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Giovanni Chiaramonte – Pellegrinaggi occidentali
Un’antologia delle immagini più significative dedicate al tema del destino dell’Occidente, tratte dai volumi “Terra del ritorno” e “Westwards”, realizzate tra il 1982 e il 1991 in un lungo pellegrinaggio tra la Sicilia, l’Europa, il vicino Oriente e gli States.
Comunicato stampa
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"Colui il cui volto è senza luce non diverrà mai una stella."
William BLAKE
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
presentando presso il Museo archeologico di Gela questa suggestiva scelta di immagini – una selezione di quelle che il fotografo aveva realizzato in circa un decennio a partire dal 1982 per due dei suoi maggiori volumi fotografici Terra del ritorno (1989) e Westwards (1996) – compie, in collaborazione con l’associazione culturale PERLETIZIA, lo stesso Museo che la ospita e la casa editrice ULTREYA di Milano, una sorta di quadratura del cerchio rileggendo, attraverso lo sguardo errante di CHIARAMONTE, il percorso pluriennale che ne ha consolidato la costante attività espositiva e culturale.
A dieci anni dalla sua presentazione presso le sale espositive della Galleria nella Corte Capitaniale di Caltagirone, infatti, la mostra Pellegrinaggi occidentali segna emblematicamente un importante anniversario per la Ghirri che, idealmente, spegne le sue dieci candeline sull’acropoli della vetusta colonia dorica d’occidente, un sito dove il sacro dimora da millenni e la memoria del nostro Occidente si fa epifania di una ricerca universale.
La mostra, allestita nell’ampio volume che l’architetto PASQUARELLI aveva pensato per accogliere gli ospiti del Museo archeologico di Gela, presenta trenta delle fotografie che per Giovanni CHIARAMONTE segnano dei luoghi, tappe di un viaggio sapienziale, un pellegrinaggio da Gela attraverso alcune città simbolo di tre continenti – Europa, Asia e America – alla ricerca di quei valori cristiani nei quali si può leggere l’essenza dell’Occidente.
Sebastiano FAVITTA, Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile per gli occhi.”
Antoine DE SAINT-EXUPÉRY
Caltagirone, giugno 2010
Giovanni CHIARAMONTE
Nato nel 1948 a Varese da genitori di Gela, Giovanni CHIARAMONTE comincia a fotografare alla fine degli anni Sessanta, operando per la ripresa della forma figurativa, seguita alla grande stagione astratta e informale di certe tendenze della Pop Art e dell’Arte Concettuale. L’immagine di CHIARAMONTE si genera sin dall’inizio nella tradizione teologica ed estetica di H. U. VON BALTHASAR e della Chiesa d’Oriente, incontrata in P. EVDOKIMOV, O. CLÉMENT, A. TARKOVSKIJ, e ha come tema principale il rapporto tra luogo e destino nella civiltà occidentale.
Tra le sue opere:
Giardini e paesaggi, 1983; Terra del ritorno, 1989; Penisola delle figure, 1993; Westwards, 1996; Ai confini del mare, 1999; Milano. Cerchi della città di mezzo, 2000; In corso d’opera, 2000; Frammenti dalla Rocca. Cefalù, 2002; Dolce è la luce, 2003, Abitare il mondo. Europe, 2004; Berlin, Figure, 2004; Attraverso la pianura, 2005; Senza foce, 2005; Come un enigma. Venezia, 2006; Nascosto in prospettiva, 2007; In Berlin, 2009; L’altro Nei volti nei luoghi, 2010.
Tra le sue mostre personali:
Diaframma, Milano 1974; Galleria d’Arte Moderna, Modena 1975; Studio Marconi, Milano 1983; Deutsches Architekturmuseum, Frankfurt/M. 1986; Biennale, Venezia 1992, 1993, 1997 e 2004; Hunter College, New York 1997; Ikona Magazzini del Sale, Venezia 1998; Triennale, Milano 2000; Galleria Fotografica Luigi Ghirri, Caltagirone 2000 e 2003; Fondazione Stelline, Milano 2005; Palazzo Sarcinelli, Conegliano 2005; Bugno Art Gallery, Venezia 2006; Padova 2007; Triennale, Milano 2009.
Per la ventennale collaborazione con riviste (Lotus, Domus, Casabella, Abitare) e istituzioni nazionali e internazionali (IBA Berlino, Triennale Milano, Biennale Venezia, CCA Montréal) l’Università di Palermo gli conferisce la Laurea honoris causa in Architettura il 25 ottobre 2005. Nel 2006 il professor Italo ZANNIER gli assegna il Premio Friuli-Venezia Giulia per la Fotografia.
Insegna Storia e Teoria della Fotografia allo IULM di Milano e alla Facoltà di Architettura di Palermo.
“Viaggio terrestre e celeste” di Giovanni Chiaramonte
“… Al contemplare, ecco, c’è un limite.
E il mondo quando lo si guarda di più
vuol fiorire nell’amore.
L’opera dello sguardo è compiuta
compi ora l’opera del cuore
nelle immagini in te …”
Nel viso delle persona amata
che svela il volto eterno di
Colui che sempre ama.
Da Terra del Ritorno, 1989
Riduci le stelle in polvere
e non invecchierai
mi appare in sogno Venere
tu padre che ne sai?
Lontano da queste tenebre
matura l'avvenire.
Il cielo è senza nuvole
Padre fammi partire!
Franco BATTIATO, Da Oriente ad Occidente, 1973
Una foto nella fotografia, fra quelle in mostra in Pellegrinaggi occidentali, mi offre lo spunto per avviare una riflessione a margine dell’opera di Giovanni CHIARAMONTE: il ritratto a tinte seppia di una madre con il figlio che ci guardano senza sorridere da una tomba del Cimitero Monumentale di Milano. In questi occhi, che si fissano inquieti nell’obiettivo, si coglie il presagio della fine del viaggio, il capolinea ove si interrompe il cammino terreno.
Congedo alla sapienza / e congedo all’amore./ Congedo anche alla religione. / Ormai sono a destinazione. /
Ora che più forte sento / stridere il freno, vi lascio / davvero, amici. Addio. / Di questo, son certo: io / son giunto alla disperazione /
calma, senza sgomento. / Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio CAPRONI, Congedo del viaggiatore cerimonioso, 1965
Dopo aver peregrinato fra la galleria di foto esposte, lo stato d’animo che avverte l’osservatore è di tutt’altra matrice rispetto alla caproniana disperazione calma. Il viaggio di CHIARAMONTE è un pellegrinaggio alla ricerca dei segnali occulti in Natura attraverso cui la Divinità si manifesta.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose / s'abbandonano e sembrano vicine / a tradire il loro ultimo segreto, / talora ci si aspetta /
di scoprire uno sbaglio di Natura, / il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che finalmente ci metta /
nel mezzo di una verità. / Lo sguardo fruga d'intorno, / la mente indaga accorda disunisce / nel profumo che dilaga /
quando il giorno piú languisce. / Sono i silenzi in cui si vede / in ogni ombra umana che si allontana / qualche disturbata Divinità.
Eugenio MONTALE, I limoni, 1925
MONTALE si muove verso una ricerca del senso della vita, ossia del Mistero che la guida e sul quale egli indaga, tentando di dare un significato al tutto. Anche Giovanni CHIARAMONTE si muove in analoga direzione: è l’obiettivo (e la luce che attraverso esso viene colta) – una luce ancora una volta dolce – lo strumento di cui egli si serve per fornirci la sua lettura del Tutto, in un pellegrinaggio che attraverso il tempo e i luoghi si pone alla ricerca di una chiave di interpretazione del Reale e di ciò che va oltre, che sta dietro, e che solo lo spirito può cogliere.
Il pellegrino ha una meta, che coincide letteralmente con lo scopo del suo viaggio. Quel luogo è la destinazione e anche la ragione del viaggio. Quel luogo è assoluto. Si va al Santuario, a Santiago de Compostela, alla Mecca, al Gange per andare lì. Infatti non si cerca un mezzo comodo per raggiungere quel luogo […] ma vi si arriva camminando. Il cammino è condizione del pellegrinaggio, e non solo perché implica la fatica, ma anche per la sua immediata valenza "simbolica": noi uomini sul pianeta siamo esseri "ambulanti", e saremmo persi se non ci mettessimo in cammino verso qualche luogo in cui siamo certi si sia manifestato il divino. Il pellegrino non può quindi essere distratto dalla sua meta, perché meta e senso del viaggio coincidono. Il pellegrinaggio è quindi "metafora" del percorso che l’uomo dovrebbe seguire nella sua esperienza quotidiana sulla terra, realizzato però in una dimensione eccezionale, che interrompe la sua attività in senso assoluto, anche quella che gli consente di vivere, di procurarsi il pane. Il pellegrinaggio è quindi un’interruzione del tempo storico, una sorta di "estasi" suscitata con strumenti umani, la fatica e lo stacco dal lavoro e dalla necessaria attività per la sopravvivenza. Ma il fatto che abbia meta e percorso precisi non significa che nel cammino il pellegrino sfugga alla perenne e luminosa logica del mistero: nulla è scontato. Il luogo stesso, verso cui si cammina, non promette la certezza dell’oracolo greco, peraltro complicata dalla sua lingua oscura, il fine del viaggio è una certezza coincidente con un mistero.
Roberto MUSSAPI, Alla ricerca della terra perduta. La valenza simbolica del camminare, Avvenire 12 giugno 2008
E’ questo il senso del pellegrinaggio: se dapprima peregrinus era chi viveva fuori dalle città, lo straniero, col tempo è per scelta che si va “per agros”, fuori dagli spazi più frequentati, al di fuori delle comunità, solitari, vagabondi, per incontrare il sacro in luoghi lontani. CHIARAMONTE parte da lontano e pellegrino prosegue il suo viaggio.
Da Gerusalemme a Atene a Istanbul – in un vagabondare che affonda le sue radici nella cultura ebraica, greca, bizantina – proseguendo attraverso la natia Sicilia e di qui verso Berlino, e poi ancora ad Ovest, verso il West statunitense, sulle strade di Jack KEROUAC, come nei quadri di Edward HOPPER, egli insegue la luce, talora la imbriglia in fasci che evocano il rohmeriano raggio verde, il suo obiettivo si fissa sulla linea dell’orizzonte che taglia specularmente l’inquadratura, sull’ombra che riflette antiche vestigia, fra rottami di vecchie auto, sotto cieli in tempesta o gonfi di nubi, cammina alla ricerca di un “divenire”.
E’ un viaggio alla riscoperta del mondo, in una simbolica purificazione che attraverso inferni e purgatori tende ad un suo paradiso. Il viaggio si fa esaltazione dei sensi che percepiscono il tripudio della natura e l’angoscia del reale, “l’immensa vanità del Tutto” – Guido GOZZANO – l’insondabile solennità dell’universo, il tempo che non si ferma e un brivido di eternità.
Tu sei rimasta sola, / dolce madonna sola, / nelle ombre di un sogno / o forse di una fotografia lontani dal mare /
con solo un geranio e un balcone / Ti splende negli occhi la notte / di tutta una vita passata a guardare / le stelle lontano dal mare /
e l’ epoca mia è la tua / e quella dei nonni dei nonni / vissuta negli anni a pensare.
Paolo CONTE, Una giornata al mare, 1974
Cittadino sospeso fra Oriente e Occidente, CHIARAMONTE dal suo punto di vista privilegiato fa spaziare lo sguardo su figure, attimi, frammenti di esistenza, cogliendo in questo modo sentimenti e tendenze del nostro tempo.
Nuovo di queste vie, ma non straniero / ho sentito l’infermo sulla soglia / pregare per la sorte di quest’arca /
con il suo andirivieni d’operai, / le sue case crepate, i suoi animali, / i suoi vegliardi acuti ed i suoi morti.
Mario LUZI, Richiesta d’asilo d’un pellegrino a Viterbo, 1954
È il senso del Viaggio, e come Simone Martini, il pellegrino protagonista del Viaggio terrestre e celeste di Mario LUZI – «Ti perdo, ti rintraccio, / ti perdo ancora, mio luogo, / non arrivo a te.», anche CHIARAMONTE prosegue alla ricerca della propria e della nostra identità, in un continuo processo di cattura e nuovo sperdimento di quell’Oltre al quale egli perpetuamente tende.
In agguato / in queste budella / di macerie / ore e ore / ho strascicato / la mia carcassa / usata dal fango / come una suola /
o come un seme / di spinalba. / Ungaretti / uomo di pena / ti basta un'illusione / per farti coraggio. / Un riflettore / di là / mette un mare /
nella nebbia
Giuseppe Ungaretti, Pellegrinaggio, 1916
Giovanni CHIARAMONTE, consegnandoci la chiave di lettura di questo inconsueto breviario occidentale, è per noi il faro capace di squarciare il mare di nebbia che avvolge il senso del nostro Esistere, perché proprio nelle sue immagini si può cogliere l’istante ultimo che ci ricongiunge al Tutto, l’attimo fuggente, l’illuminazione che varca il limine e isola un frammento di eternità.
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, giugno 2010
William BLAKE
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
presentando presso il Museo archeologico di Gela questa suggestiva scelta di immagini – una selezione di quelle che il fotografo aveva realizzato in circa un decennio a partire dal 1982 per due dei suoi maggiori volumi fotografici Terra del ritorno (1989) e Westwards (1996) – compie, in collaborazione con l’associazione culturale PERLETIZIA, lo stesso Museo che la ospita e la casa editrice ULTREYA di Milano, una sorta di quadratura del cerchio rileggendo, attraverso lo sguardo errante di CHIARAMONTE, il percorso pluriennale che ne ha consolidato la costante attività espositiva e culturale.
A dieci anni dalla sua presentazione presso le sale espositive della Galleria nella Corte Capitaniale di Caltagirone, infatti, la mostra Pellegrinaggi occidentali segna emblematicamente un importante anniversario per la Ghirri che, idealmente, spegne le sue dieci candeline sull’acropoli della vetusta colonia dorica d’occidente, un sito dove il sacro dimora da millenni e la memoria del nostro Occidente si fa epifania di una ricerca universale.
La mostra, allestita nell’ampio volume che l’architetto PASQUARELLI aveva pensato per accogliere gli ospiti del Museo archeologico di Gela, presenta trenta delle fotografie che per Giovanni CHIARAMONTE segnano dei luoghi, tappe di un viaggio sapienziale, un pellegrinaggio da Gela attraverso alcune città simbolo di tre continenti – Europa, Asia e America – alla ricerca di quei valori cristiani nei quali si può leggere l’essenza dell’Occidente.
Sebastiano FAVITTA, Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
“Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile per gli occhi.”
Antoine DE SAINT-EXUPÉRY
Caltagirone, giugno 2010
Giovanni CHIARAMONTE
Nato nel 1948 a Varese da genitori di Gela, Giovanni CHIARAMONTE comincia a fotografare alla fine degli anni Sessanta, operando per la ripresa della forma figurativa, seguita alla grande stagione astratta e informale di certe tendenze della Pop Art e dell’Arte Concettuale. L’immagine di CHIARAMONTE si genera sin dall’inizio nella tradizione teologica ed estetica di H. U. VON BALTHASAR e della Chiesa d’Oriente, incontrata in P. EVDOKIMOV, O. CLÉMENT, A. TARKOVSKIJ, e ha come tema principale il rapporto tra luogo e destino nella civiltà occidentale.
Tra le sue opere:
Giardini e paesaggi, 1983; Terra del ritorno, 1989; Penisola delle figure, 1993; Westwards, 1996; Ai confini del mare, 1999; Milano. Cerchi della città di mezzo, 2000; In corso d’opera, 2000; Frammenti dalla Rocca. Cefalù, 2002; Dolce è la luce, 2003, Abitare il mondo. Europe, 2004; Berlin, Figure, 2004; Attraverso la pianura, 2005; Senza foce, 2005; Come un enigma. Venezia, 2006; Nascosto in prospettiva, 2007; In Berlin, 2009; L’altro Nei volti nei luoghi, 2010.
Tra le sue mostre personali:
Diaframma, Milano 1974; Galleria d’Arte Moderna, Modena 1975; Studio Marconi, Milano 1983; Deutsches Architekturmuseum, Frankfurt/M. 1986; Biennale, Venezia 1992, 1993, 1997 e 2004; Hunter College, New York 1997; Ikona Magazzini del Sale, Venezia 1998; Triennale, Milano 2000; Galleria Fotografica Luigi Ghirri, Caltagirone 2000 e 2003; Fondazione Stelline, Milano 2005; Palazzo Sarcinelli, Conegliano 2005; Bugno Art Gallery, Venezia 2006; Padova 2007; Triennale, Milano 2009.
Per la ventennale collaborazione con riviste (Lotus, Domus, Casabella, Abitare) e istituzioni nazionali e internazionali (IBA Berlino, Triennale Milano, Biennale Venezia, CCA Montréal) l’Università di Palermo gli conferisce la Laurea honoris causa in Architettura il 25 ottobre 2005. Nel 2006 il professor Italo ZANNIER gli assegna il Premio Friuli-Venezia Giulia per la Fotografia.
Insegna Storia e Teoria della Fotografia allo IULM di Milano e alla Facoltà di Architettura di Palermo.
“Viaggio terrestre e celeste” di Giovanni Chiaramonte
“… Al contemplare, ecco, c’è un limite.
E il mondo quando lo si guarda di più
vuol fiorire nell’amore.
L’opera dello sguardo è compiuta
compi ora l’opera del cuore
nelle immagini in te …”
Nel viso delle persona amata
che svela il volto eterno di
Colui che sempre ama.
Da Terra del Ritorno, 1989
Riduci le stelle in polvere
e non invecchierai
mi appare in sogno Venere
tu padre che ne sai?
Lontano da queste tenebre
matura l'avvenire.
Il cielo è senza nuvole
Padre fammi partire!
Franco BATTIATO, Da Oriente ad Occidente, 1973
Una foto nella fotografia, fra quelle in mostra in Pellegrinaggi occidentali, mi offre lo spunto per avviare una riflessione a margine dell’opera di Giovanni CHIARAMONTE: il ritratto a tinte seppia di una madre con il figlio che ci guardano senza sorridere da una tomba del Cimitero Monumentale di Milano. In questi occhi, che si fissano inquieti nell’obiettivo, si coglie il presagio della fine del viaggio, il capolinea ove si interrompe il cammino terreno.
Congedo alla sapienza / e congedo all’amore./ Congedo anche alla religione. / Ormai sono a destinazione. /
Ora che più forte sento / stridere il freno, vi lascio / davvero, amici. Addio. / Di questo, son certo: io / son giunto alla disperazione /
calma, senza sgomento. / Scendo. Buon proseguimento.
Giorgio CAPRONI, Congedo del viaggiatore cerimonioso, 1965
Dopo aver peregrinato fra la galleria di foto esposte, lo stato d’animo che avverte l’osservatore è di tutt’altra matrice rispetto alla caproniana disperazione calma. Il viaggio di CHIARAMONTE è un pellegrinaggio alla ricerca dei segnali occulti in Natura attraverso cui la Divinità si manifesta.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose / s'abbandonano e sembrano vicine / a tradire il loro ultimo segreto, / talora ci si aspetta /
di scoprire uno sbaglio di Natura, / il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che finalmente ci metta /
nel mezzo di una verità. / Lo sguardo fruga d'intorno, / la mente indaga accorda disunisce / nel profumo che dilaga /
quando il giorno piú languisce. / Sono i silenzi in cui si vede / in ogni ombra umana che si allontana / qualche disturbata Divinità.
Eugenio MONTALE, I limoni, 1925
MONTALE si muove verso una ricerca del senso della vita, ossia del Mistero che la guida e sul quale egli indaga, tentando di dare un significato al tutto. Anche Giovanni CHIARAMONTE si muove in analoga direzione: è l’obiettivo (e la luce che attraverso esso viene colta) – una luce ancora una volta dolce – lo strumento di cui egli si serve per fornirci la sua lettura del Tutto, in un pellegrinaggio che attraverso il tempo e i luoghi si pone alla ricerca di una chiave di interpretazione del Reale e di ciò che va oltre, che sta dietro, e che solo lo spirito può cogliere.
Il pellegrino ha una meta, che coincide letteralmente con lo scopo del suo viaggio. Quel luogo è la destinazione e anche la ragione del viaggio. Quel luogo è assoluto. Si va al Santuario, a Santiago de Compostela, alla Mecca, al Gange per andare lì. Infatti non si cerca un mezzo comodo per raggiungere quel luogo […] ma vi si arriva camminando. Il cammino è condizione del pellegrinaggio, e non solo perché implica la fatica, ma anche per la sua immediata valenza "simbolica": noi uomini sul pianeta siamo esseri "ambulanti", e saremmo persi se non ci mettessimo in cammino verso qualche luogo in cui siamo certi si sia manifestato il divino. Il pellegrino non può quindi essere distratto dalla sua meta, perché meta e senso del viaggio coincidono. Il pellegrinaggio è quindi "metafora" del percorso che l’uomo dovrebbe seguire nella sua esperienza quotidiana sulla terra, realizzato però in una dimensione eccezionale, che interrompe la sua attività in senso assoluto, anche quella che gli consente di vivere, di procurarsi il pane. Il pellegrinaggio è quindi un’interruzione del tempo storico, una sorta di "estasi" suscitata con strumenti umani, la fatica e lo stacco dal lavoro e dalla necessaria attività per la sopravvivenza. Ma il fatto che abbia meta e percorso precisi non significa che nel cammino il pellegrino sfugga alla perenne e luminosa logica del mistero: nulla è scontato. Il luogo stesso, verso cui si cammina, non promette la certezza dell’oracolo greco, peraltro complicata dalla sua lingua oscura, il fine del viaggio è una certezza coincidente con un mistero.
Roberto MUSSAPI, Alla ricerca della terra perduta. La valenza simbolica del camminare, Avvenire 12 giugno 2008
E’ questo il senso del pellegrinaggio: se dapprima peregrinus era chi viveva fuori dalle città, lo straniero, col tempo è per scelta che si va “per agros”, fuori dagli spazi più frequentati, al di fuori delle comunità, solitari, vagabondi, per incontrare il sacro in luoghi lontani. CHIARAMONTE parte da lontano e pellegrino prosegue il suo viaggio.
Da Gerusalemme a Atene a Istanbul – in un vagabondare che affonda le sue radici nella cultura ebraica, greca, bizantina – proseguendo attraverso la natia Sicilia e di qui verso Berlino, e poi ancora ad Ovest, verso il West statunitense, sulle strade di Jack KEROUAC, come nei quadri di Edward HOPPER, egli insegue la luce, talora la imbriglia in fasci che evocano il rohmeriano raggio verde, il suo obiettivo si fissa sulla linea dell’orizzonte che taglia specularmente l’inquadratura, sull’ombra che riflette antiche vestigia, fra rottami di vecchie auto, sotto cieli in tempesta o gonfi di nubi, cammina alla ricerca di un “divenire”.
E’ un viaggio alla riscoperta del mondo, in una simbolica purificazione che attraverso inferni e purgatori tende ad un suo paradiso. Il viaggio si fa esaltazione dei sensi che percepiscono il tripudio della natura e l’angoscia del reale, “l’immensa vanità del Tutto” – Guido GOZZANO – l’insondabile solennità dell’universo, il tempo che non si ferma e un brivido di eternità.
Tu sei rimasta sola, / dolce madonna sola, / nelle ombre di un sogno / o forse di una fotografia lontani dal mare /
con solo un geranio e un balcone / Ti splende negli occhi la notte / di tutta una vita passata a guardare / le stelle lontano dal mare /
e l’ epoca mia è la tua / e quella dei nonni dei nonni / vissuta negli anni a pensare.
Paolo CONTE, Una giornata al mare, 1974
Cittadino sospeso fra Oriente e Occidente, CHIARAMONTE dal suo punto di vista privilegiato fa spaziare lo sguardo su figure, attimi, frammenti di esistenza, cogliendo in questo modo sentimenti e tendenze del nostro tempo.
Nuovo di queste vie, ma non straniero / ho sentito l’infermo sulla soglia / pregare per la sorte di quest’arca /
con il suo andirivieni d’operai, / le sue case crepate, i suoi animali, / i suoi vegliardi acuti ed i suoi morti.
Mario LUZI, Richiesta d’asilo d’un pellegrino a Viterbo, 1954
È il senso del Viaggio, e come Simone Martini, il pellegrino protagonista del Viaggio terrestre e celeste di Mario LUZI – «Ti perdo, ti rintraccio, / ti perdo ancora, mio luogo, / non arrivo a te.», anche CHIARAMONTE prosegue alla ricerca della propria e della nostra identità, in un continuo processo di cattura e nuovo sperdimento di quell’Oltre al quale egli perpetuamente tende.
In agguato / in queste budella / di macerie / ore e ore / ho strascicato / la mia carcassa / usata dal fango / come una suola /
o come un seme / di spinalba. / Ungaretti / uomo di pena / ti basta un'illusione / per farti coraggio. / Un riflettore / di là / mette un mare /
nella nebbia
Giuseppe Ungaretti, Pellegrinaggio, 1916
Giovanni CHIARAMONTE, consegnandoci la chiave di lettura di questo inconsueto breviario occidentale, è per noi il faro capace di squarciare il mare di nebbia che avvolge il senso del nostro Esistere, perché proprio nelle sue immagini si può cogliere l’istante ultimo che ci ricongiunge al Tutto, l’attimo fuggente, l’illuminazione che varca il limine e isola un frammento di eternità.
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, giugno 2010
16
giugno 2010
Giovanni Chiaramonte – Pellegrinaggi occidentali
Dal 16 al 29 giugno 2010
fotografia
Location
MUSEO ARCHEOLOGICO
Gela, Corso Vittorio Emanuele, 1, (Caltanissetta)
Gela, Corso Vittorio Emanuele, 1, (Caltanissetta)
Biglietti
intero 3,00 €, ridotto 1,50 €
Orario di apertura
tutti i giorni 9.00 -18.30
Vernissage
16 Giugno 2010, ore 20.30
Autore
Curatore