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Gianni Dova – La maturità e il percorso
la maggiore mostra retrospettiva proposta a Milano da vent’anni a oggi, un centinaio di opere documenterà i diversi momenti del lungo e fortunato percorso pittorico di Gianni Dova
Comunicato stampa
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In quella che, inaugurandosi il 25 maggio 2005 nella Galleria Cafiso Arte, piazza S. Marco,1, alle ore 18 , se ne annuncia come la maggiore mostra retrospettiva proposta a Milano da vent’anni a oggi, un centinaio di opere documenterà i diversi momenti del lungo e fortunato percorso pittorico di Gianni Dova, dai primi anni Cinquanta, attraverso alcuni importanti dipinti “nucleari” rappresentativi della sua esperienza “spazialista”, ai secondi Cinquanta e Settanta, caratterizzati da un immaginario d’accento surreale e di forte intensità psicologica, al lavoro degli ultimi dieci della sua attività creativa, gli Ottanta, che ha avuto come soggetto particolare un suo reiterato ravvicinato appassionato dialogo con “paesaggi” e “giardini”. La cui ampia presenza costituisce la maggiore novità della importante mostra, che si intitola infatti Dova, la maturità e il percorso, ed è accompagnata da una monografia-catalogo edita per l’occasione da Skira, (Milano). Ove Enrico Crispolti propone quasi un diario d’esperienze sul campo, ripercorrendo in testi oggi di raro reperimento le tappe d’un dialogo critico doviano che corre dalla fine degli anni Cinquanta a oggi (con una riflessione storico-critico complessiva).
Ecco infatti, nell’occasione, sottolinea Crispolti, “la piena maturità pittorica di Dova, profilata su un percorso che, schematizzando, mi sembra segua la seguente successione. Una primissima partenza postcubista picassiana legata alle esperienze di formazione scolastica,nei secondi anni Quaranta. Quindi alla fine di quelli ed esordio dei Cinquanta, una fase di partecipazione “concretista “, di base geometrizzante, ma con infiltrazioni immaginative notevoli. Alla quale succede subito, nel medesimo esordio dei Cinquanta, l’effusione “nucleare” che segna la partecipazione “spaziale “ di Dova, in ambito informale. Quindi, intorno a metà di questi, l’avviarsi del suo fare pittorico ad una concrezione materia di embrionalità d’immagine misteriosa. Risoltasi tuttavia questa, fra la fine dei Cinquanta e con evoluzione lungo i Sessanta, in un metamorfismo iconico di forte accento d’organicità di articolata figurazione surreale (dialogando con Ernst e con Lam). Al quale subentra invece nei Settanta una rarefazione del campo d’apparizione dell’immagine, che acquista evidenza quasi totemica, sempre d’accento fortemente surreale. E dall’inizio degli Ottanta invece un volgersi ravvicinato, un immergersi da presso, in una natura fascinosa e magica. Ed è appunto questa la stagione di un suo definitivo assestarsi in una piena maturità immaginativa che ha ormai introiettato le sollecitazioni esplicitamente d’iconismo surreale a favore d’una condizione appunto come d’immersione in una fascinosa medianità sostanzialmente d’accento naturale.”
“Un’occasione quale questa, che porta la maggiore attenzione sul lavoro appunto della più solida maturità del pittore, che è anche quello che, malgrado tutto, in realtà risulta a distanza meno noto e divulgato rispetto a quello dei momenti di più esplicite suggestioni surreali, credo offra l’occasione per una considerazione ulteriore, veramente terminale, della lunga impresa pittorica doviana. Che tuttavia manifesta un’intima continuità evolutiva, non tanto nel senso di sviluppare ulteriori prospettive di possibilità d’immagine, quanto di riuscire ad accrescerne la motilità di volta in volta in circostanziati episodi, fra giardini, fiori, rocce e onde, volatili (cormorani e altri) e fronde, fra parco dell’Uccellina, Samos e mare Egeo, Maremma, Capri e terra di Bretagna”.
Per concludere con una considerazione sulla statura e le caratteristiche della personalità di Dova sulla scena dell’arte italiana nella seconda metà del XX secolo: “una solida personalità, distinta per un aspetto da una volontà, soprattutto giovanile, di azzardo euristico e di sperimentazione, ma che forse sembra riemergere in quel corpo a corpo con l’immagine (di natura) che distingue la sua piena maturità; per un altro da una capacità quasi di remota matrice classica di costruzione dell’immagine, evidente soprattutto negli anni dell’organicità iconica surreale e degli esiti d’enunciazione totemica. Certo è che Dova aveva istintivamente chiara una volontà di costruzione in evidenza di dignità formale dell’immagine, sia nei momenti più fluidi e disinibiti, o di invischiamento sensitivo, sia in quelli di più evidente scrupolo di costruzione iconica. Sensibile fortemente alla qualità del manufatto pittorico, e dunque sempre assai impegnato nella sua spericolata eppure accorta gestione manipolatoria. Fino ad esprimere attraverso l’esercizio di questa una forte suggestione magica, nell’impianto cromatico quanto nel tracciato formale; una suggestione in alcune situazioni sovrastata da una puntualizzazione iconica persino appunto a volte totemica. In questo senso la vicenda immaginativa di Dova esprime complessivamente, quale tratto caratteristico della sua personalità di pittore, una profonda fiducia nelle possibilità suggestive della costruzione d’immagine, che riesce sempre a proporsi dotata di un’intensità magica”.
Ecco infatti, nell’occasione, sottolinea Crispolti, “la piena maturità pittorica di Dova, profilata su un percorso che, schematizzando, mi sembra segua la seguente successione. Una primissima partenza postcubista picassiana legata alle esperienze di formazione scolastica,nei secondi anni Quaranta. Quindi alla fine di quelli ed esordio dei Cinquanta, una fase di partecipazione “concretista “, di base geometrizzante, ma con infiltrazioni immaginative notevoli. Alla quale succede subito, nel medesimo esordio dei Cinquanta, l’effusione “nucleare” che segna la partecipazione “spaziale “ di Dova, in ambito informale. Quindi, intorno a metà di questi, l’avviarsi del suo fare pittorico ad una concrezione materia di embrionalità d’immagine misteriosa. Risoltasi tuttavia questa, fra la fine dei Cinquanta e con evoluzione lungo i Sessanta, in un metamorfismo iconico di forte accento d’organicità di articolata figurazione surreale (dialogando con Ernst e con Lam). Al quale subentra invece nei Settanta una rarefazione del campo d’apparizione dell’immagine, che acquista evidenza quasi totemica, sempre d’accento fortemente surreale. E dall’inizio degli Ottanta invece un volgersi ravvicinato, un immergersi da presso, in una natura fascinosa e magica. Ed è appunto questa la stagione di un suo definitivo assestarsi in una piena maturità immaginativa che ha ormai introiettato le sollecitazioni esplicitamente d’iconismo surreale a favore d’una condizione appunto come d’immersione in una fascinosa medianità sostanzialmente d’accento naturale.”
“Un’occasione quale questa, che porta la maggiore attenzione sul lavoro appunto della più solida maturità del pittore, che è anche quello che, malgrado tutto, in realtà risulta a distanza meno noto e divulgato rispetto a quello dei momenti di più esplicite suggestioni surreali, credo offra l’occasione per una considerazione ulteriore, veramente terminale, della lunga impresa pittorica doviana. Che tuttavia manifesta un’intima continuità evolutiva, non tanto nel senso di sviluppare ulteriori prospettive di possibilità d’immagine, quanto di riuscire ad accrescerne la motilità di volta in volta in circostanziati episodi, fra giardini, fiori, rocce e onde, volatili (cormorani e altri) e fronde, fra parco dell’Uccellina, Samos e mare Egeo, Maremma, Capri e terra di Bretagna”.
Per concludere con una considerazione sulla statura e le caratteristiche della personalità di Dova sulla scena dell’arte italiana nella seconda metà del XX secolo: “una solida personalità, distinta per un aspetto da una volontà, soprattutto giovanile, di azzardo euristico e di sperimentazione, ma che forse sembra riemergere in quel corpo a corpo con l’immagine (di natura) che distingue la sua piena maturità; per un altro da una capacità quasi di remota matrice classica di costruzione dell’immagine, evidente soprattutto negli anni dell’organicità iconica surreale e degli esiti d’enunciazione totemica. Certo è che Dova aveva istintivamente chiara una volontà di costruzione in evidenza di dignità formale dell’immagine, sia nei momenti più fluidi e disinibiti, o di invischiamento sensitivo, sia in quelli di più evidente scrupolo di costruzione iconica. Sensibile fortemente alla qualità del manufatto pittorico, e dunque sempre assai impegnato nella sua spericolata eppure accorta gestione manipolatoria. Fino ad esprimere attraverso l’esercizio di questa una forte suggestione magica, nell’impianto cromatico quanto nel tracciato formale; una suggestione in alcune situazioni sovrastata da una puntualizzazione iconica persino appunto a volte totemica. In questo senso la vicenda immaginativa di Dova esprime complessivamente, quale tratto caratteristico della sua personalità di pittore, una profonda fiducia nelle possibilità suggestive della costruzione d’immagine, che riesce sempre a proporsi dotata di un’intensità magica”.
25
maggio 2005
Gianni Dova – La maturità e il percorso
Dal 25 maggio al 30 luglio 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA CAFISO ARTE
Milano, Piazza San Marco, 1, (Milano)
Milano, Piazza San Marco, 1, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato 9-13 e 15-19
Vernissage
25 Maggio 2005, ore 18
Autore