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Giovanni Gaggia – Ch’arsi di foco
L’artista marchigiano, partendo da un’intima ed innata relazione con il territorio, sempre esistita e naturalmente empatica, si ricollega all’universalità ed alla singolarità di ognuno, in una serie di rimandi associati all’osservazione del paesaggio che si apre all’esterno della struttura.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La curatrice, insieme al direttore artistico del Centro Arti Visive Andrea Giusti, ha deciso di ospitare da domenica 28 luglio, all’interno della peculiare struttura che domina la valle dell’Aso, i lavori di Giovanni Gaggia, artista, performer e fondatore di Casa Sponge.
L’artista marchigiano, partendo da un’intima ed innata relazione con il territorio, sempre esistita e naturalmente empatica, si ricollega all’universalità ed alla singolarità di ognuno, in una serie di rimandi associati all’osservazione del paesaggio che si apre all’esterno dei confini architettonici della struttura. Le Marche sono terra natia di Leopardi e proprio quest’anno si festeggiano i duecento anni della stesura de L’infinito: era il 1819 quando, in cima al Monte Tabor, colle di Recanati che si scorge dall’ultimo piano della torre, il poeta fu ispirato per descrivere la pace, il silenzio e la libertà rara di poter vagare con la mente che ancora oggi, salendo su questo colle, ispirano pensieri felici. Gaggia riprende parte di un verso tratto da Il primo amore, che occupa una posizione cruciale nel sistema dei Canti, e la ricama su di un arazzo: Ch’arsi di foco. L’amore diviene forza trainante, universale, che dona libertà all’essere umano ed è tanto spirituale quanto carnale. La traccia ematica dei disegni esposti in mostra, dal tratto delicatissimo, è simbolo di forza ma anche di concretezza della materia, per terminare poi nell'oro e nel primo amore, quindi nell'essenza. I cuori in ceramica, sui quali cadono gocce dorate, ricordano il ritmo pulsante della vita bloccato nella materia proveniente dalla terra, ed una corda, con moschettoni anch’essi dorati, lega il tutto in un insieme di sinergie e rinvii che conducono all’ultimo piano in cui appare una vetrofania che ci indica la direzione da prendere per giungere nella città che diede i natali a Leopardi, ricordando anche il sentimento che lega due soggetti in maniera forte ed inspiegabile.
Dalla freccia di Apollo all’apice fino al suono che attraversa il TOMAV: un audio diffuso con la registrazione dell’intervento artistico di Gaggia durante la residenza a Buonalbergo riporta le risposte ad un’unica domanda posta dall’artista: qual è stata la prima cosa bella che hai avuto dalla vita? Da qui è emersa una forte volontà da parte delle persone intervistate di abbattere muri, barriere e confini, verso un infinito che torna guardando all’arazzo ed alla direzione che esso segnala. Un inno alla vita del singolo e della collettività che attraversa i quattro piani della torre.
L’artista marchigiano, partendo da un’intima ed innata relazione con il territorio, sempre esistita e naturalmente empatica, si ricollega all’universalità ed alla singolarità di ognuno, in una serie di rimandi associati all’osservazione del paesaggio che si apre all’esterno dei confini architettonici della struttura. Le Marche sono terra natia di Leopardi e proprio quest’anno si festeggiano i duecento anni della stesura de L’infinito: era il 1819 quando, in cima al Monte Tabor, colle di Recanati che si scorge dall’ultimo piano della torre, il poeta fu ispirato per descrivere la pace, il silenzio e la libertà rara di poter vagare con la mente che ancora oggi, salendo su questo colle, ispirano pensieri felici. Gaggia riprende parte di un verso tratto da Il primo amore, che occupa una posizione cruciale nel sistema dei Canti, e la ricama su di un arazzo: Ch’arsi di foco. L’amore diviene forza trainante, universale, che dona libertà all’essere umano ed è tanto spirituale quanto carnale. La traccia ematica dei disegni esposti in mostra, dal tratto delicatissimo, è simbolo di forza ma anche di concretezza della materia, per terminare poi nell'oro e nel primo amore, quindi nell'essenza. I cuori in ceramica, sui quali cadono gocce dorate, ricordano il ritmo pulsante della vita bloccato nella materia proveniente dalla terra, ed una corda, con moschettoni anch’essi dorati, lega il tutto in un insieme di sinergie e rinvii che conducono all’ultimo piano in cui appare una vetrofania che ci indica la direzione da prendere per giungere nella città che diede i natali a Leopardi, ricordando anche il sentimento che lega due soggetti in maniera forte ed inspiegabile.
Dalla freccia di Apollo all’apice fino al suono che attraversa il TOMAV: un audio diffuso con la registrazione dell’intervento artistico di Gaggia durante la residenza a Buonalbergo riporta le risposte ad un’unica domanda posta dall’artista: qual è stata la prima cosa bella che hai avuto dalla vita? Da qui è emersa una forte volontà da parte delle persone intervistate di abbattere muri, barriere e confini, verso un infinito che torna guardando all’arazzo ed alla direzione che esso segnala. Un inno alla vita del singolo e della collettività che attraversa i quattro piani della torre.
28
luglio 2019
Giovanni Gaggia – Ch’arsi di foco
Dal 28 luglio all'otto settembre 2019
arte contemporanea
Location
TOMAV – TORRE DI MORESCO CENTRO ARTI VISIVE
Moresco, Piazza Castello, (Fermo)
Moresco, Piazza Castello, (Fermo)
Orario di apertura
da venerdì a domenica ore 18-20
Vernissage
28 Luglio 2019, ore 18,30
Autore
Curatore