’esso di pietra ed acqua), e dall’efficienza che nei momenti di massimo splendore caratterizzava la “catena di montaggio” della sua linea di produzione, Lodge coinvolge un gruppo di amici nella produzione di manufatti sui quali però, contro la massificazione anonima, chiede di incidere un segno individuale di riconoscimento. La pratica collettiva e metodica contro quella individuale e forse caotica. L’italiano Michele De Marchi (Padova, 1972) presenta un’installazione a terra, realizzata con bicchieri di cristallo e fili sottili che ne delineano lo spazio; un lavoro fluttuante, delicato e fragile quanto la città di Venezia, messo in pericolo da elementi disturbanti esterni che con prepotenza tentano di intromettersi, e perciò da salvare. De Marchi sembra voler proteggere il proprio lavoro, ma in una sorta di triste presagio o di calcolato realismo i calici si espandono fino al punto di rottura; lo spaesamento sensoriale irreversibile, la bellezza e l’equilibrio sono così perduti per sempre. La danese Ursula Nistrup (Copenhagen, 1974) artista interessata all’azione del suono e della luce sulla percezione sensoriale dello spazio, propone una audio/video installazione (in collaborazione con l’architetto Mads Graakjaer) attraverso la quale mira a creare contatti con lo spazio evocandone eteree presenze, non tangibili, reali solo se captate attraverso l’immaginazione, l’interpretazione soggettiva, la memoria. L’uso del suono o degli effetti luminosi sono un mezzo – e non il fine – per puntare così l’attenzione sulla realtà sostanziale, che anche qui non si libra nell’aria perché appesantita dalla pietra e dalla materia.

Il dialogo tra i cinque artisti appare multiforme e multicolore, eterogeneo e strutturale, come la città che li ospita, storicamente tesa tra lo scambio intellettuale e le molteplici spinte sinergiche, disperatamente propositive, che qui ritroviamo intatte, invariate.

 
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30 agosto 2003

Fresh Detriti

Dal 30 agosto al 07 settembre 2003
arte contemporanea
Location
SCUOLA CAVANIS
Venezia, Dorsoduro, 898, (Venezia)
Orario di apertura
ore 10:00 / 19:00
Vernissage
30 Agosto 2003, ore 18.30

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