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Gaetano Plasmati – Il Pollino. Montagna incantata
Le spettacolari immagini in bianco e nero del Parco Nazionale del Pollino, già pubblicate nell’omonimo libro edito dalla Banca Popolare del Materano
Comunicato stampa
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Le spettacolari immagini in bianco e nero del Parco Nazionale del Pollino, già pubblicate nell’omonimo libro edito dalla Banca Popolare del Materano, saranno ora raccolte nella mostra che si apre domani, 29 aprile 2005, alle ore 18.30, a Matera in via delle Beccherie n. 55.
L’esposizione rappresenta un’anteprima di Scenarte 2005, la rassegna culturale promossa ed organizzata dalla Banca Popolare del Materano nel segno di una lunga tradizione che la vede particolarmente attenta a valorizzare le arti e la cultura quali veicoli di progresso sociale ed economico per i luoghi in cui opera. In particolare, la città di Matera, dove la Banca fu fondata nel 1881, rappresenta un luogo ideale per le arti, come attesta una vocazione millenaria che ha generato la civiltà rupestre e ha prodotto mirabili manifestazioni artistiche.
La mostra, il cui allestimento è stato curato dallo stesso Gaetano Plasmati, raccoglie oltre sessanta scatti tratti dal libro omonimo edito dalla Banca Popolare del Materano nel 2004.
Le immagini raccontano la magia e i segreti di un universo naturale di rara bellezza che si rivela poco conosciuto sia dagli stessi lucani sia dagli abitanti delle regioni vicine.
Immerso nel cuore del Mediterraneo a cavallo tra le regioni Basilicata e Calabria, il Parco Nazionale del Pollino con quasi duecentomila ettari di estensione è la più grande area protetta d’Italia. Include alte vette, oltre i 2.200 metri, grandi foreste, praterie d’alta quota, ambienti rocciosi, profonde gole e torrenti. E’ sinonimo di montagna incantata, di sorgenti limpidissime, di solitari silenzi, di pino loricato e di tanto altro che è difficile descrivere a parole.
Data questa immensità di spazi ci sono molti punti di partenza per l’ascesa e una gran quantità di itinerari possibili per la scoperta del Parco. Gaetano Plasmati con le sue foto ripercorre un viaggio che nella realtà ha svolto nell’arco di quasi dieci anni, avventurandosi tra gole, torrenti e percorsi ad alta quota anche in pieno inverno, sfidando la montagna e le forze della natura, non senza correre pericoli. In alcuni tratti e soprattutto in alcune stagioni, sarebbe fortemente sconsigliabile avventurarsi lungo un itinerario simile.
Di questo suo viaggio il fotografo scrive così.
“Ho sperimentato due modi di viaggiare. Il primo consiste nel percorrere grandi distanze in un breve tempo, entrare in contatto con popolazioni nuove e paesaggi inconsueti, imparare a riconoscerne le differenze e le particolarità, confrontarsi con realtà estranee a quella abituale. Nell’altro si procede con lentezza, spesso si sosta, si colloquia con se stessi alla ricerca del sé più profondo, si ritrovano le proprie radici, a contatto con la terra, come a volerne assorbire la linfa, la stessa di cui si nutrono gli abitanti del posto. Io li chiamo “viaggi verticali”.
Tutti e due sono modi legittimi di conoscere, tutti e due sono fonti di piacere, tutti e due rimarranno un’indimenticabile esperienza interiore.
Le immagini raccontano di un viaggio verticale nella terra del Pollino.
Raccontano le salite faticose verso luoghi nascosti, l’emozione di un raggio di luce che filtra obliquo tra le foglie, il sempre diverso emergere del mondo dal buio della notte, gli spazi aperti, le onde disegnate dal vento che piega i fili d’erba, lo stesso che spinge quella nuvola nera davanti al sole, ad oscurare il cielo.
C’è la montagna che ad ogni passo diviene più sacra e primitiva: attorno a noi niente che ci ricordi il nostro tempo. La luna scivola per i canaloni, illumina giganti dai rami contorti, dalla corteccia di infinite sfumature, ognuno con la sua storia fatta di vento, di cicatrici di fulmini, impressa nel tronco.
C’è il silenzio, sottofondo costante dai mille aspetti. Il silenzio del giorno fatto del ronzio di un insetto, dello scroscio di un ruscello, dello stormire delle fronde e mai di rumori di macchina, di suoni artificiali. Il rombo ottuso della neve, della coltre nebbiosa che quasi si può toccare. Il silenzio della notte che affina le percezioni, il grido di un animale notturno, un fruscio improvviso e incomprensibile, il vento dapprima leggero, poi rapido e violento, che fa riaffiorare paure ancestrali.
C’è l’incontro con il bosco di tutte le leggende, animato dagli esseri favolosi che popolano i racconti della tradizione lucana. Delle fate di una sorgente silvana, dei ladri di bambini, delle streghe che, narrano i vecchi, appaiono a volte al viandante solitario.
Sentire che la vita tutt’intorno, nelle piante e negli animali, è la stessa che scorre nelle nostre vene. Entrare nell’incantesimo improvviso della natura immobile e silente come impressa su una immensa tela, scenario di una pace che non conosciamo più, ma che il nostro cuore ritrova.
C’è qualcosa di intimamente sacro nei luoghi non ancora corrotti e domati dall’uomo. L’anima di questi posti è vibrante ed ancora pervasa di quel senso di meraviglia e di poesia, del turbamento che si prova al cospetto dell’immenso e delle forze incontrollabili della natura. E’ una terra della quale siamo tutti figli, dove la natura conserva l’equilibrio, la purezza, la completezza cui noi umani aspiriamo.”
L’esposizione rappresenta un’anteprima di Scenarte 2005, la rassegna culturale promossa ed organizzata dalla Banca Popolare del Materano nel segno di una lunga tradizione che la vede particolarmente attenta a valorizzare le arti e la cultura quali veicoli di progresso sociale ed economico per i luoghi in cui opera. In particolare, la città di Matera, dove la Banca fu fondata nel 1881, rappresenta un luogo ideale per le arti, come attesta una vocazione millenaria che ha generato la civiltà rupestre e ha prodotto mirabili manifestazioni artistiche.
La mostra, il cui allestimento è stato curato dallo stesso Gaetano Plasmati, raccoglie oltre sessanta scatti tratti dal libro omonimo edito dalla Banca Popolare del Materano nel 2004.
Le immagini raccontano la magia e i segreti di un universo naturale di rara bellezza che si rivela poco conosciuto sia dagli stessi lucani sia dagli abitanti delle regioni vicine.
Immerso nel cuore del Mediterraneo a cavallo tra le regioni Basilicata e Calabria, il Parco Nazionale del Pollino con quasi duecentomila ettari di estensione è la più grande area protetta d’Italia. Include alte vette, oltre i 2.200 metri, grandi foreste, praterie d’alta quota, ambienti rocciosi, profonde gole e torrenti. E’ sinonimo di montagna incantata, di sorgenti limpidissime, di solitari silenzi, di pino loricato e di tanto altro che è difficile descrivere a parole.
Data questa immensità di spazi ci sono molti punti di partenza per l’ascesa e una gran quantità di itinerari possibili per la scoperta del Parco. Gaetano Plasmati con le sue foto ripercorre un viaggio che nella realtà ha svolto nell’arco di quasi dieci anni, avventurandosi tra gole, torrenti e percorsi ad alta quota anche in pieno inverno, sfidando la montagna e le forze della natura, non senza correre pericoli. In alcuni tratti e soprattutto in alcune stagioni, sarebbe fortemente sconsigliabile avventurarsi lungo un itinerario simile.
Di questo suo viaggio il fotografo scrive così.
“Ho sperimentato due modi di viaggiare. Il primo consiste nel percorrere grandi distanze in un breve tempo, entrare in contatto con popolazioni nuove e paesaggi inconsueti, imparare a riconoscerne le differenze e le particolarità, confrontarsi con realtà estranee a quella abituale. Nell’altro si procede con lentezza, spesso si sosta, si colloquia con se stessi alla ricerca del sé più profondo, si ritrovano le proprie radici, a contatto con la terra, come a volerne assorbire la linfa, la stessa di cui si nutrono gli abitanti del posto. Io li chiamo “viaggi verticali”.
Tutti e due sono modi legittimi di conoscere, tutti e due sono fonti di piacere, tutti e due rimarranno un’indimenticabile esperienza interiore.
Le immagini raccontano di un viaggio verticale nella terra del Pollino.
Raccontano le salite faticose verso luoghi nascosti, l’emozione di un raggio di luce che filtra obliquo tra le foglie, il sempre diverso emergere del mondo dal buio della notte, gli spazi aperti, le onde disegnate dal vento che piega i fili d’erba, lo stesso che spinge quella nuvola nera davanti al sole, ad oscurare il cielo.
C’è la montagna che ad ogni passo diviene più sacra e primitiva: attorno a noi niente che ci ricordi il nostro tempo. La luna scivola per i canaloni, illumina giganti dai rami contorti, dalla corteccia di infinite sfumature, ognuno con la sua storia fatta di vento, di cicatrici di fulmini, impressa nel tronco.
C’è il silenzio, sottofondo costante dai mille aspetti. Il silenzio del giorno fatto del ronzio di un insetto, dello scroscio di un ruscello, dello stormire delle fronde e mai di rumori di macchina, di suoni artificiali. Il rombo ottuso della neve, della coltre nebbiosa che quasi si può toccare. Il silenzio della notte che affina le percezioni, il grido di un animale notturno, un fruscio improvviso e incomprensibile, il vento dapprima leggero, poi rapido e violento, che fa riaffiorare paure ancestrali.
C’è l’incontro con il bosco di tutte le leggende, animato dagli esseri favolosi che popolano i racconti della tradizione lucana. Delle fate di una sorgente silvana, dei ladri di bambini, delle streghe che, narrano i vecchi, appaiono a volte al viandante solitario.
Sentire che la vita tutt’intorno, nelle piante e negli animali, è la stessa che scorre nelle nostre vene. Entrare nell’incantesimo improvviso della natura immobile e silente come impressa su una immensa tela, scenario di una pace che non conosciamo più, ma che il nostro cuore ritrova.
C’è qualcosa di intimamente sacro nei luoghi non ancora corrotti e domati dall’uomo. L’anima di questi posti è vibrante ed ancora pervasa di quel senso di meraviglia e di poesia, del turbamento che si prova al cospetto dell’immenso e delle forze incontrollabili della natura. E’ una terra della quale siamo tutti figli, dove la natura conserva l’equilibrio, la purezza, la completezza cui noi umani aspiriamo.”
29
aprile 2005
Gaetano Plasmati – Il Pollino. Montagna incantata
Dal 29 aprile al 19 giugno 2005
fotografia
Location
GALLERIA DI PORTA PEPICE
Matera, Via Delle Beccherie, 55, (Matera)
Matera, Via Delle Beccherie, 55, (Matera)
Orario di apertura
10.30-12.30 e 17-21
Vernissage
29 Aprile 2005, ore 18.30
Sito web
www.gaetanoplasmati.com
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