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Gianni Berengo Gardin – Parigi anni ‘50
Attraverso le immagini di questa mostra, dedicata ai suoi anni parigini, abbiamo la grande opportunità di vedere lo “stile” Berengo Gardin al momento della sua formazione
Comunicato stampa
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Attraverso le immagini di questa mostra, dedicata ai suoi anni parigini, abbiamo la grande opportunità di vedere lo “stile” Berengo Gardin al momento della sua formazione, quando cioè lo sguardo tipicamente italiano si va stratificando, accogliendo un nuovo modo di vedere; quando ai paesaggi, ai panni stesi al sole, ai vecchi barbuti si va a sostituire la presa diretta della realtà.
Egli giunge a Parigi nel 1953. Ad accoglierlo, le canzoni del giovane Brassens, i versi di Prévert, le parole e gli scritti di Jean Paul Sartre che parlano di Esistenzialismo.
La Parigi che incontra è molto diversa dalla Venezia che si è lasciato alle spalle e il periodo che vi trascorre sarà incisivo per la sua formazione fotografica. “A Venezia ho cominciato a fotografare, ma fotograficamente sono nato a Parigi” dirà più tardi; e aggiunge: “Se non fossi stato a Parigi, probabilmente non avrei avuto il coraggio di lasciare Venezia per Milano, per affrontare una professione che non sapevo che esiti avrebbe avuto. Un lavoro di grandi sacrifici, ma di enormi soddisfazioni.”
Nella sua camera d’albergo appende una mappa di Parigi, divisa a quadratini e ogni giorno, con la Rollei al collo, ne visita uno diverso. In fotografia Henri Cartier Bresson è già un nume dell’Olimpo e, quindi, difficilmente raggiungibile. Entra in contatto con Roger Doloy, del Club 30-40. Qui conosce i grandi della fotografia umanista francese: Boubat, Doisneau, Masclet, Izis e Willy Ronis, col quale strige una duratura amicizia.
Le sue immagini ci raccontano del mondo parigino notturno, con le donne che si truccano allo specchio ed un vorticoso can can, ma anche di quello degli artisti e della gente comune. La realtà insomma, la presa diretta della vita. Tutto si concentra in una foto ed in ogni foto c’è il tutto, una concezione di struttura integrata alla globalità.
© dalla presentazione di Cinzia Busi Thompson
“Rivedendo queste fotografie – confida oggi – mi colpisce l’enorme distacco che provo, come se fossi lontanissimo da quei momenti di Parigi, molto più dei decenni che sono trascorsi. Ero un altro, che voleva capire il mondo attraverso la fotocamera. Dovevo parlare, comunicare con quella. E speravo che tutto il resto sarebbe arrivato assieme. E infatti, per tutti questi anni, migliorando, credo, le mie fotografie, ho migliorato la condizione stessa della mia esistenza. La fotografia mi ha fatto vivere meglio.
© dall’intervista di Cesare Colombo
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Egli giunge a Parigi nel 1953. Ad accoglierlo, le canzoni del giovane Brassens, i versi di Prévert, le parole e gli scritti di Jean Paul Sartre che parlano di Esistenzialismo.
La Parigi che incontra è molto diversa dalla Venezia che si è lasciato alle spalle e il periodo che vi trascorre sarà incisivo per la sua formazione fotografica. “A Venezia ho cominciato a fotografare, ma fotograficamente sono nato a Parigi” dirà più tardi; e aggiunge: “Se non fossi stato a Parigi, probabilmente non avrei avuto il coraggio di lasciare Venezia per Milano, per affrontare una professione che non sapevo che esiti avrebbe avuto. Un lavoro di grandi sacrifici, ma di enormi soddisfazioni.”
Nella sua camera d’albergo appende una mappa di Parigi, divisa a quadratini e ogni giorno, con la Rollei al collo, ne visita uno diverso. In fotografia Henri Cartier Bresson è già un nume dell’Olimpo e, quindi, difficilmente raggiungibile. Entra in contatto con Roger Doloy, del Club 30-40. Qui conosce i grandi della fotografia umanista francese: Boubat, Doisneau, Masclet, Izis e Willy Ronis, col quale strige una duratura amicizia.
Le sue immagini ci raccontano del mondo parigino notturno, con le donne che si truccano allo specchio ed un vorticoso can can, ma anche di quello degli artisti e della gente comune. La realtà insomma, la presa diretta della vita. Tutto si concentra in una foto ed in ogni foto c’è il tutto, una concezione di struttura integrata alla globalità.
© dalla presentazione di Cinzia Busi Thompson
“Rivedendo queste fotografie – confida oggi – mi colpisce l’enorme distacco che provo, come se fossi lontanissimo da quei momenti di Parigi, molto più dei decenni che sono trascorsi. Ero un altro, che voleva capire il mondo attraverso la fotocamera. Dovevo parlare, comunicare con quella. E speravo che tutto il resto sarebbe arrivato assieme. E infatti, per tutti questi anni, migliorando, credo, le mie fotografie, ho migliorato la condizione stessa della mia esistenza. La fotografia mi ha fatto vivere meglio.
© dall’intervista di Cesare Colombo
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31
marzo 2006
Gianni Berengo Gardin – Parigi anni ‘50
Dal 31 marzo al 14 aprile 2006
fotografia
Location
GALLERIA FIAF
Torino, Via Pietro Santarosa, 7, (Torino)
Torino, Via Pietro Santarosa, 7, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì con orario 8.30-13.00 e 14.30-17.30
Vernissage
31 Marzo 2006, ore 21
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