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Gastone Biggi – Nuove sequenze
personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
GASTONE BIGGI
NUOVE SEQUENZE
Le costanti che individuano il mio mondo espressivo sono certamente da
ricavare nella continua aspirazione ad un operare dove la ragione e l’
inconscio, in egual misura concorrano all’edificazione di un’opera.
Gastone Biggi
Cimentarsi nello scrivere sull’attività di Gastone Biggi è cosa assai
complessa.
E’, infatti, artista a tutto tondo, perché sa essere eclettico e versatile
nell’esprimersi in maniera coerente ed evolutiva sia con il pennello che con
la penna, oltre ad avere una grande conoscenza in campo musicale.
E noterete più avanti che la sua biografia non può finire a piè pagina come
se fosse una nota a margine, ma bisogna scorrerla come parte integrante del
lavoro dell’artista.
Quest’uomo argutamente intelligente, dalla battuta sottile e tagliente che
ha sempre espresso il suo parere negli innumerevoli interventi di argomento
artistico e non a cui è stato pregato di partecipare, é un pittore simbolo
degli ultimi cinquant’anni della storia dell’arte mondiale.
Si avverte nel suo percorso, in modo palese nel periodo forse più noto dell’
artista, quello degli anni Sessanta e del Gruppo Uno ma in modo più criptico
eppure non meno vivo anche nei momenti successivi, una dimensione
pitagorica, una ricerca contrappuntistica del ritmo interno della pagina
pittorica, dell’architettura del colore.
E prendendo in prestito lo spunto da uno dei suoi libri “BISNY (Bisanzio-New
York), è una dimensione, questa, che si riallaccia più a Bisanzio che a New
York, ... dove Bisanzio significa non solo mosaici ravennati, ma per
estensione anche tutta la grande pittura dei secoli passati, da Giotto a
Piero, entrambi amatissimi da Biggi. (Elena Pontiggia).
Biggi è passato dalle opere che risentono delle tristissime personali
vicissitudini belliche: dalla deportazione alla prigionia alla tortura e dei
temi sociali legati all’ambiente romano; allo sguardo rigoroso e solidamente
europeo dell’astrazione.
Certo per Biggi il numero non è un principio divino, ma per così dire un
principio musicale. Tutto, nelle sue tele, viene ricondotto a un mormorio
ritmico, a un contrappunto bachiano.
Infatti, quando a partire dal 1972 la tavolozza cromatica recupera tutte le
sue note, quella di Biggi non è una conversione al colore, ma una riconferma
delle potenzialità delle cromie.
E nel legame proprio all’interesse per la musica, si inserisce il ciclo di
opere di Biggi ispirato alle variazioni sul tema, cioè le “INCURSIONI” dell’
artista non solo in qualità di omaggio ai protagonisti del passato dell’arte
da lui più amati, ma più profondamente come raccolta ed appropriazione dei
frutti migliori altrui.
Mentre il nucleo centrale dei quadri esposti in questa mostra romana fa’
parte dell’ultima fatica di Gastone Biggi: gli “EVENTI”.
Opere dove ogni cosa, ogni luogo, ogni situazione acquista, grazie all’
artista, una luce sacra, una collocazione superiore, viene “eventualizzata”,
dandole quindi un’importanza maggiore tale da rendere la situazione in sé
unica.
Ed il risultato è estremamente interessante, quadri riuscitissimi che
sembrano essere stati dipinti da un animo fresco e giovane, mentre sono la
più recente espressione di un uomo combattivo di ottant’anni con un talento
enorme.
Ancora una volta, Biggi contesta la presunta fine della pittura con l’unico
modo con cui lo può fare un pittore: dipingendo. E il suo ostinato ricercare
le pieghe, le sfumature, le note più alte e più profonde del colore, ha
anche questo significato.
Dimostrare che la pittura non ha bisogno di essere attuale, e nemmeno di
essere moderna, perchè è eterna.
NON ESISTONO ZONE MORTE NELLA PITTURA DI BIGGI, COME NON ESISTONO NELLA
VITA. TUTTO VIBRA E RESPIRA.
LA BIOGRAFIA
Nasce a Roma il 12 febbraio 1925.
Nel 1945 si diploma al Liceo Artistico di Roma.
Nel 1946 inizia la sua attività di pittore nel Centro Ospedaliero della CRI,
dove è stato ricoverato per una malattia contratta sul fronte di Cassino,
dopo aver subito la deportazione e la condanna a morte da parte dei
tedeschi. Riuscirà a fuggire.
Il suo primo periodo pittorico è fortemente influenzato dall’esperienza
drammatica della guerra. Le tinte sono fosche e le pennellate sono larghe,
espressioniste.
Con la sua prima mostra personale a Roma nel 1949, inizia l’interesse verso
la musica. Le composizioni trarranno ispirazione dal mondo delle note
(soprattutto Bach).
Nel 1952 realizza la scenografia de “Gli Uccelli” di Aristofane al Teatro
delle Maschere di Roma.
Inizia da qui il suo impegno come insegnante nella scuola.
Sarà un artista indipendente e non si schiererà mai verso il realismo
comunista, tanto di moda in quegli anni. Questo gli procurerà una
sistematica emarginazione dalle manifestazioni ufficiali del mondo
culturale.
Nel 1956 fonda insieme a Buratti, Mazzoli, Agostini, Marcucci e Di Vito il
Gruppo 56, che avrà vita breve ma il merito di contrapporsi alla pittura di
propaganda di quel periodo.
Biggi prosegue il suo percorso per cicli, interessandosi in maniera
approfondita anche per anni di un medesimo argomento che in quel momento
sente particolarmente vicino.
Nel 1957 abbiamo “I Profughi” e le “Cancellate” ultimi esempi della sua
espressione figurativa.
Da ora in poi Biggi diverrà un pittore astratto.
La pittura astratta ha la possibilità straordinaria di essere parallela alla
musica .... ma è altrettanto vero che, al contrario della pittura
figurativa, se i suoi gesti non sono assoluti e straordinari rischi di
essere molto noiosa e di una vitalità breve.
“I Racconti” opere astratte di tipo surrealiste precedono le “Sabbie”
informali.
Nel 1960 da’ il via alle “Lettere”, dove usando frammenti di materia e di
memoria tende a realizzare la superficie del ricordo.
Continua l’iter di Biggi nell’ambito dell’Informale con le “Colature” e “I
Tempi”. Intanto la sua produzione è sempre più seguita anche da critici
quali:, Calvesi,Volpi, Sterpini, ma la corresponsione della critica non è di
successo. Partecipa in questo periodo a molte collettive romane, dedicate ai
talenti emergenti del panorama artistico della capitale. Gli vengono
conferiti premi ed incarichi didattici (insegna Disegno Pubblicitario alla
“Diaz” di Roma).
Dal 1962 riprende i viaggi in Francia, abbandona l’Informale e torna alla
forma con i “Continui segnici”, abolendo il colore e dipingendo solo con il
bianco e il nero. Espone a Genova dove conosce Roberto e Rinaldo Rotta.
Importantissimo quest’anno che vede la nascita del Gruppo Uno insieme ad
Uncini, Pace, Frascà, Carrino e Santoro. Contemporaneamente comincerà a
stringere rapporti con Dorazio, Perilli e Turcato.
Il Gruppo Uno intensificherà sempre di più la sua attività basata sulla
realizzazione di una comunità operativa per la quale il pittore, pur
mantenendo la sua specificità tenda a confrontarsi con le altre arti a lui
affini, soprattutto la musica.
Finalmente nel 1963 arrivano i primi consensi con Il Gruppo, espongono a
Firenze, a Genova nella Galleria Rotta. Espone i suoi continui puntiformi
alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che in questo anno
acquisterà una sua opera.
Alla Biennale di San Marino “Oltre l’informale” con il Gruppo Uno vince il
II° premio della Giuria Internazionale.
Biggi in questo anno intensifica i suoi viaggi in Europa: Germania,
Francia, Austria, Norvegia, Svizzera e Svezia, fino in Russia.
Cambia la sua indagine pittorica, passa al discoforme con la serie delle
“Variabili” e ritorna, dopo anni di bianco e nero, al colore. I primi anni
Settanta lo vedono molto presente anche all’estero dove le esposizioni
personali di Biggi iniziano a moltiplicarsi. Inoltre il suo impegno rimane
inalterato anche nella scrittura e nella musica, grandi passioni dell’
artista.
Dopo aver discettato sulle Variabili e averle portate all’esasperazione
cromatica, ritorna al bianco (la luce), il grigio (il tempo), il nero (le
origini) segnati dalla grafite, nella serie “Continui secondi”.
A metà degli anni settanta, la sua ricerca si rivolge ad operare sui cerchi
e sulle tangenze studiando la possibilità dell’evidenziazione timbrica e
materica mediante incidenze segniche: nascono le “Tangenziali”, fatte solo
di cromie povere.
Nel 1976 viene chiamato a dirigere il Liceo Artistico di Ravenna. La sua
attività didattica lo distrae dall’esporre, ma la ricerca non si ferma.
Continua la serie dei “Ritmi” di grandi dimensioni, ancora in bianco e nero.
Ma nel 1979 con i “Cieli” riprende in pieno il colore, caricato dall’uso dei
pastelli e delle cere.
Svilupperà questo tema per alcuni anni, esponendo molto e riscuotendo grande
consenso di pubblico e di critica, soprattutto in Centro-Nord Europa.
Dopo un lungo viaggio in Francia, alla ricerca di ispirazione dal romanico e
dal gotico (ha una forte passione per le vetrate di Chartres), inizia a
dipingere “I Giorni” opere di grande spontaneità ed immediatezza.
E’ il 1983.
L’anno dopo, lascia Roma per trasferirsi nella campagna senese; e proprio
questi paesaggi saranno la nuova esperienza chiaramente visibile nella
evoluzione dei “Cieli” e soprattutto nel successivo ciclo de “I Campi”, dove
l’ordito dei segni e dei colori tende a riflettere le innumerevoli
vibrazioni della luce, per ritrarre le emozioni che l’artista prova.
Dopo tre anni di soggiorno senese, torna nel Lazio e si trasferisce a
Genzano di Roma. Inizia una serie di opere nuove, concepite con estrema
libertà nel tentativo di coniugare l’astrazione dell’idea con le realtà
della visione e della memoria, in una sorta di figurazione dove possano
apparire elementi del più oggettivo campionario visivo, ma trasfigurati all’
atto stesso della realizzazione dal filtro della cultura e dell’esperienza
operativa.
Del periodo di Genzano abbiamo “I Canti della Memoria” e le “Luci”, un
ritorno alla cromia azzurra, tipica colorazione dell’aria pura e dei cieli
tersi dei Colli Albani.
Continua a viaggiare molto. Importantissimo in questo periodo è un lungo
soggiorno in America, dove lo colpiscono soprattutto lo splendore dei
grattacieli di Manhattan e la durezza nera dei sobborghi.
Nella primavera del 1990 si trasferisce a Milano dove riprende le “Luci”,
elaborate dopo l’esperienza americana ed arricchite dal soggiorno milanese.
Ed è proprio Milano e la sua luminosa atmosfera ad ispirare le “Tabule”,
serie dove è il fondo il vero protagonista del quadro.
Il nomadismo di Biggi continua nel 1992: si trasferisce a Verona. Ed anche
qui come sempre viene ispirato per un nuovo percorso: le “Costellazioni”. Le
sue personali si moltiplicano come i suoi viaggi, andrà infatti in Irlanda
ed in Spagna. Ogni esperienza di viaggio per Biggi è un momento di
arricchimento e di riflessione sia per le sue pitture che per i suoi
scritti. Nel 1995 inizia la serie molto importante delle “Icone”, dove
riprende l’uso della sabbia e della segatura in maniera solenne, quasi
ieratica. Nel 1997, esporrà per l’ultima volta a Roma, alla Galleria
Editalia proprio questa serie.
Nello stesso tempo, prende forma il progetto dell’ “Anno Padano” che
riflette gli umori, le luci, le passioni della terra emiliana dove ora vive.
Gli stessi sentimenti che sono anche alla base della creazione dei quattro
grandi quadri dedicati alle stagioni.
Dopo questa parentesi ispirata dall’ambiente circostante, inizia la serie
“Diari” dove l’intento è di ristabilire quei contatti necessari perché l’
opera non rimanga imbalsamata, ma segua anche le tematiche sociali, tanto
care a questo artista.
Per arrivare agli ultimi cicli: “Incursioni d’artista”, corredata da un bel
libro edito dalla Christian Maretti Editore, e gli “Eventi”, grande
consacrazione della quotidianità innalzata dall’artista ad una collocazione
superiore.
NUOVE SEQUENZE
Le costanti che individuano il mio mondo espressivo sono certamente da
ricavare nella continua aspirazione ad un operare dove la ragione e l’
inconscio, in egual misura concorrano all’edificazione di un’opera.
Gastone Biggi
Cimentarsi nello scrivere sull’attività di Gastone Biggi è cosa assai
complessa.
E’, infatti, artista a tutto tondo, perché sa essere eclettico e versatile
nell’esprimersi in maniera coerente ed evolutiva sia con il pennello che con
la penna, oltre ad avere una grande conoscenza in campo musicale.
E noterete più avanti che la sua biografia non può finire a piè pagina come
se fosse una nota a margine, ma bisogna scorrerla come parte integrante del
lavoro dell’artista.
Quest’uomo argutamente intelligente, dalla battuta sottile e tagliente che
ha sempre espresso il suo parere negli innumerevoli interventi di argomento
artistico e non a cui è stato pregato di partecipare, é un pittore simbolo
degli ultimi cinquant’anni della storia dell’arte mondiale.
Si avverte nel suo percorso, in modo palese nel periodo forse più noto dell’
artista, quello degli anni Sessanta e del Gruppo Uno ma in modo più criptico
eppure non meno vivo anche nei momenti successivi, una dimensione
pitagorica, una ricerca contrappuntistica del ritmo interno della pagina
pittorica, dell’architettura del colore.
E prendendo in prestito lo spunto da uno dei suoi libri “BISNY (Bisanzio-New
York), è una dimensione, questa, che si riallaccia più a Bisanzio che a New
York, ... dove Bisanzio significa non solo mosaici ravennati, ma per
estensione anche tutta la grande pittura dei secoli passati, da Giotto a
Piero, entrambi amatissimi da Biggi. (Elena Pontiggia).
Biggi è passato dalle opere che risentono delle tristissime personali
vicissitudini belliche: dalla deportazione alla prigionia alla tortura e dei
temi sociali legati all’ambiente romano; allo sguardo rigoroso e solidamente
europeo dell’astrazione.
Certo per Biggi il numero non è un principio divino, ma per così dire un
principio musicale. Tutto, nelle sue tele, viene ricondotto a un mormorio
ritmico, a un contrappunto bachiano.
Infatti, quando a partire dal 1972 la tavolozza cromatica recupera tutte le
sue note, quella di Biggi non è una conversione al colore, ma una riconferma
delle potenzialità delle cromie.
E nel legame proprio all’interesse per la musica, si inserisce il ciclo di
opere di Biggi ispirato alle variazioni sul tema, cioè le “INCURSIONI” dell’
artista non solo in qualità di omaggio ai protagonisti del passato dell’arte
da lui più amati, ma più profondamente come raccolta ed appropriazione dei
frutti migliori altrui.
Mentre il nucleo centrale dei quadri esposti in questa mostra romana fa’
parte dell’ultima fatica di Gastone Biggi: gli “EVENTI”.
Opere dove ogni cosa, ogni luogo, ogni situazione acquista, grazie all’
artista, una luce sacra, una collocazione superiore, viene “eventualizzata”,
dandole quindi un’importanza maggiore tale da rendere la situazione in sé
unica.
Ed il risultato è estremamente interessante, quadri riuscitissimi che
sembrano essere stati dipinti da un animo fresco e giovane, mentre sono la
più recente espressione di un uomo combattivo di ottant’anni con un talento
enorme.
Ancora una volta, Biggi contesta la presunta fine della pittura con l’unico
modo con cui lo può fare un pittore: dipingendo. E il suo ostinato ricercare
le pieghe, le sfumature, le note più alte e più profonde del colore, ha
anche questo significato.
Dimostrare che la pittura non ha bisogno di essere attuale, e nemmeno di
essere moderna, perchè è eterna.
NON ESISTONO ZONE MORTE NELLA PITTURA DI BIGGI, COME NON ESISTONO NELLA
VITA. TUTTO VIBRA E RESPIRA.
LA BIOGRAFIA
Nasce a Roma il 12 febbraio 1925.
Nel 1945 si diploma al Liceo Artistico di Roma.
Nel 1946 inizia la sua attività di pittore nel Centro Ospedaliero della CRI,
dove è stato ricoverato per una malattia contratta sul fronte di Cassino,
dopo aver subito la deportazione e la condanna a morte da parte dei
tedeschi. Riuscirà a fuggire.
Il suo primo periodo pittorico è fortemente influenzato dall’esperienza
drammatica della guerra. Le tinte sono fosche e le pennellate sono larghe,
espressioniste.
Con la sua prima mostra personale a Roma nel 1949, inizia l’interesse verso
la musica. Le composizioni trarranno ispirazione dal mondo delle note
(soprattutto Bach).
Nel 1952 realizza la scenografia de “Gli Uccelli” di Aristofane al Teatro
delle Maschere di Roma.
Inizia da qui il suo impegno come insegnante nella scuola.
Sarà un artista indipendente e non si schiererà mai verso il realismo
comunista, tanto di moda in quegli anni. Questo gli procurerà una
sistematica emarginazione dalle manifestazioni ufficiali del mondo
culturale.
Nel 1956 fonda insieme a Buratti, Mazzoli, Agostini, Marcucci e Di Vito il
Gruppo 56, che avrà vita breve ma il merito di contrapporsi alla pittura di
propaganda di quel periodo.
Biggi prosegue il suo percorso per cicli, interessandosi in maniera
approfondita anche per anni di un medesimo argomento che in quel momento
sente particolarmente vicino.
Nel 1957 abbiamo “I Profughi” e le “Cancellate” ultimi esempi della sua
espressione figurativa.
Da ora in poi Biggi diverrà un pittore astratto.
La pittura astratta ha la possibilità straordinaria di essere parallela alla
musica .... ma è altrettanto vero che, al contrario della pittura
figurativa, se i suoi gesti non sono assoluti e straordinari rischi di
essere molto noiosa e di una vitalità breve.
“I Racconti” opere astratte di tipo surrealiste precedono le “Sabbie”
informali.
Nel 1960 da’ il via alle “Lettere”, dove usando frammenti di materia e di
memoria tende a realizzare la superficie del ricordo.
Continua l’iter di Biggi nell’ambito dell’Informale con le “Colature” e “I
Tempi”. Intanto la sua produzione è sempre più seguita anche da critici
quali:, Calvesi,Volpi, Sterpini, ma la corresponsione della critica non è di
successo. Partecipa in questo periodo a molte collettive romane, dedicate ai
talenti emergenti del panorama artistico della capitale. Gli vengono
conferiti premi ed incarichi didattici (insegna Disegno Pubblicitario alla
“Diaz” di Roma).
Dal 1962 riprende i viaggi in Francia, abbandona l’Informale e torna alla
forma con i “Continui segnici”, abolendo il colore e dipingendo solo con il
bianco e il nero. Espone a Genova dove conosce Roberto e Rinaldo Rotta.
Importantissimo quest’anno che vede la nascita del Gruppo Uno insieme ad
Uncini, Pace, Frascà, Carrino e Santoro. Contemporaneamente comincerà a
stringere rapporti con Dorazio, Perilli e Turcato.
Il Gruppo Uno intensificherà sempre di più la sua attività basata sulla
realizzazione di una comunità operativa per la quale il pittore, pur
mantenendo la sua specificità tenda a confrontarsi con le altre arti a lui
affini, soprattutto la musica.
Finalmente nel 1963 arrivano i primi consensi con Il Gruppo, espongono a
Firenze, a Genova nella Galleria Rotta. Espone i suoi continui puntiformi
alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, che in questo anno
acquisterà una sua opera.
Alla Biennale di San Marino “Oltre l’informale” con il Gruppo Uno vince il
II° premio della Giuria Internazionale.
Biggi in questo anno intensifica i suoi viaggi in Europa: Germania,
Francia, Austria, Norvegia, Svizzera e Svezia, fino in Russia.
Cambia la sua indagine pittorica, passa al discoforme con la serie delle
“Variabili” e ritorna, dopo anni di bianco e nero, al colore. I primi anni
Settanta lo vedono molto presente anche all’estero dove le esposizioni
personali di Biggi iniziano a moltiplicarsi. Inoltre il suo impegno rimane
inalterato anche nella scrittura e nella musica, grandi passioni dell’
artista.
Dopo aver discettato sulle Variabili e averle portate all’esasperazione
cromatica, ritorna al bianco (la luce), il grigio (il tempo), il nero (le
origini) segnati dalla grafite, nella serie “Continui secondi”.
A metà degli anni settanta, la sua ricerca si rivolge ad operare sui cerchi
e sulle tangenze studiando la possibilità dell’evidenziazione timbrica e
materica mediante incidenze segniche: nascono le “Tangenziali”, fatte solo
di cromie povere.
Nel 1976 viene chiamato a dirigere il Liceo Artistico di Ravenna. La sua
attività didattica lo distrae dall’esporre, ma la ricerca non si ferma.
Continua la serie dei “Ritmi” di grandi dimensioni, ancora in bianco e nero.
Ma nel 1979 con i “Cieli” riprende in pieno il colore, caricato dall’uso dei
pastelli e delle cere.
Svilupperà questo tema per alcuni anni, esponendo molto e riscuotendo grande
consenso di pubblico e di critica, soprattutto in Centro-Nord Europa.
Dopo un lungo viaggio in Francia, alla ricerca di ispirazione dal romanico e
dal gotico (ha una forte passione per le vetrate di Chartres), inizia a
dipingere “I Giorni” opere di grande spontaneità ed immediatezza.
E’ il 1983.
L’anno dopo, lascia Roma per trasferirsi nella campagna senese; e proprio
questi paesaggi saranno la nuova esperienza chiaramente visibile nella
evoluzione dei “Cieli” e soprattutto nel successivo ciclo de “I Campi”, dove
l’ordito dei segni e dei colori tende a riflettere le innumerevoli
vibrazioni della luce, per ritrarre le emozioni che l’artista prova.
Dopo tre anni di soggiorno senese, torna nel Lazio e si trasferisce a
Genzano di Roma. Inizia una serie di opere nuove, concepite con estrema
libertà nel tentativo di coniugare l’astrazione dell’idea con le realtà
della visione e della memoria, in una sorta di figurazione dove possano
apparire elementi del più oggettivo campionario visivo, ma trasfigurati all’
atto stesso della realizzazione dal filtro della cultura e dell’esperienza
operativa.
Del periodo di Genzano abbiamo “I Canti della Memoria” e le “Luci”, un
ritorno alla cromia azzurra, tipica colorazione dell’aria pura e dei cieli
tersi dei Colli Albani.
Continua a viaggiare molto. Importantissimo in questo periodo è un lungo
soggiorno in America, dove lo colpiscono soprattutto lo splendore dei
grattacieli di Manhattan e la durezza nera dei sobborghi.
Nella primavera del 1990 si trasferisce a Milano dove riprende le “Luci”,
elaborate dopo l’esperienza americana ed arricchite dal soggiorno milanese.
Ed è proprio Milano e la sua luminosa atmosfera ad ispirare le “Tabule”,
serie dove è il fondo il vero protagonista del quadro.
Il nomadismo di Biggi continua nel 1992: si trasferisce a Verona. Ed anche
qui come sempre viene ispirato per un nuovo percorso: le “Costellazioni”. Le
sue personali si moltiplicano come i suoi viaggi, andrà infatti in Irlanda
ed in Spagna. Ogni esperienza di viaggio per Biggi è un momento di
arricchimento e di riflessione sia per le sue pitture che per i suoi
scritti. Nel 1995 inizia la serie molto importante delle “Icone”, dove
riprende l’uso della sabbia e della segatura in maniera solenne, quasi
ieratica. Nel 1997, esporrà per l’ultima volta a Roma, alla Galleria
Editalia proprio questa serie.
Nello stesso tempo, prende forma il progetto dell’ “Anno Padano” che
riflette gli umori, le luci, le passioni della terra emiliana dove ora vive.
Gli stessi sentimenti che sono anche alla base della creazione dei quattro
grandi quadri dedicati alle stagioni.
Dopo questa parentesi ispirata dall’ambiente circostante, inizia la serie
“Diari” dove l’intento è di ristabilire quei contatti necessari perché l’
opera non rimanga imbalsamata, ma segua anche le tematiche sociali, tanto
care a questo artista.
Per arrivare agli ultimi cicli: “Incursioni d’artista”, corredata da un bel
libro edito dalla Christian Maretti Editore, e gli “Eventi”, grande
consacrazione della quotidianità innalzata dall’artista ad una collocazione
superiore.
23
novembre 2006
Gastone Biggi – Nuove sequenze
Dal 23 novembre al 30 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
SHOW ROOM TELEMARKET
Roma, Via Del Babuino, 16, (Roma)
Roma, Via Del Babuino, 16, (Roma)
Orario di apertura
Da martedì a venerdì 10.00-13.00/15.00-19.30
Sabato 10.00-19.30
Domenica e lunedì chiuso
Vernissage
23 Novembre 2006, ore 18
Autore