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Giovanni Cavazzon – Sbatecolat
Con queste opere Cavazzon vuole rendere omaggio al Friuli divenuta sua terra d’adozione, come spiega nell’arguta autopresentazione stesa in una lingua friulana acquisita per studio e per amore. Una lingua gustosa, sapida, ricca di autenticità e di singolare freschezza. Come la sua pittura. (L. Damiani)
Comunicato stampa
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Par vie dal lavôr di gno pari, quant che o'jeri picinìn o'ai scugnût lâ su e jù par dute l'Italie. Daspò, di frut e fin su la flôr de me zoventût, 'o ai vivût simpri in chel di Parme, dulà che mi soi diplomât cul titul di Mestri di art te "Regia Accademia Paolo Toschi". Al è stât un percors une vore impuartant pe me cariere artistiche, ma che grande planure, cul so ajar stofadič e penz, no jere taiade su la me lune, parcè che 'o vevi tal gno spirt i prins agns passâs su pai cuei des Marchis e po sul mâr, vie a pescjâ cun gno nono.
Rivâ culì in Friûl, in prin come militâr e daspò come docent, al è stât par me come rivâ in tun Eden: 'o ai cjatât un lûc favorevul e personis che 'o ai preseât massime te lôr capacitât di autonomìe. Par me, simpri sbatecolât par ca e là, al è stât un insegnament: finalmentri 'o ai cjatât dai ponts fêrs che mi devin riferiment.
No ai fat nissune fature a incalmâmi in tun ambient che al ufrîs scuasit dut; e a dut chel che al ufrîs 'o ai dât la gafe, tornant indaûr lis mês emozions su pe cjarte o su pe tele.
Par me, il Friûl al è aghe (Sul Tôr, Colm di lune sul Tôr, Tiliment, Terace sul mâr, Denant di Barbane), culinis (Feagne), architeture e sculture (San Cristoful, Mûrs, Il Domo di Palme, Fronton, Vie Micesio e la torate di Vilalte, Tarvis), lavôr (Bust, Panolis, Coce), vin bon (Bacantis e Ue), partecipazion (Il pali des feminis, Il pali dal mâr), sugestion e magìe (La torate di Coia) e chel e ancje.
Par me, il Friûl son i furlans che 'o ai ritratât; son soredut lis mês graziosis modelis furlanis, ma di chi il discôrs al sares lunc tant che il passio…
Giovanni Cavazzon
Quando ero piccolo il lavoro di papà mi ha portato a percorrere un po' tutta l'Italia. Poi da adolescente, e fino alla giovinezza, ho vissuto stabilmente a Parma, dove ho conseguito il titolo di Maestro d'Arte presso la regia Accademia "Paolo Toschi". E' stato un percorso importante per la mia carriera artistica, ma la grande pianura, col suo clima afoso e denso, non faceva per me, che avevo nell'animo i miei primi anni vissuti sulle colline marchigiane e poi sul mare, a pesca con il nonno.
Arrivare qui in Friuli, prima come militare e poi come docente, è stato per me come arrivare in un Eden: ho trovato un luogo favorevole e persone che ho apprezzato soprattutto per la loro capacità di autonomia. Per me, sempre sballottato di qua e di là, è stato un insegnamento: finalmente ho trovato dei punti fermi ai quali riferirmi.
Non ho fatto alcuna fatica ad inserirmi in un ambiente che offre quasi tutto e di tutto ciò che offre mi sono impadronito, restituendo le mie emozioni sulla carta o sulla tela.
Il mio Friuli è acqua (Sul Torre, Plenilunio sul Torre, Tagliamento, Terrazza a mare, Davanti a Barbana), colline (Fagagna), architettura e scultura (San Cristoforo, Muri, Il Duomo di Palmanova, Frontone, Via Micesio e la Torre di Villalta, Tarvisio), lavoro (Torso, Pannocchie, Zucca), buon vino (Baccanti, uva), partecipazione (Paliodonna, Paliomare), suggestione e magia (La torre di Coia) ed altro ancora.
Il mio Friuli sono i friulani che ho ritratto; sono soprattutto le mie garbate modelle friulane, ma da qui il discorso non finirebbe mai…
Licio Damiani: Cavazzon è artista di estrema raffinatezza. Egli affonda nei misteriosi antri del passato per estrarre magiche suadenze. Sul respiro ampio delle prospettive naturalistiche improntate a squarci di un gran teatro della fantasia hanno certamente influito gli studi in scenotecnica seguiti a Parma, dove acquisì il diploma di Maestro d'arte. Ma la visione costruita in rigorosi schemi prospettici si smaterializza, si fa aerea immagine interiore, palpita di fremiti lirici. Una sensibilità tesa modula la percezione, la sublima.
Dai piccoli quadri epigrammatici il pittore passa a composizioni di ampie dimensioni. Si guardi alla "tavola-cinemascope" Il fiume Torre d'estate. Lo sviluppo orizzontale dell'inquadratura, articolata su tre fasce parallele, dà all'imponente brano paesaggistico una dimensione epica: il alto il cielo di un azzurro terso acquamarina; al centro le sponde chiazzate d'impasti di vegetazione policroma squarciata in diagonale dal sentiero-canalone di sassi che sfocia nel greto bianco abbagliante. L'osservatore è come trascinato dentro la rigogliosa possanza dei colori costruiti per blocchi sfaldati nella luce.
In Torre di Coia il paesaggio tarcentino si trasfigura nello scenario di un'antichissima "favola bella". La torate dell'epifanico Pignarûl grant diviene la posterla di un maniero medievale, scorciata di quinta sul mareggiare di vegetazione resa con irrealistici colori fauve. Sembrano prossimi a comparire alla ribalta cavalieri in corrusche corazze o, forse un principe azzurro che conduce nel castello sulla collina la leggiadra fanciulla salvata dalle spire malefiche del drago e abbracciata in groppa al destriero.
I Portali e le Finestre sono "ricamati" di motivi naturalistici. Imposte e battenti rimangono serrati. I particolari appena accennati delle facciate dicono l'abbandono degli edifici semidistrutti. Dalle aperture protette da grate di disegno liberty e dai ricami di ferro battuto, si sprigiona una qual nostalgia per un tempo perduto.
Quasi solenne epigrafe a celebrazione dell'estremo decadimento è il bronzeo battente in foggia di testa leonina dipinto in monocromo grigio-verde con acribia iperrealista, sotto il quale si allinea il filare di calcinacci di un palazzo di un'altra età, forse abbandonato. Elegia di un ciclo storico.
Cavazzon ripropone gli stessi motivi negli inchiostri e nelle incisioni. La musicale armonia del disegno è limpida, quasi surreale nella sua nettezza. Sono, ancora, particolari di balconi, di ballatoi, di finestre, di muri, di portali. Dal surreale calco quasi fotografico traluce come una nostalgia, un desiderio di possesso totale, un bisogno di fuga nella perfezione dell'anacronismo per ritrovare la scintilla di un'emozione. Le immagini diventano ombre di un mondo perduto. La loro assoluta purezza si dissolve nell'illusione.
Nelle ultime composizioni Cavazzon inserisce elementi materici, facendoli aggettare sul dipinto che accenna a motivi paesaggistici sintetizzati fino al limite dell'astratto. Accanto ai sassi, radici, rami calcinati, bottiglie di plastica creano un urto stridente con la pittura. L'artista polemizza con l'inquinamento, con lo sfregio alla natura provocato dall'uomo.
on. Pietro Fontanini, Presidente della Provincia di Udine: Mi rivolgo dunque con orgoglio al Maestro Cavazzon, a lui vanno i miei complimenti per il cammino fatto finora, e l’augurio di poter continuare a riempire le sue tele con quella che è a pieno titolo la sua terra.
Rivâ culì in Friûl, in prin come militâr e daspò come docent, al è stât par me come rivâ in tun Eden: 'o ai cjatât un lûc favorevul e personis che 'o ai preseât massime te lôr capacitât di autonomìe. Par me, simpri sbatecolât par ca e là, al è stât un insegnament: finalmentri 'o ai cjatât dai ponts fêrs che mi devin riferiment.
No ai fat nissune fature a incalmâmi in tun ambient che al ufrîs scuasit dut; e a dut chel che al ufrîs 'o ai dât la gafe, tornant indaûr lis mês emozions su pe cjarte o su pe tele.
Par me, il Friûl al è aghe (Sul Tôr, Colm di lune sul Tôr, Tiliment, Terace sul mâr, Denant di Barbane), culinis (Feagne), architeture e sculture (San Cristoful, Mûrs, Il Domo di Palme, Fronton, Vie Micesio e la torate di Vilalte, Tarvis), lavôr (Bust, Panolis, Coce), vin bon (Bacantis e Ue), partecipazion (Il pali des feminis, Il pali dal mâr), sugestion e magìe (La torate di Coia) e chel e ancje.
Par me, il Friûl son i furlans che 'o ai ritratât; son soredut lis mês graziosis modelis furlanis, ma di chi il discôrs al sares lunc tant che il passio…
Giovanni Cavazzon
Quando ero piccolo il lavoro di papà mi ha portato a percorrere un po' tutta l'Italia. Poi da adolescente, e fino alla giovinezza, ho vissuto stabilmente a Parma, dove ho conseguito il titolo di Maestro d'Arte presso la regia Accademia "Paolo Toschi". E' stato un percorso importante per la mia carriera artistica, ma la grande pianura, col suo clima afoso e denso, non faceva per me, che avevo nell'animo i miei primi anni vissuti sulle colline marchigiane e poi sul mare, a pesca con il nonno.
Arrivare qui in Friuli, prima come militare e poi come docente, è stato per me come arrivare in un Eden: ho trovato un luogo favorevole e persone che ho apprezzato soprattutto per la loro capacità di autonomia. Per me, sempre sballottato di qua e di là, è stato un insegnamento: finalmente ho trovato dei punti fermi ai quali riferirmi.
Non ho fatto alcuna fatica ad inserirmi in un ambiente che offre quasi tutto e di tutto ciò che offre mi sono impadronito, restituendo le mie emozioni sulla carta o sulla tela.
Il mio Friuli è acqua (Sul Torre, Plenilunio sul Torre, Tagliamento, Terrazza a mare, Davanti a Barbana), colline (Fagagna), architettura e scultura (San Cristoforo, Muri, Il Duomo di Palmanova, Frontone, Via Micesio e la Torre di Villalta, Tarvisio), lavoro (Torso, Pannocchie, Zucca), buon vino (Baccanti, uva), partecipazione (Paliodonna, Paliomare), suggestione e magia (La torre di Coia) ed altro ancora.
Il mio Friuli sono i friulani che ho ritratto; sono soprattutto le mie garbate modelle friulane, ma da qui il discorso non finirebbe mai…
Licio Damiani: Cavazzon è artista di estrema raffinatezza. Egli affonda nei misteriosi antri del passato per estrarre magiche suadenze. Sul respiro ampio delle prospettive naturalistiche improntate a squarci di un gran teatro della fantasia hanno certamente influito gli studi in scenotecnica seguiti a Parma, dove acquisì il diploma di Maestro d'arte. Ma la visione costruita in rigorosi schemi prospettici si smaterializza, si fa aerea immagine interiore, palpita di fremiti lirici. Una sensibilità tesa modula la percezione, la sublima.
Dai piccoli quadri epigrammatici il pittore passa a composizioni di ampie dimensioni. Si guardi alla "tavola-cinemascope" Il fiume Torre d'estate. Lo sviluppo orizzontale dell'inquadratura, articolata su tre fasce parallele, dà all'imponente brano paesaggistico una dimensione epica: il alto il cielo di un azzurro terso acquamarina; al centro le sponde chiazzate d'impasti di vegetazione policroma squarciata in diagonale dal sentiero-canalone di sassi che sfocia nel greto bianco abbagliante. L'osservatore è come trascinato dentro la rigogliosa possanza dei colori costruiti per blocchi sfaldati nella luce.
In Torre di Coia il paesaggio tarcentino si trasfigura nello scenario di un'antichissima "favola bella". La torate dell'epifanico Pignarûl grant diviene la posterla di un maniero medievale, scorciata di quinta sul mareggiare di vegetazione resa con irrealistici colori fauve. Sembrano prossimi a comparire alla ribalta cavalieri in corrusche corazze o, forse un principe azzurro che conduce nel castello sulla collina la leggiadra fanciulla salvata dalle spire malefiche del drago e abbracciata in groppa al destriero.
I Portali e le Finestre sono "ricamati" di motivi naturalistici. Imposte e battenti rimangono serrati. I particolari appena accennati delle facciate dicono l'abbandono degli edifici semidistrutti. Dalle aperture protette da grate di disegno liberty e dai ricami di ferro battuto, si sprigiona una qual nostalgia per un tempo perduto.
Quasi solenne epigrafe a celebrazione dell'estremo decadimento è il bronzeo battente in foggia di testa leonina dipinto in monocromo grigio-verde con acribia iperrealista, sotto il quale si allinea il filare di calcinacci di un palazzo di un'altra età, forse abbandonato. Elegia di un ciclo storico.
Cavazzon ripropone gli stessi motivi negli inchiostri e nelle incisioni. La musicale armonia del disegno è limpida, quasi surreale nella sua nettezza. Sono, ancora, particolari di balconi, di ballatoi, di finestre, di muri, di portali. Dal surreale calco quasi fotografico traluce come una nostalgia, un desiderio di possesso totale, un bisogno di fuga nella perfezione dell'anacronismo per ritrovare la scintilla di un'emozione. Le immagini diventano ombre di un mondo perduto. La loro assoluta purezza si dissolve nell'illusione.
Nelle ultime composizioni Cavazzon inserisce elementi materici, facendoli aggettare sul dipinto che accenna a motivi paesaggistici sintetizzati fino al limite dell'astratto. Accanto ai sassi, radici, rami calcinati, bottiglie di plastica creano un urto stridente con la pittura. L'artista polemizza con l'inquinamento, con lo sfregio alla natura provocato dall'uomo.
on. Pietro Fontanini, Presidente della Provincia di Udine: Mi rivolgo dunque con orgoglio al Maestro Cavazzon, a lui vanno i miei complimenti per il cammino fatto finora, e l’augurio di poter continuare a riempire le sue tele con quella che è a pieno titolo la sua terra.
17
ottobre 2009
Giovanni Cavazzon – Sbatecolat
Dal 17 ottobre al primo novembre 2009
arte contemporanea
Location
GALLERIA LA LOGGIA
Udine, Piazza Della Libertà, (Udine)
Udine, Piazza Della Libertà, (Udine)
Orario di apertura
17.30 - 19.30; domenica 11.00 - 13.00; chiuso il lunedì
Vernissage
17 Ottobre 2009, ore 18,30
Autore