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Giangiacomo Gabin – Tra sogno e luce
La sua pittura, fin dal primo sguardo, si svela come una sinfonia visiva di luce e colore. Come in un complesso spartito musicale, in ogni dipinto v’ è un’ orchestrazione di molteplici singoli elementi, che si uniscono per dare vita ad una composizione dinamica.
Comunicato stampa
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Artista di origini friulane, ma vicentino d’adozione, Giangiacomo Gabin si presenta per la prima volta al pubblico napoletano con un ciclo di opere intitolato “ Tra sogno e luce “. La mostra sarà inaugurata venerdì 5 giugno, alle ore 18, presso lo Studio “ Le Muse “ e sarà visitabile fino al 30 giugno 2009. La rassegna comprende una trentina di dipinti recenti, selezionati appositamente per l’ evento di Napoli.
Gabin, pittore sensibile e colto, è uno di quegli artisti rimasti sulle rive del torrente che porta con sé la chiassosa e prepotente folla di maestri, critici e galleristi, che nella mira hanno solo la notorietà. L’ artista, con la sua arte, rivendica il diritto di riproporre ai nostri occhi uno spettacolo da cui la rottura linguistica delle avanguardie tendeva drasticamente a separarci.
I suoi lavori rispecchiano, perfettamente, la sua duplice anima. Cresciuto nella tradizione dei grandi maestri dell’ arte italiana del Novecento, ma ammagliato e affascinato dalle sperimentazioni dei contemporanei. Per Gabin, come per ogni artista, l’ inquietudine di raccontare e condividere il proprio sentire, quel mondo nascosto, silente ed intimo, si manifesta attraverso i segni nervosi e dirompenti delle pennellate, che assumono forme e colori ora rarefatti e nebulosi quando si tratta di ricordi, ora vividi ed effervescenti nei paesaggi eseguiti rigorosamente nell’ amatissimo plein air.
La sua pittura, fin dal primo sguardo, si svela come una sinfonia visiva di luce e colore. Come in un complesso spartito musicale, in ogni dipinto v’ è un’ orchestrazione di molteplici singoli elementi, che si uniscono per dare vita ad una composizione dinamica. Gabin usa la luce e il colore come mezzi immediati per far riemergere scampoli di memorie, far riaffiorare i ricordi legati all’ infanzia e all’ adolescenza lontana e spensierata. Il continuo intrecciarsi del sogno rielaborato e della realtà sognata, trovano espressione in una sorta di diari pittorici, testimonianza di viaggi onirici lunghi tutta la vita.
TESTO CRITICO
di Joanna Irena Wrobel
La nuova arte comincerà davvero quando capiremo che il colore ha un’ esistenza sua propria, che le sue infinite combinazioni hanno una poesia e un linguaggio poetico molto più espressivi di qualsiasi altra cosa mai esistita.
Sonia Delaunay
Ci sono frammenti di storie quotidiane e forti tracce del proprio vissuto nelle opere multicolori di Giangiacomo Gabin. I suoi racconti pittorici affondano le radici negli affetti familiari, compongono i complessi puzzle accostando scampoli di memorie, fanno affiorare i ricordi legati all’ infanzia e all’ adolescenza lontana e spensierata.
Per Gabin, come per ogni artista, l’ inquietudine di raccontare e condividere il proprio sentire, quel mondo nascosto, silente ed intimo, si manifesta attraverso i segni nervosi e dirompenti delle pennellate, che assumono forme e colori ora rarefatti e nebulosi quando si tratta di ricordi, ora vividi ed effervescenti nei paesaggi eseguiti, rigorosamente, nell’ amatissimo plein air.
I suoi lavori rispecchiano, perfettamente, la sua duplice anima. L’ artista cresciuto nella tradizione dei grandi maestri dell’ arte italiana del Novecento, ma ammagliato e affascinato dalle sperimentazioni dei contemporanei. Il continuo intrecciarsi del sogno rielaborato e della realtà sognata, trovano espressione in questi pittorici viaggi onirici lunghi tutta la vita.
Figlio della terra del Friuli, contornata da montagne che chiudono l’ orizzonte, vuol sempre vedere che cosa c’ è dall’ altra parte del mondo. La sua curiosità innata è un po’ appagata dalle storie che gli raccontano in casa, nate da memorie contadine, dalla quotidianità di gesti familiari: un po’ antiche gesta, un po’ favole quotidiane.
Nasce nel ragazzo - quello che oggi ha i cappelli brizzolati – la grande voglia di andare a scoprire l’ Universo. Poco alla volta, comincerà a lasciare le aspre montagne friulane e nel corso della vita che gli si apre davanti, vedrà altre valli, città fredde ed anonime, per poi alla fine, fermarsi stupito davanti alle pianure immense e il mare del Cilento, smisurato e dall’ orizzonte lontano.
Negli anni, per difendersi dalla febbrile indifferenza metropolitana, ha soltanto la memoria. Il ricordo intenso della terra natia, del paesaggio primordiale dai pendii rugginosi, dei borghi sparsi sulle montagne, delle piccole chiese di campagna con i suoi affreschi da incanto, della natura ancora vera. I continui flashback fanno riemergere i miraggi dei laghi smeraldini e silenti, delle valli estese in piena fioritura con tutto il loro brulichio vitale di insetti, farfalle, rane e tortore, e poi, il gatto e la falena delle lunghe serate estive nella casa degli avi.
E’ scavando proprio nella memoria profonda, che si forma la sua arte. Ciascun elemento di questa miniera mnemonica, scomposto e dissociato da un suo peso realistico, viene elaborato in metafora, trasformato in segno pittorico, sistemato in una scena in combinazione con altri elementi.
Così, le immagini, arrivano sulla tela come i frammenti di un sogno ricorrente che Gabin continua però a reinventare continuamente.
I diari di questi viaggi onirici ora hanno la dolcezza della fiaba, ora le torsioni e graffi di un grande tormento, ora il magico realismo, per poi all’ improvviso, sfumare in un’ illusione, in un miraggio nebuloso e rarefatto.
I continui excursus nei meandri del proprio inconscio, portano alla luce dei segni e simboli che per l’ artista vicentino, sono punti di riferimento, cippi colorati che segnano le tappe del suo percorso di vita. Gli oggetti “ parlano “, si rivelano prova inconfutabile dell’ accadere di eventi cui hanno fatto da muti testimoni, affollano come presenze rassicuranti quegli spazi che Gabin dipinge falsando le prospettive e proporzioni. Talvolta pare che l’ artista ricorra alla lente d’ ingrandimento per distorcere ad arte la lettura dell’ ambiente domestico e scrutarne i più intimi recessi. Ne scaturiscono immagini soffuse di sortilegio, che esprimono quanto non è spesso esplicitamente rivelato, ricorrendo a mezzi sottili, eppure imprescindibili: la luce innanzitutto. Gli oggetti e le figure, frutto delle reminiscenze della memoria profonda, spesso vengono messi in ombra, come se volessero, attraverso un linguaggio di segni, alludere a pensieri occulti. Pensieri che nessuno deve conoscere, che non verranno mai svelati con le parole, che celano quel mondo privato e unico che è in ognuno di noi.
Nei paesaggi, invece, la luce del giorno diventa accecante, quasi snaturata. Il segno si fa più drastico e espressionistico. Il chiaroscuro non ha più mezzi toni. La pennellata dinamica corre avanti e indietro sul fondo della tela, come se rispondesse a una pulsione emotiva incontenibile. Come se tutti i pensieri, a lungo taciuti e compressi, alla fine esplodessero alla luce del sole.
E così, il mondo privato di Gabin, pieno di riverberi, viene svelato poco alla volta attraverso un filtro sensibile e pieno di poesia, facendo scaturire una profonda riflessione sul tempo che passa.
Rimangono, per sempre, i diari dipinti. Un tentativo di placare la paura di perdere questo lirico repertorio mnemonico, che poco alla volta, non genera più simboli, ma schegge del passato.
Gabin, pittore sensibile e colto, è uno di quegli artisti rimasti sulle rive del torrente che porta con sé la chiassosa e prepotente folla di maestri, critici e galleristi, che nella mira hanno solo la notorietà. L’ artista, con la sua arte, rivendica il diritto di riproporre ai nostri occhi uno spettacolo da cui la rottura linguistica delle avanguardie tendeva drasticamente a separarci.
I suoi lavori rispecchiano, perfettamente, la sua duplice anima. Cresciuto nella tradizione dei grandi maestri dell’ arte italiana del Novecento, ma ammagliato e affascinato dalle sperimentazioni dei contemporanei. Per Gabin, come per ogni artista, l’ inquietudine di raccontare e condividere il proprio sentire, quel mondo nascosto, silente ed intimo, si manifesta attraverso i segni nervosi e dirompenti delle pennellate, che assumono forme e colori ora rarefatti e nebulosi quando si tratta di ricordi, ora vividi ed effervescenti nei paesaggi eseguiti rigorosamente nell’ amatissimo plein air.
La sua pittura, fin dal primo sguardo, si svela come una sinfonia visiva di luce e colore. Come in un complesso spartito musicale, in ogni dipinto v’ è un’ orchestrazione di molteplici singoli elementi, che si uniscono per dare vita ad una composizione dinamica. Gabin usa la luce e il colore come mezzi immediati per far riemergere scampoli di memorie, far riaffiorare i ricordi legati all’ infanzia e all’ adolescenza lontana e spensierata. Il continuo intrecciarsi del sogno rielaborato e della realtà sognata, trovano espressione in una sorta di diari pittorici, testimonianza di viaggi onirici lunghi tutta la vita.
TESTO CRITICO
di Joanna Irena Wrobel
La nuova arte comincerà davvero quando capiremo che il colore ha un’ esistenza sua propria, che le sue infinite combinazioni hanno una poesia e un linguaggio poetico molto più espressivi di qualsiasi altra cosa mai esistita.
Sonia Delaunay
Ci sono frammenti di storie quotidiane e forti tracce del proprio vissuto nelle opere multicolori di Giangiacomo Gabin. I suoi racconti pittorici affondano le radici negli affetti familiari, compongono i complessi puzzle accostando scampoli di memorie, fanno affiorare i ricordi legati all’ infanzia e all’ adolescenza lontana e spensierata.
Per Gabin, come per ogni artista, l’ inquietudine di raccontare e condividere il proprio sentire, quel mondo nascosto, silente ed intimo, si manifesta attraverso i segni nervosi e dirompenti delle pennellate, che assumono forme e colori ora rarefatti e nebulosi quando si tratta di ricordi, ora vividi ed effervescenti nei paesaggi eseguiti, rigorosamente, nell’ amatissimo plein air.
I suoi lavori rispecchiano, perfettamente, la sua duplice anima. L’ artista cresciuto nella tradizione dei grandi maestri dell’ arte italiana del Novecento, ma ammagliato e affascinato dalle sperimentazioni dei contemporanei. Il continuo intrecciarsi del sogno rielaborato e della realtà sognata, trovano espressione in questi pittorici viaggi onirici lunghi tutta la vita.
Figlio della terra del Friuli, contornata da montagne che chiudono l’ orizzonte, vuol sempre vedere che cosa c’ è dall’ altra parte del mondo. La sua curiosità innata è un po’ appagata dalle storie che gli raccontano in casa, nate da memorie contadine, dalla quotidianità di gesti familiari: un po’ antiche gesta, un po’ favole quotidiane.
Nasce nel ragazzo - quello che oggi ha i cappelli brizzolati – la grande voglia di andare a scoprire l’ Universo. Poco alla volta, comincerà a lasciare le aspre montagne friulane e nel corso della vita che gli si apre davanti, vedrà altre valli, città fredde ed anonime, per poi alla fine, fermarsi stupito davanti alle pianure immense e il mare del Cilento, smisurato e dall’ orizzonte lontano.
Negli anni, per difendersi dalla febbrile indifferenza metropolitana, ha soltanto la memoria. Il ricordo intenso della terra natia, del paesaggio primordiale dai pendii rugginosi, dei borghi sparsi sulle montagne, delle piccole chiese di campagna con i suoi affreschi da incanto, della natura ancora vera. I continui flashback fanno riemergere i miraggi dei laghi smeraldini e silenti, delle valli estese in piena fioritura con tutto il loro brulichio vitale di insetti, farfalle, rane e tortore, e poi, il gatto e la falena delle lunghe serate estive nella casa degli avi.
E’ scavando proprio nella memoria profonda, che si forma la sua arte. Ciascun elemento di questa miniera mnemonica, scomposto e dissociato da un suo peso realistico, viene elaborato in metafora, trasformato in segno pittorico, sistemato in una scena in combinazione con altri elementi.
Così, le immagini, arrivano sulla tela come i frammenti di un sogno ricorrente che Gabin continua però a reinventare continuamente.
I diari di questi viaggi onirici ora hanno la dolcezza della fiaba, ora le torsioni e graffi di un grande tormento, ora il magico realismo, per poi all’ improvviso, sfumare in un’ illusione, in un miraggio nebuloso e rarefatto.
I continui excursus nei meandri del proprio inconscio, portano alla luce dei segni e simboli che per l’ artista vicentino, sono punti di riferimento, cippi colorati che segnano le tappe del suo percorso di vita. Gli oggetti “ parlano “, si rivelano prova inconfutabile dell’ accadere di eventi cui hanno fatto da muti testimoni, affollano come presenze rassicuranti quegli spazi che Gabin dipinge falsando le prospettive e proporzioni. Talvolta pare che l’ artista ricorra alla lente d’ ingrandimento per distorcere ad arte la lettura dell’ ambiente domestico e scrutarne i più intimi recessi. Ne scaturiscono immagini soffuse di sortilegio, che esprimono quanto non è spesso esplicitamente rivelato, ricorrendo a mezzi sottili, eppure imprescindibili: la luce innanzitutto. Gli oggetti e le figure, frutto delle reminiscenze della memoria profonda, spesso vengono messi in ombra, come se volessero, attraverso un linguaggio di segni, alludere a pensieri occulti. Pensieri che nessuno deve conoscere, che non verranno mai svelati con le parole, che celano quel mondo privato e unico che è in ognuno di noi.
Nei paesaggi, invece, la luce del giorno diventa accecante, quasi snaturata. Il segno si fa più drastico e espressionistico. Il chiaroscuro non ha più mezzi toni. La pennellata dinamica corre avanti e indietro sul fondo della tela, come se rispondesse a una pulsione emotiva incontenibile. Come se tutti i pensieri, a lungo taciuti e compressi, alla fine esplodessero alla luce del sole.
E così, il mondo privato di Gabin, pieno di riverberi, viene svelato poco alla volta attraverso un filtro sensibile e pieno di poesia, facendo scaturire una profonda riflessione sul tempo che passa.
Rimangono, per sempre, i diari dipinti. Un tentativo di placare la paura di perdere questo lirico repertorio mnemonico, che poco alla volta, non genera più simboli, ma schegge del passato.
05
giugno 2009
Giangiacomo Gabin – Tra sogno e luce
Dal 05 al 30 giugno 2009
arte contemporanea
Location
STUDIO D’ARTE LE MUSE
Napoli, Via Toledo, 272, (Napoli)
Napoli, Via Toledo, 272, (Napoli)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 17:00-20:00
Vernissage
5 Giugno 2009, ore 18:00
Autore
Curatore