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From & T(w)o
seconda edizione della mostra “From & t[w]o”, un progetto che ha visto la luce nel 2007 con l’intenzione di creare una piattaforma per la nascita di legami e scambi di visione fra artisti locali ed internazionali
Comunicato stampa
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Dal 24 settembre 2010 al 9 gennaio 2011 Merano arte espone la seconda edizione della mostra “From & t[w]o”, un progetto che ha visto la luce nel 2007 con l’intenzione di creare una piattaforma per la nascita di legami e scambi di visione fra artisti locali ed internazionali. La mostra, prodotta da Merano arte per la cura di Valerio Dehò, presenta opere realizzate appositamente per gli spazi della galleria ed elaborate dalle coppie di artisti su un tema comune. A cornice della mostra sarà eseguito anche un progetto musicale di Marcello Fera, in occasione del quale verrà presentato il catalogo della mostra.
Il progetto di una mostra che metta a confronto gli artisti del territorio, della provincia di Bolzano, con altri del panorama internazionale, è nato dall’esigenza da un lato di premiare gli artisti locali emergenti, dall’altra di creare occasioni per generare uno scambio tra la nostra regione e il mondo contemporaneo.
La prima edizione di “From & To” nel 2007 è stata un vero e proprio laboratorio che ha dato interessanti possibilità di relazione. La formula per cui ogni artista del luogo sceglie un proprio partner internazionale e insieme progettano il loro spazio espositivo, è qualcosa che crea dei legami e delle consonanze profonde. Non è semplicemente una mostra collettiva in cui artisti noti e meno noti vengono messi insieme da un’ipotesi critica. Si tratta di dare vita ad un’esperienza. Gli artisti elaborano un progetto, lo confrontano con il curatore, studiano gli spazi di Kunst Meran/Merano Arte, scambiano mail, telefonate, incontri: tutto questo è “From & To”, un vero e proprio format che negli anni può continuare ad affinarsi ed estendersi ad altre realtà.
L’esposizione diventa il risultato finale di un processo che è nato dagli artisti stessi. Il curatore e lo spazio sono i catalizzatori di questo evento, ma è importante la possibilità di creare relazioni, di scambiare contenuti tra gli artisti, di allargare i legami di conoscenza ad un ambito mondiale da parte di giovani artisti della provincia che hanno però una visione realmente contemporanea del proprio lavoro. Dentro e fuori, from and to, una sorta di metafora degli scambi di mailing che avvengono tutti i giorni, tutti i minuti. Ma in più il nostro format vuole aggiungere la dimensione umana del lavorare insieme da parte degli artisti, in una dimensione collettiva che si è in gran parte perduta. Per questo la seconda edizione di “From & To”, che in quanto seconda edizione è diventata inevitabilmente “From & T[w]o” , è la proposta di un modo di intendere l’arte come scambio continuo, come relazione tra persone prima ancora che tra professionisti, una visione dell’arte come modo di interpretare la vita in una dimensione estetica.
I progetti di questa edizione da un lato mettono in risalto la progettualità interpersonale, dall’altro mettono insieme linguaggi molto diversi anche per dare uno spaccato dell’arte contemporanea al pubblico dei non addetti ai lavori.
Il progetto di Elisabeth Hölzl e di Armin Linke dal titolo complessivo “Documento/monumento”, con riferimento ad una voce di Jacques le Goff nell’Enciclopedia Einaudi, parte dalla considerazione che i monumenti sono simboli storici sempre più vuoti e inutili. La ripetitività, l’esaltazione delle vittorie e delle conquiste, anche la stessa retorica che vi è legata, ne fanno sempre di più dei misteri metafisici tra arte e spazi urbani. Hölzl ha lavorato sulla provincia di Bolzano e sull’estetica del regime fascista, mentre Linke si è dedicato ai monumenti lasciati dall’ex DDR, dalla scomparsa Germania comunista. Cosa resta di queste architetture, quale messaggio offrono a chi è distante dai fatti che ricordano? Il dato principale è che con gli anni si trasformano da monumenti in documenti, diventano delle tracce storiche a loro volta, non solo per quello che volevano celebrare, ma per quello che noi oggi a distanza di 60 anni possiamo ancora guardare e comprendere.
Hubert Kostner e Michael Sailstorfer hanno invece lavorato sul suono, come presenza fisica. La campana di Kostner, titolo “Hausglocke”, ricorda le campane di casa che si usavano nelle campagne altoatesine, qualcosa che scandiva i ritmi della giornata di lavoro e della festa, il loro suono serviva come per le campane delle chiese, per comunicare nelle valli anche le notizie, buone o cattive, era un elemento di collegamento tra le persone e le famiglie. Il pubblico potrà suonare la campana e l’altissima hall della casa diventerà come il campanile di una chiesa. Invece Sailstorfer ha creato un’installazione, “Reasearch reaktor” 2008-2010, in cui l’elemento sonoro viene trasmesso con uno sfalsamento temporale. Chi si avvicina all’installazione ascolta la registrazione delle voci delle persone che sono entrate prima, i rumori d’ambiente anche esterni. Il lavoro, consistente di un cubo di cemento di 1 metro oltre a microfoni e altoparlanti, è un modo di creare una relazione involontaria, un amplificatore ambientale che collega acusticamente gli spazi e le persone.
Carla Cardinaletti ha preso una frase da un testo della scienziata americana Susan Jeffers che racconta dell’emozione della paura, Feal the fear and do it anyway (“Percepisci la paura e fallo ugualmente” ) che è un invito a considerare questo sentimento primario in modo diverso e non negativo. Accettare la paura è il primo passo per una reazione. La frase inglese è realizzata con un segno corsivo luminoso di colore cobalto per rispettare il colore blu che nell’immaginario collettivo identifica la paura. La sua partner è Silvia Levenson, artista argentina che lavora da anni sul tema della fragilità dei rapporti e dell’equilibrio psicologico. “El viaje” sono una serie di disegni su carta di seta che includono planimetrie di barche e programmi di volo, sovrapposti e cuciti come se fossero una coperta.
“Protection” è una tenda da campeggio da bambini sulla quale l’artista ha inserito una pelle di vetro Le caratteristiche insite in questo materiale naturalmente mettono in discussione l'idea stessa di protezione e sicurezza. L’installazione “Telefona quando arrivi” è formata da uno sgabello e da un paio di scarpe appoggiate davanti. Rappresenta il momento di un passo verso l’ignoto, qualcuno è andato via o è saltato nel vuoto.
Il progetto di Max Rohr e di Stephan Balkenhol nasce da una corrispondenza tra i lavori dei due artisti che prima di quest’occasione non si erano però mai incontrati. L’opera di Stephan Balkenol è certamente ben conosciuta a livello mondiale, e ha conservato sia per la scultura lignea che per i caratteri dei suoi personaggi, qualcosa di fortemente legato alla figurazione tedesca, a caratteri incisivi e forti. La sua è un’arte semplice e non complessa, ma nello stesso tempo ha qualcosa di primitivo che colpisce e interessa.
La pittura ad olio di Max Rohr è ricca di personaggi che spesso si ripetono come se fossero i caratteri di un romanzo o di una pièce teatrale. Il suo lavoro è legato all’Alto Adige ai suoi paesaggi e alla sua infanzia. Al contrario delle altre coppie, i due artisti non hanno lavorato ad un tema comune. Il senso del loro lavorare insieme si esplica piuttosto nel dialogo che dovrà venire a crearsi, quasi naturalmente, fra le opere, nell’interazione a distanza tra i lavori, che in fase di allestimento, alla presenza di entrambi gli artisti, vedranno formarsi delle corrispondenze, delle consonanze, delle tensioni, che saranno il vero fulcro della ricerca comune dei due artisti, generando nuove possibilità di lettura nel segno del racconto e dell’introspezione psicologica e nell’interazione tra scultura e pittura.
La realizzazione delle opere ed il loro allestimento saranno documentati fotograficamente da Ivo Corrà, una registrazione visiva del processo di creazione e relazione artistica, che convoglierà nel catalogo della mostra, in uscita per il 29 ottobre. La presentazione del catalogo coinciderà con l’esecuzione del progetto musicale “Archincanto”, curato da Marcello Fera. Si tratta anche in questo caso di una collaborazione fra due realtà artistiche, una locale, l’Ensemble Conductus diretto dallo stesso Fera, ed una esterna, A Filetta, universalmente riconosciuto come il coro corso più rappresentativo, che dal 1978 svolge un intelligente lavoro di riflessione sull’evoluzione delle proprie radici mettendo in atto collaborazioni con diversi compositori e scrivendo in proprio nuovi lavori. L’incontro tra queste due formazioni, grazie all’incredibile sinergia che si crea tra voci e archi, dà vita ad un’esperienza emozionante in cui l’ascoltatore è condotto attraverso una ricca varietà di paesaggi dove convivono sorpresa, memoria, estasi e passione; dove preghiera e danza, popolare e colto, non costituiscono coppie di contrari ma si rivelano invece, quali coordinate logiche e complementari dell’esistenza.
Questa seconda edizione del format di kunst Merano Arte vede quindi una partecipazione internazionale di straordinaria qualità e un’elaborazione dei progetti lunga ed accurata, iniziata un anno e mezzo fa. “From & t[w]o” è un'altra mostra in cui Merano e la provincia di Bolzano si pongono al centro dell’arte contemporanea con una proposta originale e di alta qualità.
Il progetto di una mostra che metta a confronto gli artisti del territorio, della provincia di Bolzano, con altri del panorama internazionale, è nato dall’esigenza da un lato di premiare gli artisti locali emergenti, dall’altra di creare occasioni per generare uno scambio tra la nostra regione e il mondo contemporaneo.
La prima edizione di “From & To” nel 2007 è stata un vero e proprio laboratorio che ha dato interessanti possibilità di relazione. La formula per cui ogni artista del luogo sceglie un proprio partner internazionale e insieme progettano il loro spazio espositivo, è qualcosa che crea dei legami e delle consonanze profonde. Non è semplicemente una mostra collettiva in cui artisti noti e meno noti vengono messi insieme da un’ipotesi critica. Si tratta di dare vita ad un’esperienza. Gli artisti elaborano un progetto, lo confrontano con il curatore, studiano gli spazi di Kunst Meran/Merano Arte, scambiano mail, telefonate, incontri: tutto questo è “From & To”, un vero e proprio format che negli anni può continuare ad affinarsi ed estendersi ad altre realtà.
L’esposizione diventa il risultato finale di un processo che è nato dagli artisti stessi. Il curatore e lo spazio sono i catalizzatori di questo evento, ma è importante la possibilità di creare relazioni, di scambiare contenuti tra gli artisti, di allargare i legami di conoscenza ad un ambito mondiale da parte di giovani artisti della provincia che hanno però una visione realmente contemporanea del proprio lavoro. Dentro e fuori, from and to, una sorta di metafora degli scambi di mailing che avvengono tutti i giorni, tutti i minuti. Ma in più il nostro format vuole aggiungere la dimensione umana del lavorare insieme da parte degli artisti, in una dimensione collettiva che si è in gran parte perduta. Per questo la seconda edizione di “From & To”, che in quanto seconda edizione è diventata inevitabilmente “From & T[w]o” , è la proposta di un modo di intendere l’arte come scambio continuo, come relazione tra persone prima ancora che tra professionisti, una visione dell’arte come modo di interpretare la vita in una dimensione estetica.
I progetti di questa edizione da un lato mettono in risalto la progettualità interpersonale, dall’altro mettono insieme linguaggi molto diversi anche per dare uno spaccato dell’arte contemporanea al pubblico dei non addetti ai lavori.
Il progetto di Elisabeth Hölzl e di Armin Linke dal titolo complessivo “Documento/monumento”, con riferimento ad una voce di Jacques le Goff nell’Enciclopedia Einaudi, parte dalla considerazione che i monumenti sono simboli storici sempre più vuoti e inutili. La ripetitività, l’esaltazione delle vittorie e delle conquiste, anche la stessa retorica che vi è legata, ne fanno sempre di più dei misteri metafisici tra arte e spazi urbani. Hölzl ha lavorato sulla provincia di Bolzano e sull’estetica del regime fascista, mentre Linke si è dedicato ai monumenti lasciati dall’ex DDR, dalla scomparsa Germania comunista. Cosa resta di queste architetture, quale messaggio offrono a chi è distante dai fatti che ricordano? Il dato principale è che con gli anni si trasformano da monumenti in documenti, diventano delle tracce storiche a loro volta, non solo per quello che volevano celebrare, ma per quello che noi oggi a distanza di 60 anni possiamo ancora guardare e comprendere.
Hubert Kostner e Michael Sailstorfer hanno invece lavorato sul suono, come presenza fisica. La campana di Kostner, titolo “Hausglocke”, ricorda le campane di casa che si usavano nelle campagne altoatesine, qualcosa che scandiva i ritmi della giornata di lavoro e della festa, il loro suono serviva come per le campane delle chiese, per comunicare nelle valli anche le notizie, buone o cattive, era un elemento di collegamento tra le persone e le famiglie. Il pubblico potrà suonare la campana e l’altissima hall della casa diventerà come il campanile di una chiesa. Invece Sailstorfer ha creato un’installazione, “Reasearch reaktor” 2008-2010, in cui l’elemento sonoro viene trasmesso con uno sfalsamento temporale. Chi si avvicina all’installazione ascolta la registrazione delle voci delle persone che sono entrate prima, i rumori d’ambiente anche esterni. Il lavoro, consistente di un cubo di cemento di 1 metro oltre a microfoni e altoparlanti, è un modo di creare una relazione involontaria, un amplificatore ambientale che collega acusticamente gli spazi e le persone.
Carla Cardinaletti ha preso una frase da un testo della scienziata americana Susan Jeffers che racconta dell’emozione della paura, Feal the fear and do it anyway (“Percepisci la paura e fallo ugualmente” ) che è un invito a considerare questo sentimento primario in modo diverso e non negativo. Accettare la paura è il primo passo per una reazione. La frase inglese è realizzata con un segno corsivo luminoso di colore cobalto per rispettare il colore blu che nell’immaginario collettivo identifica la paura. La sua partner è Silvia Levenson, artista argentina che lavora da anni sul tema della fragilità dei rapporti e dell’equilibrio psicologico. “El viaje” sono una serie di disegni su carta di seta che includono planimetrie di barche e programmi di volo, sovrapposti e cuciti come se fossero una coperta.
“Protection” è una tenda da campeggio da bambini sulla quale l’artista ha inserito una pelle di vetro Le caratteristiche insite in questo materiale naturalmente mettono in discussione l'idea stessa di protezione e sicurezza. L’installazione “Telefona quando arrivi” è formata da uno sgabello e da un paio di scarpe appoggiate davanti. Rappresenta il momento di un passo verso l’ignoto, qualcuno è andato via o è saltato nel vuoto.
Il progetto di Max Rohr e di Stephan Balkenhol nasce da una corrispondenza tra i lavori dei due artisti che prima di quest’occasione non si erano però mai incontrati. L’opera di Stephan Balkenol è certamente ben conosciuta a livello mondiale, e ha conservato sia per la scultura lignea che per i caratteri dei suoi personaggi, qualcosa di fortemente legato alla figurazione tedesca, a caratteri incisivi e forti. La sua è un’arte semplice e non complessa, ma nello stesso tempo ha qualcosa di primitivo che colpisce e interessa.
La pittura ad olio di Max Rohr è ricca di personaggi che spesso si ripetono come se fossero i caratteri di un romanzo o di una pièce teatrale. Il suo lavoro è legato all’Alto Adige ai suoi paesaggi e alla sua infanzia. Al contrario delle altre coppie, i due artisti non hanno lavorato ad un tema comune. Il senso del loro lavorare insieme si esplica piuttosto nel dialogo che dovrà venire a crearsi, quasi naturalmente, fra le opere, nell’interazione a distanza tra i lavori, che in fase di allestimento, alla presenza di entrambi gli artisti, vedranno formarsi delle corrispondenze, delle consonanze, delle tensioni, che saranno il vero fulcro della ricerca comune dei due artisti, generando nuove possibilità di lettura nel segno del racconto e dell’introspezione psicologica e nell’interazione tra scultura e pittura.
La realizzazione delle opere ed il loro allestimento saranno documentati fotograficamente da Ivo Corrà, una registrazione visiva del processo di creazione e relazione artistica, che convoglierà nel catalogo della mostra, in uscita per il 29 ottobre. La presentazione del catalogo coinciderà con l’esecuzione del progetto musicale “Archincanto”, curato da Marcello Fera. Si tratta anche in questo caso di una collaborazione fra due realtà artistiche, una locale, l’Ensemble Conductus diretto dallo stesso Fera, ed una esterna, A Filetta, universalmente riconosciuto come il coro corso più rappresentativo, che dal 1978 svolge un intelligente lavoro di riflessione sull’evoluzione delle proprie radici mettendo in atto collaborazioni con diversi compositori e scrivendo in proprio nuovi lavori. L’incontro tra queste due formazioni, grazie all’incredibile sinergia che si crea tra voci e archi, dà vita ad un’esperienza emozionante in cui l’ascoltatore è condotto attraverso una ricca varietà di paesaggi dove convivono sorpresa, memoria, estasi e passione; dove preghiera e danza, popolare e colto, non costituiscono coppie di contrari ma si rivelano invece, quali coordinate logiche e complementari dell’esistenza.
Questa seconda edizione del format di kunst Merano Arte vede quindi una partecipazione internazionale di straordinaria qualità e un’elaborazione dei progetti lunga ed accurata, iniziata un anno e mezzo fa. “From & t[w]o” è un'altra mostra in cui Merano e la provincia di Bolzano si pongono al centro dell’arte contemporanea con una proposta originale e di alta qualità.
24
settembre 2010
From & T(w)o
Dal 24 settembre 2010 al 09 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
KUNST MERAN/O ARTE
Merano, Via Portici, 163, (Bolzano)
Merano, Via Portici, 163, (Bolzano)
Biglietti
€ 5,00 intero – € 4,00 ridotto
Orario di apertura
da martedì a domenica ore 10-18
Vernissage
24 Settembre 2010, ore 19.30
Autore
Curatore