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Giovanni Termini – Innesti
La mostra si snoderà negli spazi della galleria con le due grandi installazioni site specific, sei carte di varie dimensioni e la scultura la cui immagine è divenuta il manifesto del 61° premio letterario Ceppo.
Comunicato stampa
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Comunicato stampa
GIOVANNI TERMINI “INNESTI”
MEVANNUCCI
via della Provvidenza 6 – Pistoia
Opening 11 febbraio 2017 ore 18,00
11 febbraio 2017- 14 marzo 2017
INNESTI
Giovanni Termini è artista di installazioni ma con una prerogativa. Dopo aver visitato e conosciuto lo spazio dove avverrà la mostra, prende tempo e intanto immagina. Per lui contano il luogo e i luoghi, contano i dintorni, contano le sensazioni. Contano le persone che in questo luogo si muovono, vivono. Fanno. Tutto questo ispira concretamente l'opera; è l'anima.
Giovanni Termini è un capomastro: qui, in galleria per due giorni ha diretto muratori, carpentieri, elettricisti. Per un'installazione, il cuore centrale della mostra, che parla di costrizione della natura. Del rapporto, come scrive Silvia Evangelisti nel catalogo per INNESTI, tra il singolo, l'uomo e la città. In una Pistoia che di natura vive e dunque dovrebbe porsi questa riflessione. Antica ma sempre attuale, se è ancora capace di ispirare il lavoro degli artisti.
La mostra si snoderà negli spazi della galleria con la due grandi installazioni site specific, sei carte di varie dimensioni e la scultura la cui immagine è divenuta il manifesto del 61° premio letterario Ceppo.
Dal cataologo della mostra:
CONVERSAZIONE FRA SILVIA EVANGELISTI E GIOVANNI TERMINI
Franco Rella ha scritto che "Lo spazio del moderno è lo spazio labirintico della metropoli. L'uomo che abita questo spazio deve imparare a perdersi in esso. Il limiti consueti sono infranti: il mostruosamente grande della 'grande città' ha spezzato definitivamente l'ordine organico in cui venivano coordinate le esperienze. Quello che era 'ordine' è ormai diventato uno spazio frammentario e incomponibile."
(F.Rella, Miti e figure del moderno, Feltrinelli, Milano 1993 (1981) p.24
Nei tuoi lavori c'è sempre un rapporto tra il singolo, l'uomo e la città, lo spazio urbano
dove l'esterno sembra sovrastare l'uomo, quasi fagocitarlo.
In questa mostra, questa idea generale è rivolta alla natura. Un'idea di natura che vive in uno spazio metropolitano.
Come in altri miei progetti recenti, per me è importante non tanto l'esporre le mie opere, ma relazionarmi con il contesto. I lavori nascono proprio dai rapporti che si costruiscono di volta in volta. Il titolo "Innesti" si riferisce all'innesto che esiste tra natura e uomo. A me interessa parlare dell'uomo.
Arrivando a Pistoia - che ho visitato varie volte in passato per la Fattoria di Celle, uno degli esempi maggiori in Europa e forse del mondo di come l'arte si rapporti con la natura, visto che è una collezione nella natura - vedendo lungo la strada la fila dei vivai, ho percepito un'idea di natura addomesticata. Quasi una contraddizione del concetto di natura che noi abbiamo oggi.
Attraversando la parte centrale dell'Italia, dalle Marche alla Toscana, si percepisce immediatamente la differenza tra i paesaggi: il marchigiano, l'umbro, il toscano: sono fascini diversi.
Io vivo nelle Marche, dove il paesaggio è quasi greve - la montagna è montagna, il bosco è il bosco. La Toscana ha un fascino diverso: sembra ancora oggi di essere dentro una pittura del '500, con le prospettive perfette create dai cipressi, quasi quinte scenografiche. Amo molto questo, perchè sento l'uomo che interagisce fisicamente con la pianta. In mostra ci saranno alcune grandi installazioni, insieme a un gruppo di "carte" (non li chiamo disegni perchè per me la carta è già materia). In queste carte, che hanno lo stesso titolo della mostra, si percepisce l'idea di progetto. All'interno di esse vengono innestati, quasi fossero una sorta di appunti o di scrittura, immagini che traducono un’idea come di “addomesticamento” della pianta, dalla nascita fino alla commercializzazione. L'idea centrale del progetto, in realtà, l'avevo già dentro di me; una volta, uscendo dall'autostrada a Pistoia, ho avuto la sensazione di essere avvolto dalle piante, quasi sovrastato, come se i vivai li avessi addosso. E come avviene per tutti miei lavori, le impressioni che nascono dal luogo sono il presupposto per la realizzazione delle opere.
Nei lavori per questa mostra entra la natura nella sua fisicità, con piante vive. Ma la natura è compressa, quasi schiacciata dal cemento, dal soffitto, dai materiali da costruzione, come se combattesse una battaglia per la propria sopravvivenza.
Che rapporto c'è nella tua opera tra "naturale" e "artificiale" o, meglio, come affronti il tema del rapporto tra uomo e natura nella nostra società postindustriale?
Nel " Manifesto del terzo paesaggio" di Gilles Clément l'autore scrive che se oggi noi dobbiamo pensare ad un'idea di natura, paradossalmente la natura è quella nei luoghi a lei non deputati. Ad esempio negli spartitraffico o ai bordi delle strade. In luoghi cioè che non vengono considerati dall'uomo come "paesaggio", dove la natura si crea autonomamente un habitat che risponde a se stesso.
In questa mostra ho cercato di vedere l'uomo e la natura in cui egli vive, senza voler in alcun modo "sentenziare" o asserire nulla.
L'importante è relazionarmi con le cose al momento; fare una mostra a Palermo o a Pistoia sono per me due cose assolutamente diverse: le mostre non sono "trasferibili" da un luogo ad un'altro. Sono il frutto di idee e pensieri che quel determinato territorio mi ha trasmesso, e i lavori sono realizzati con i materiali che trovo in quel luogo, con elementi residuali trovati lì.
Ogni mostra, dunque, per te è un rimettere in discussione il tuo rapporto con le cose, è come un ricominciare da capo a pensare un progetto di opera. E così ogni mostra diviene una sorta di opera in sè. La mostra come opera?
In un certo senso è così. Io non produco il lavoro e poi lo porto in mostra. Se questo accade, è sempre un'idea di progetto che espongo. In realtà mi piace molto anche costruire la mostra e lavorare con le persone del luogo: a Palermo, ad esempio, sono stato aiutato da alcuni ragazzi che erano arrivati da poco in Sicilia su barconi, a Pesaro hanno lavorato con me carpentieri pesaresi. E poi tutti sono venuti all'inaugurazione della mostra. E' stato bellissimo.
Anche a Pistoia sta avvenendo questo, con gli operai. Una bella mostra, per me, richiede la collaborazione di esperti: permetto a loro di divagare ma non troppo, per citare il titolo di una mia opera del 2008. L'installazione, presente alla Quadriennale di Roma lo stesso anno, era incentrata su un progetto particolare: realizzare una sorta di magazzino, di uno spazio all'interno del quale si potevano disporre le opere. Il senso che volevo dare era quello dello spazio; lo spazio dove sarebbero dovute andare le opere, le mie opere. E le opere erano delle casse sistemate in modo quasi costruttivista ad occupare lo spazio.
Un gioco dell'assenza più che della presenza....
In quel lavoro, presentavo un progetto che apparteneva, in realtà, più al metalinguaggio: non presentavo l'opera ma presentavo qualcosa che permetteva all'opera di essere presente in quel contesto, in quel momento. Qualcosa che aveva a che fare con il percorso per arrivare all'opera più che l'opera stessa. E' come se avessi allestito una mostra in previsione del fatto che avrei poi realizzato un'opera.
Altri due eventi che si terranno all'interno della mostra di Giovanni Termini per il 61° premio letterario Ceppo:
Venerdi 24 febbraio ore 18,30
Omaggio alla poetessa Forough Farrokhzad
con Marina Neimat e Afshin Raoufi
Sabato 6 marzo ore 18,30
conversazione tra arte, letteratura e diritti umani
con Jasper Svembro e Giovanni Termini, autore del manifesto del 61° premio letterario il Ceppo
A partire da questa mostra si inaugurerà anche: LA CASA DEI RACCONTI
Prendi una galleria d'arte consolidata nel cuore di una città di provincia. Che dal 1959 a oggi, non ha mai conosciuto stanchezza. Dove la passione è di famiglia, se dal nonno, passando per i figli, si è arrivati al nipote. Che oggi, insieme al padre, la conduce. Prendila, appunto, e in certe sere trasformala nella Casa dei Racconti. Un porto franco, una libera terra dove scrittori e poeti sostano, appunto, a raccontare, con parole loro o di altri.
I racconti fanno bene. Salvano. Restituiscono bellezze negate e alleggeriscono il dolore, scivolano nelle trame del tempo, ci giocano ma sanno essere anche seri e pensierosi, come le opere degli artisti. Sono palombari che restituiscono i ricordi, li puliscono bene, li lustrano, e li fanno brillare. Così la Casa dei Racconti diventa lo specchio, o se preferite, l'appendice naturale della Galleria, intesa come fucina, come pentola che bolle, come fuoco che non si esaurisce.
La Casa dei Racconti ha inaugurato il 28 di dicembre, alle porte del nuovo anno, con una storia di famiglia. E la famiglia c'era davvero. I figli, i nipoti e i pronipoti del Professor Pietro Cipriani. Che nacque pastore, e fu prima maestro, poi professore e infine preside di scuola. E siccome maneggiava bene le parole, nel tempo ha scritto brevi trattati sulla letteratura italiana. Sui suoi generi. I suoi autori, Le sue correnti. E mentre riempiva taccuini e taccuini con quella grafia di una volta che non conosciamo più, intanto scriveva di sè. I figli hanno custodito il prezioso materiale, lo hanno raccolto in un libro e per questo Natale, hanno voluto donarlo ai parenti e agli amici veri.
Dunque, Benvenuti alla Casa dei Racconti, dove le opere sono racconti. E le opere diventano parole.
La Casa dei racconti ha un cartellone libero, a volte gli incontri nascono da altri incontri e nuove affinità, ma ci adopreremo perchè la comunicazione sia efficace e chi desidera esserci, lo sappia per tempo. La prima a entrare nella Casa dei racconti a chiusura della mostra di Giovanni Termini , in questo nuovo anno, 2017 è Susy Gillo. Poetessa, mangia la vita senza buttare via nulla. Con i suoi versi, Susy Gillo allestisce pagine, mura, pareti vuote, e riscrive sul bianco il senso nuovo dell'esistenza. Va a ritroso nel tempo ancestrale, nuda e senza paura, con la passione e la sfrontatezza di chi puro è divenuto dopo essersi sporcato nel mondo, si tuffa nel mare nero e a mani nude scandaglia i fondali dove, sotto la crosta dei secoli, dormono i sentimenti e le emozioni. Ad una ad una le porta a galla, nella luce torneranno forti e vibranti. La sua è una fatica onesta e gloriosa. Imprescindibile, se davvero vogliamo riscrivere la mappa dell'anima che è andata smarrita, necessaria per dipanare i grovigli e i nodi del nostro vivere, e finalmente tessere una tela grezza che accolga nuovi ricami.
CHI È GIOVANNI TERMINI
Giovanni Termini, Assoro 1972. Scultore di materiali diversi. Ha scelto di vivere a Pesaro per via del mare. E poi perchè Pesaro è vicina a Urbino, la provincia facilita i rapporti e lo scambio con gli artisti del territorio, e ci sono bravi artigiani. Giovanni Termini con le sue sculture veste gli spazi. O meglio, li spoglia per poi rivestirli con opere fatte di materiali diversi. Sono pezzi sparsi, presi a prestito, che nel quotidiano servono per altri usi ma, diventati scultura, portano con sè la forza di questa loro vita nuova, e della percerzione e del significato di cui il pubblico/spettatori li investe. Giovanni Termini è un grande viaggiatore, alla costante ricerca di spazi, privati o urbani, da leggere e da ricostruire. Guida l'artista, in questo viaggiare, la responsabilità. E una sorta di nuovo umanesimo che, partendo da esperienze ed esigenze personali - la base di ogni poetica- attraverso l'opera d'arte diventa segno e segnale di riflessione.
Giovanni Termini è fra gli artisti più interessanti della sua generazione. Fra le Personali: 2001, Centro per la Scultura Contemporanea Torre Martiniana, Cagli (PU). 2004, W lo S.P.A.C. a cura di Renato Barilli, Frontino (PU). 2006, Tre di Tre, a cura di Gabriele Tinti, Serra dei Conti (AN). 2007, Dove tutto è niente, Palazzo Fondazione A.Pomodoro ,a cura di Bruno Corà, Pietrarubbia Castello (PU). 2008, Zero Otto Gallery, Bologna. 2013, Disarmata, Fondazione Pescheria, a cura di Ludovico Pratesi, Pesaro. 2015, Residuale Galleria Artcore, a cura di Lorenzo Bruni. Fra le Collettive: 2014 Stanze, a cura di Umberto Palestini, Palazzo Re, Giulianova.Il Collasso dell’Entropia a cura di Alberto Zanchetta, Museo D’Arte Contemporanea di Lissone (MI). 2013 (P)ARERGA &(P)ARALIPOMENA DELLA (P)ITTURA a cura di Alberto Zanchetta, Bonelli LAB, Canneto sull’Oglio (MN). 2012 Sprezzatura, Homo faber, Homo dialecticus a cura di Alberto Zanchetta, Galleria Zelle di Palermo e L.E.M di Sassari., C_Artelibro, Il principio delle pagine, a cura di Danilo Montanari, Biblioteca universitaria di Bologna. Workshop Franko B/Giovanni Termini, Palazzo Zamperoli di Cagli (PU). 2011 (to)PUZZLE, a cura di Alberto Zanchetta, Otto Gallery, Bologna. L’angolo obliquo a cura di Alberto Zanchetta, Galleria EFFEarte, Milano.Il potere modellante della parola a cura di Cristina Petrelli, Galleria Marconi, Cupra Marittima (AP).2009 Premio Giovani Accademia Nazionale di San Luca, Roma. 2008 Not so private Villa delle Rose, Bologna.XV Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni. 2006 1 Premio Internazionale Giovani Scultori Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano. 2005 Marche Campo Giovani a cura di Stefano Verri, Rocca Malatestiana, Fano (PU).Materika a cura di Aleksander Bassin, Claudio Cerritelli, Radovan Vukovic,Peter Weiermair, Castello di Gorizia e Nova Gorica. 2004 Premio Suzzara rassegna curata da Claudio Cerritelli e Luigi Sansone, Suzzara (MN).2001 Open Air Sculptures a cura di Roberta Ridolfi, Passo del Furlo, Abbazia di S. Vincenzo(PU).Il Senso e la Misura a cura di Roberta Ridolfi, Centro per le Arti Visive Pescheria, Pesaro.
Giovanni Termini Ha già partecipato a due collettive: "La regola del gioco 30x30x100", dicembre 2015. "Contemporanei italiani", dicembre 2016-gennaio 2017.
GIOVANNI TERMINI “INNESTI”
MEVANNUCCI
via della Provvidenza 6 – Pistoia
Opening 11 febbraio 2017 ore 18,00
11 febbraio 2017- 14 marzo 2017
INNESTI
Giovanni Termini è artista di installazioni ma con una prerogativa. Dopo aver visitato e conosciuto lo spazio dove avverrà la mostra, prende tempo e intanto immagina. Per lui contano il luogo e i luoghi, contano i dintorni, contano le sensazioni. Contano le persone che in questo luogo si muovono, vivono. Fanno. Tutto questo ispira concretamente l'opera; è l'anima.
Giovanni Termini è un capomastro: qui, in galleria per due giorni ha diretto muratori, carpentieri, elettricisti. Per un'installazione, il cuore centrale della mostra, che parla di costrizione della natura. Del rapporto, come scrive Silvia Evangelisti nel catalogo per INNESTI, tra il singolo, l'uomo e la città. In una Pistoia che di natura vive e dunque dovrebbe porsi questa riflessione. Antica ma sempre attuale, se è ancora capace di ispirare il lavoro degli artisti.
La mostra si snoderà negli spazi della galleria con la due grandi installazioni site specific, sei carte di varie dimensioni e la scultura la cui immagine è divenuta il manifesto del 61° premio letterario Ceppo.
Dal cataologo della mostra:
CONVERSAZIONE FRA SILVIA EVANGELISTI E GIOVANNI TERMINI
Franco Rella ha scritto che "Lo spazio del moderno è lo spazio labirintico della metropoli. L'uomo che abita questo spazio deve imparare a perdersi in esso. Il limiti consueti sono infranti: il mostruosamente grande della 'grande città' ha spezzato definitivamente l'ordine organico in cui venivano coordinate le esperienze. Quello che era 'ordine' è ormai diventato uno spazio frammentario e incomponibile."
(F.Rella, Miti e figure del moderno, Feltrinelli, Milano 1993 (1981) p.24
Nei tuoi lavori c'è sempre un rapporto tra il singolo, l'uomo e la città, lo spazio urbano
dove l'esterno sembra sovrastare l'uomo, quasi fagocitarlo.
In questa mostra, questa idea generale è rivolta alla natura. Un'idea di natura che vive in uno spazio metropolitano.
Come in altri miei progetti recenti, per me è importante non tanto l'esporre le mie opere, ma relazionarmi con il contesto. I lavori nascono proprio dai rapporti che si costruiscono di volta in volta. Il titolo "Innesti" si riferisce all'innesto che esiste tra natura e uomo. A me interessa parlare dell'uomo.
Arrivando a Pistoia - che ho visitato varie volte in passato per la Fattoria di Celle, uno degli esempi maggiori in Europa e forse del mondo di come l'arte si rapporti con la natura, visto che è una collezione nella natura - vedendo lungo la strada la fila dei vivai, ho percepito un'idea di natura addomesticata. Quasi una contraddizione del concetto di natura che noi abbiamo oggi.
Attraversando la parte centrale dell'Italia, dalle Marche alla Toscana, si percepisce immediatamente la differenza tra i paesaggi: il marchigiano, l'umbro, il toscano: sono fascini diversi.
Io vivo nelle Marche, dove il paesaggio è quasi greve - la montagna è montagna, il bosco è il bosco. La Toscana ha un fascino diverso: sembra ancora oggi di essere dentro una pittura del '500, con le prospettive perfette create dai cipressi, quasi quinte scenografiche. Amo molto questo, perchè sento l'uomo che interagisce fisicamente con la pianta. In mostra ci saranno alcune grandi installazioni, insieme a un gruppo di "carte" (non li chiamo disegni perchè per me la carta è già materia). In queste carte, che hanno lo stesso titolo della mostra, si percepisce l'idea di progetto. All'interno di esse vengono innestati, quasi fossero una sorta di appunti o di scrittura, immagini che traducono un’idea come di “addomesticamento” della pianta, dalla nascita fino alla commercializzazione. L'idea centrale del progetto, in realtà, l'avevo già dentro di me; una volta, uscendo dall'autostrada a Pistoia, ho avuto la sensazione di essere avvolto dalle piante, quasi sovrastato, come se i vivai li avessi addosso. E come avviene per tutti miei lavori, le impressioni che nascono dal luogo sono il presupposto per la realizzazione delle opere.
Nei lavori per questa mostra entra la natura nella sua fisicità, con piante vive. Ma la natura è compressa, quasi schiacciata dal cemento, dal soffitto, dai materiali da costruzione, come se combattesse una battaglia per la propria sopravvivenza.
Che rapporto c'è nella tua opera tra "naturale" e "artificiale" o, meglio, come affronti il tema del rapporto tra uomo e natura nella nostra società postindustriale?
Nel " Manifesto del terzo paesaggio" di Gilles Clément l'autore scrive che se oggi noi dobbiamo pensare ad un'idea di natura, paradossalmente la natura è quella nei luoghi a lei non deputati. Ad esempio negli spartitraffico o ai bordi delle strade. In luoghi cioè che non vengono considerati dall'uomo come "paesaggio", dove la natura si crea autonomamente un habitat che risponde a se stesso.
In questa mostra ho cercato di vedere l'uomo e la natura in cui egli vive, senza voler in alcun modo "sentenziare" o asserire nulla.
L'importante è relazionarmi con le cose al momento; fare una mostra a Palermo o a Pistoia sono per me due cose assolutamente diverse: le mostre non sono "trasferibili" da un luogo ad un'altro. Sono il frutto di idee e pensieri che quel determinato territorio mi ha trasmesso, e i lavori sono realizzati con i materiali che trovo in quel luogo, con elementi residuali trovati lì.
Ogni mostra, dunque, per te è un rimettere in discussione il tuo rapporto con le cose, è come un ricominciare da capo a pensare un progetto di opera. E così ogni mostra diviene una sorta di opera in sè. La mostra come opera?
In un certo senso è così. Io non produco il lavoro e poi lo porto in mostra. Se questo accade, è sempre un'idea di progetto che espongo. In realtà mi piace molto anche costruire la mostra e lavorare con le persone del luogo: a Palermo, ad esempio, sono stato aiutato da alcuni ragazzi che erano arrivati da poco in Sicilia su barconi, a Pesaro hanno lavorato con me carpentieri pesaresi. E poi tutti sono venuti all'inaugurazione della mostra. E' stato bellissimo.
Anche a Pistoia sta avvenendo questo, con gli operai. Una bella mostra, per me, richiede la collaborazione di esperti: permetto a loro di divagare ma non troppo, per citare il titolo di una mia opera del 2008. L'installazione, presente alla Quadriennale di Roma lo stesso anno, era incentrata su un progetto particolare: realizzare una sorta di magazzino, di uno spazio all'interno del quale si potevano disporre le opere. Il senso che volevo dare era quello dello spazio; lo spazio dove sarebbero dovute andare le opere, le mie opere. E le opere erano delle casse sistemate in modo quasi costruttivista ad occupare lo spazio.
Un gioco dell'assenza più che della presenza....
In quel lavoro, presentavo un progetto che apparteneva, in realtà, più al metalinguaggio: non presentavo l'opera ma presentavo qualcosa che permetteva all'opera di essere presente in quel contesto, in quel momento. Qualcosa che aveva a che fare con il percorso per arrivare all'opera più che l'opera stessa. E' come se avessi allestito una mostra in previsione del fatto che avrei poi realizzato un'opera.
Altri due eventi che si terranno all'interno della mostra di Giovanni Termini per il 61° premio letterario Ceppo:
Venerdi 24 febbraio ore 18,30
Omaggio alla poetessa Forough Farrokhzad
con Marina Neimat e Afshin Raoufi
Sabato 6 marzo ore 18,30
conversazione tra arte, letteratura e diritti umani
con Jasper Svembro e Giovanni Termini, autore del manifesto del 61° premio letterario il Ceppo
A partire da questa mostra si inaugurerà anche: LA CASA DEI RACCONTI
Prendi una galleria d'arte consolidata nel cuore di una città di provincia. Che dal 1959 a oggi, non ha mai conosciuto stanchezza. Dove la passione è di famiglia, se dal nonno, passando per i figli, si è arrivati al nipote. Che oggi, insieme al padre, la conduce. Prendila, appunto, e in certe sere trasformala nella Casa dei Racconti. Un porto franco, una libera terra dove scrittori e poeti sostano, appunto, a raccontare, con parole loro o di altri.
I racconti fanno bene. Salvano. Restituiscono bellezze negate e alleggeriscono il dolore, scivolano nelle trame del tempo, ci giocano ma sanno essere anche seri e pensierosi, come le opere degli artisti. Sono palombari che restituiscono i ricordi, li puliscono bene, li lustrano, e li fanno brillare. Così la Casa dei Racconti diventa lo specchio, o se preferite, l'appendice naturale della Galleria, intesa come fucina, come pentola che bolle, come fuoco che non si esaurisce.
La Casa dei Racconti ha inaugurato il 28 di dicembre, alle porte del nuovo anno, con una storia di famiglia. E la famiglia c'era davvero. I figli, i nipoti e i pronipoti del Professor Pietro Cipriani. Che nacque pastore, e fu prima maestro, poi professore e infine preside di scuola. E siccome maneggiava bene le parole, nel tempo ha scritto brevi trattati sulla letteratura italiana. Sui suoi generi. I suoi autori, Le sue correnti. E mentre riempiva taccuini e taccuini con quella grafia di una volta che non conosciamo più, intanto scriveva di sè. I figli hanno custodito il prezioso materiale, lo hanno raccolto in un libro e per questo Natale, hanno voluto donarlo ai parenti e agli amici veri.
Dunque, Benvenuti alla Casa dei Racconti, dove le opere sono racconti. E le opere diventano parole.
La Casa dei racconti ha un cartellone libero, a volte gli incontri nascono da altri incontri e nuove affinità, ma ci adopreremo perchè la comunicazione sia efficace e chi desidera esserci, lo sappia per tempo. La prima a entrare nella Casa dei racconti a chiusura della mostra di Giovanni Termini , in questo nuovo anno, 2017 è Susy Gillo. Poetessa, mangia la vita senza buttare via nulla. Con i suoi versi, Susy Gillo allestisce pagine, mura, pareti vuote, e riscrive sul bianco il senso nuovo dell'esistenza. Va a ritroso nel tempo ancestrale, nuda e senza paura, con la passione e la sfrontatezza di chi puro è divenuto dopo essersi sporcato nel mondo, si tuffa nel mare nero e a mani nude scandaglia i fondali dove, sotto la crosta dei secoli, dormono i sentimenti e le emozioni. Ad una ad una le porta a galla, nella luce torneranno forti e vibranti. La sua è una fatica onesta e gloriosa. Imprescindibile, se davvero vogliamo riscrivere la mappa dell'anima che è andata smarrita, necessaria per dipanare i grovigli e i nodi del nostro vivere, e finalmente tessere una tela grezza che accolga nuovi ricami.
CHI È GIOVANNI TERMINI
Giovanni Termini, Assoro 1972. Scultore di materiali diversi. Ha scelto di vivere a Pesaro per via del mare. E poi perchè Pesaro è vicina a Urbino, la provincia facilita i rapporti e lo scambio con gli artisti del territorio, e ci sono bravi artigiani. Giovanni Termini con le sue sculture veste gli spazi. O meglio, li spoglia per poi rivestirli con opere fatte di materiali diversi. Sono pezzi sparsi, presi a prestito, che nel quotidiano servono per altri usi ma, diventati scultura, portano con sè la forza di questa loro vita nuova, e della percerzione e del significato di cui il pubblico/spettatori li investe. Giovanni Termini è un grande viaggiatore, alla costante ricerca di spazi, privati o urbani, da leggere e da ricostruire. Guida l'artista, in questo viaggiare, la responsabilità. E una sorta di nuovo umanesimo che, partendo da esperienze ed esigenze personali - la base di ogni poetica- attraverso l'opera d'arte diventa segno e segnale di riflessione.
Giovanni Termini è fra gli artisti più interessanti della sua generazione. Fra le Personali: 2001, Centro per la Scultura Contemporanea Torre Martiniana, Cagli (PU). 2004, W lo S.P.A.C. a cura di Renato Barilli, Frontino (PU). 2006, Tre di Tre, a cura di Gabriele Tinti, Serra dei Conti (AN). 2007, Dove tutto è niente, Palazzo Fondazione A.Pomodoro ,a cura di Bruno Corà, Pietrarubbia Castello (PU). 2008, Zero Otto Gallery, Bologna. 2013, Disarmata, Fondazione Pescheria, a cura di Ludovico Pratesi, Pesaro. 2015, Residuale Galleria Artcore, a cura di Lorenzo Bruni. Fra le Collettive: 2014 Stanze, a cura di Umberto Palestini, Palazzo Re, Giulianova.Il Collasso dell’Entropia a cura di Alberto Zanchetta, Museo D’Arte Contemporanea di Lissone (MI). 2013 (P)ARERGA &(P)ARALIPOMENA DELLA (P)ITTURA a cura di Alberto Zanchetta, Bonelli LAB, Canneto sull’Oglio (MN). 2012 Sprezzatura, Homo faber, Homo dialecticus a cura di Alberto Zanchetta, Galleria Zelle di Palermo e L.E.M di Sassari., C_Artelibro, Il principio delle pagine, a cura di Danilo Montanari, Biblioteca universitaria di Bologna. Workshop Franko B/Giovanni Termini, Palazzo Zamperoli di Cagli (PU). 2011 (to)PUZZLE, a cura di Alberto Zanchetta, Otto Gallery, Bologna. L’angolo obliquo a cura di Alberto Zanchetta, Galleria EFFEarte, Milano.Il potere modellante della parola a cura di Cristina Petrelli, Galleria Marconi, Cupra Marittima (AP).2009 Premio Giovani Accademia Nazionale di San Luca, Roma. 2008 Not so private Villa delle Rose, Bologna.XV Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni. 2006 1 Premio Internazionale Giovani Scultori Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano. 2005 Marche Campo Giovani a cura di Stefano Verri, Rocca Malatestiana, Fano (PU).Materika a cura di Aleksander Bassin, Claudio Cerritelli, Radovan Vukovic,Peter Weiermair, Castello di Gorizia e Nova Gorica. 2004 Premio Suzzara rassegna curata da Claudio Cerritelli e Luigi Sansone, Suzzara (MN).2001 Open Air Sculptures a cura di Roberta Ridolfi, Passo del Furlo, Abbazia di S. Vincenzo(PU).Il Senso e la Misura a cura di Roberta Ridolfi, Centro per le Arti Visive Pescheria, Pesaro.
Giovanni Termini Ha già partecipato a due collettive: "La regola del gioco 30x30x100", dicembre 2015. "Contemporanei italiani", dicembre 2016-gennaio 2017.
11
febbraio 2017
Giovanni Termini – Innesti
Dall'undici febbraio al 14 marzo 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA MEVANNUCCI
Pistoia, Via Della Provvidenza, 6, (Pistoia)
Pistoia, Via Della Provvidenza, 6, (Pistoia)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 9.00-12.30 e 16.00-19.30
Vernissage
11 Febbraio 2017, ore 18.00
Autore
Curatore