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Giulio Golinelli / Luca Guenzi – Il listino dei desideri
Guenzi e Golinelli ci propongono in questa bipersonale, ospitata negli spazi di nt art gallery, l’interpretazione di un tema comune ad entrambi, trattato però con tecniche diverse: con i pennelli l’uno e con il software l’altro
Comunicato stampa
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Guenzi e Golinelli ci propongono in questa bipersonale, ospitata negli spazi di nt art gallery, l’interpretazione di un tema comune ad entrambi, trattato però con tecniche diverse: con i pennelli l’uno e con il software l’altro.
La tradizione della pittura si incontra con la tecnologia più avanzata per mostrarci un universo fatto di desideri. Sono i desideri che la società ci impone e che a pieno titolo si rispecchia con il mondo estetico e perturbante delle vetrine dei negozi.
“Guenzi gioca con gli umori del trompe l’oeil, inganna l’occhio con un presente che gronda di ricordi. È lunga la teoria dei suoi resoconti, quel raccontare gradevole e quel senso discreto di ingannare l’occhio fino ad annotazioni dove la psicologia si associa al costume[…] La vetrina, per l’artista, è un doppio dove il linguaggio degli oggetti si fa eco degli sguardi[…]È tra le vie di Bologna che Guenzi individua i soggetti ispiratori di tanti lavori. ”
“Golinelli dice di aver voluto realizzare qualcosa visto con gli occhi di un bambino, un mondo immaginato e raccontato senza i filtri e le remore che ossidano la mente di un adulto[…]Combinando uno stretto rapporto fra estetica e tecnica, ha immaginato – o ricreato – un viaggio su un trenino, di quelli che attraversano le terre dello stupore infantile e le stazioni senza ritorno dei grandi. Il racconto comincia dunque da un negozio di giocattoli…”
Dal testo critico, inserito in catalogo, di Franco Basile.
Luca Guenzi espone 24 oli su tavola di piccole dimesioni.
Giulio Golinelli ci propone, in questa sua prima mostra, una videoinstallazione animata in 3D e 5 oli digitali stampati su tela (pezzi unici).
Il listino dei desideri
Nel paesaggio urbano le vetrine si srotolano come un filo di cristallo. Neon, luci colorate, lampade alogene, manichini, frammenti di vita comune nelle strade, riverberi di suggestioni trasmesse da poliversi inviti. Nelle vetrine ogni desiderio è illuminato mentre le cose vengono chiamate a deporre nel tribunale del gusto e degli effetti allusivi. Abiti, profumi, alimenti, gioielli; si apre la porta di un universo trasparente e il sogno lievita, diventa immaginazione, si trasforma in gioco e di nuovo in desiderio, e così via, come se il gioco non potesse mai esaurirsi. Luca Guenzi e Giulio Golinelli seguono da tempo la trama di questo film. Osservando il filo di cristallo che annoda balenii molteplici nonchè memorie impregnate di sguardi, di odori e suoni, di cose toccate o sfiorate dal pensiero, hanno deciso di trascrivere – come cancellieri di un tribunale dei sogni – gli effetti dei desideri che si riflettono nelle vetrine. Con balzi ariosi dell’invenzione raccontano di una realtà che si trucca col colore e con il computer, quindi mettono in risalto un impianto scenico al di là del quale i sogni si accompagnano al listino dei prezzi. Guenzi e Golinelli trattano lo stesso tema con tecniche diverse: con i pennelli l’uno con il software l’altro.
Quello dove si muovono i due non è uno spazio ostinatamente fantasmatico anche se talvolta attraversato dall’effimero. Viaggiando tra le vetrine, seguendo la scia delle proposte, annotando il flusso delle mode, finiscono per diventare essi stessi quei luoghi, essi e tutto quello che descrivono, senza aver rapporti diretti con la gente, semplicemente specchiandosi nei molteplici influssi di un desiderio ricostruito per eludere ciò che viene conosciuto come funzionalismo senz’anima e razionalismo senza immaginazione di un momento troppo concettualizzato. Luca Guenzi gioca con gli umori del trompe l’oeil, inganna l’occhio con un presente che gronda ricordi. E’ lunga la teoria dei suoi resoconti, quel raccontare gradevole e quel senso discreto di ingannare l’occhio fino ad annotazioni dove la psicologia si associa al costume. Quello frequentato da Guenzi è un mondo appuntato con i toni di uno stupito affetto sebbene l’indagine si accompagni a momenti di esistenziale riflessione. E nella minuziosa trascrizione delle cose incontrate lungo itinerari del tutto personali, la realtà viene traslata con puntiglio, quasi a voler confondere la mente con artifizi che, nel rifuggire la dimensione aneddotica e la rappresentazione di genere, dimostrano un impianto compositivo che, per contrasto, conferisce il massimo di evidenza ai soggetti. La vetrina, per l’artista, è un doppio dove il linguaggio degli oggetti si fa eco degli sguardi. Il quadro, ricorda Guenzi, è una domanda rivolta al mondo interiore di cui le cose sono un emblema. Per cui dipingere è anche un modo-espediente per riappropriarsi di una dimensione perduta, e l’opera una risposta a chi, tra segni infebbrati dall’illusione, si arrampica lungo la scala dei sogni.
Per anni Guenzi, assieme a Golinelli, ha elaborato elementi architettonici fittizi da unire a quelli reali. Ha realizzato trompe l’oeil in dimore da nobilitare con statue e colonnati immateriali, ha affrescato sedi pubbliche e creato paesaggi in palazzi principeschi delineando sentieri diretti a un orizzonte indefinito. Ha viaggiato un po’ ovunque, è riuscito a proiettare cento e cento idee su pareti grandi come schermi cinematografici: pareti calcinate dal pensiero di qualche committente che nella estensione pittorica ha trovato, nell’inganno, l’affermazione di un dettato onirico. Ora Guenzi traduce i sogni che si trasmettono da una vetrina all’altra. Non più grandi pareti, ma tele ridotte, una sorta di reazione all’iperestensione del gesto. Per questo la visione si è fatta raccolta, come assicurata in un piccolo scrigno di sensazioni quasi a condensare i moti dell’animo provati specchiando le proprie emozioni nei cristalli dei negozi.
“L’esperienza di occhi vissuti…” recita il titolo di un recentissimo lavoro dove la trasparenza della vetrina sembra rimbalzare in quella di un gruppo di bicchieri. Oppure “Andante con moto leggero”, con l’andante ispirato a parti di strumenti musicali mentre il moto leggero è suggerito da una vecchia bicicletta. Nell’esercizio dell’artista c’è un fare che porta lontano, alla filigrana di un tempo in cui la tecnica non era un optional. Osservando lavori dove il senso della minuzia si unisce agli effetti luministici di composizioni prossime alla natura morta, vien fatto di evocare tratti di Lubin Baugin, tardo cantore del manierismo emiliano, nonché la ricercatezza segnica dimostrata da Cornelis Norbertus Gijsbrechts nel realizzare dipinti come la “Bacheca per lettere”. E’ tra le vie di Bologna che Guenzi individua i soggetti ispiratori di tanti lavori. La pellicola di vetro che avvolge sogni e illusioni tocca ogni punto della città, e ogni vetrina segue un copione invariabilmente affidato al bisogno e a chi vuole tenersi aggiornato. Come un cronista degli ultimi arrivi, delle nuove tendenze e delle curiosità, il pittore svolge resoconti fedeli alla realtà senza però scadere in un esasperato tecnicismo, come invece succede a quegli specialisti che si compiacciono di manifestare il proprio virtuosismo. Seguiamo dunque le tracce lasciate dall’artista, tracce che sono note di una vita. Il presente, si diceva, gronda ricordi. Guenzi incontra la quotidianità in angoli carichi di anni, ritrova parte della propria fanciullezza in un camion di latta e da un cartolaio che ha ancora cannette e pennini. Oppure, in un negozietto un po’ nascosto, individua linee di tempo avvolte in gomitoli di corda, quindi in una drogheria s’incanta nel succedersi pop di scatole e bombolette, in un affastellarsi di spray contro le zanzare e di veleno per topi. Le vetrine riflettono tutto, il materiale non manca perché il pittore possa esercitare il diritto di fantasticare, di stupirsi, di dipingere soggetti che la mente elabora come un piacevole inganno, e che l’occhio inquadra come una realtà da riscoprire.
Anche Giulio Golinelli si avventura lungo la striscia di cristallo che fascia case e palazzi per raccogliere sensazioni che, nello svolgimento creativo, si traducono in riflessioni surreali. Proseguendo un percorso che ha preso l’avvio con quadri digitali conseguenti a riflessioni su vetrine di espressione poliversa, il processo segue un iter che va dall’ideazione alla progettazione, dalla realizzazione all’esposizione. Golinelli dice di aver voluto realizzare qualcosa visto con gli occhi di un bambino, un mondo cioè immaginato e raccontato senza i filtri e le remore che ossidano la mente di un adulto. E anche questo è un gioco, un modo per ripercorrere il tempo confrontandosi con il presente. Che cosa vedono gli occhi di un bambino, se non i colori, le figure che si muovono, e tutti gli universi attraversati da luci e magie, e tutta la popolazione che anima un negozio di giocattoli? Combinando uno stretto rapporto fra estetica e tecnica Golinelli ha immaginato – o ricreato – un viaggio su un trenino, di quelli che attraversano le terre dello stupore infantile e le stazioni senza ritorno dei grandi. Il racconto comincia dunque da un negozio di giocattoli con immagini che si muovono e che, assemblate ad altre, esercitano un effetto tridimensionale. Tra rifrazione, composizione, soggetti animati e sovrapposizione di immagini, Golinelli ha creato l’illusione del vero e del movimento. La “relazione” dell’artista riporta così a momenti vissuti a contatto con la realtà scenica delle vetrine ma anche a situazioni legate alla semplice ferialità del tempo e delle strade. Dunque immagini diverse le quali, combinate tra loro, costituiscono un altro inganno per chi le guarda in quanto fanno pensare ad un’unica sequenza filmata. Oltre ad una serie di quadri digitali Golinelli ha realizzato una videonstallazione, quasi una scultura che incorpora un monitor da cui si può seguire una storia dove la fantasia accende l’anima robotizzata della tecnica e dove un trenino viaggia seguendo gli orari stabiliti da un pennello chiamato “mouse”.
Franco Basile
La tradizione della pittura si incontra con la tecnologia più avanzata per mostrarci un universo fatto di desideri. Sono i desideri che la società ci impone e che a pieno titolo si rispecchia con il mondo estetico e perturbante delle vetrine dei negozi.
“Guenzi gioca con gli umori del trompe l’oeil, inganna l’occhio con un presente che gronda di ricordi. È lunga la teoria dei suoi resoconti, quel raccontare gradevole e quel senso discreto di ingannare l’occhio fino ad annotazioni dove la psicologia si associa al costume[…] La vetrina, per l’artista, è un doppio dove il linguaggio degli oggetti si fa eco degli sguardi[…]È tra le vie di Bologna che Guenzi individua i soggetti ispiratori di tanti lavori. ”
“Golinelli dice di aver voluto realizzare qualcosa visto con gli occhi di un bambino, un mondo immaginato e raccontato senza i filtri e le remore che ossidano la mente di un adulto[…]Combinando uno stretto rapporto fra estetica e tecnica, ha immaginato – o ricreato – un viaggio su un trenino, di quelli che attraversano le terre dello stupore infantile e le stazioni senza ritorno dei grandi. Il racconto comincia dunque da un negozio di giocattoli…”
Dal testo critico, inserito in catalogo, di Franco Basile.
Luca Guenzi espone 24 oli su tavola di piccole dimesioni.
Giulio Golinelli ci propone, in questa sua prima mostra, una videoinstallazione animata in 3D e 5 oli digitali stampati su tela (pezzi unici).
Il listino dei desideri
Nel paesaggio urbano le vetrine si srotolano come un filo di cristallo. Neon, luci colorate, lampade alogene, manichini, frammenti di vita comune nelle strade, riverberi di suggestioni trasmesse da poliversi inviti. Nelle vetrine ogni desiderio è illuminato mentre le cose vengono chiamate a deporre nel tribunale del gusto e degli effetti allusivi. Abiti, profumi, alimenti, gioielli; si apre la porta di un universo trasparente e il sogno lievita, diventa immaginazione, si trasforma in gioco e di nuovo in desiderio, e così via, come se il gioco non potesse mai esaurirsi. Luca Guenzi e Giulio Golinelli seguono da tempo la trama di questo film. Osservando il filo di cristallo che annoda balenii molteplici nonchè memorie impregnate di sguardi, di odori e suoni, di cose toccate o sfiorate dal pensiero, hanno deciso di trascrivere – come cancellieri di un tribunale dei sogni – gli effetti dei desideri che si riflettono nelle vetrine. Con balzi ariosi dell’invenzione raccontano di una realtà che si trucca col colore e con il computer, quindi mettono in risalto un impianto scenico al di là del quale i sogni si accompagnano al listino dei prezzi. Guenzi e Golinelli trattano lo stesso tema con tecniche diverse: con i pennelli l’uno con il software l’altro.
Quello dove si muovono i due non è uno spazio ostinatamente fantasmatico anche se talvolta attraversato dall’effimero. Viaggiando tra le vetrine, seguendo la scia delle proposte, annotando il flusso delle mode, finiscono per diventare essi stessi quei luoghi, essi e tutto quello che descrivono, senza aver rapporti diretti con la gente, semplicemente specchiandosi nei molteplici influssi di un desiderio ricostruito per eludere ciò che viene conosciuto come funzionalismo senz’anima e razionalismo senza immaginazione di un momento troppo concettualizzato. Luca Guenzi gioca con gli umori del trompe l’oeil, inganna l’occhio con un presente che gronda ricordi. E’ lunga la teoria dei suoi resoconti, quel raccontare gradevole e quel senso discreto di ingannare l’occhio fino ad annotazioni dove la psicologia si associa al costume. Quello frequentato da Guenzi è un mondo appuntato con i toni di uno stupito affetto sebbene l’indagine si accompagni a momenti di esistenziale riflessione. E nella minuziosa trascrizione delle cose incontrate lungo itinerari del tutto personali, la realtà viene traslata con puntiglio, quasi a voler confondere la mente con artifizi che, nel rifuggire la dimensione aneddotica e la rappresentazione di genere, dimostrano un impianto compositivo che, per contrasto, conferisce il massimo di evidenza ai soggetti. La vetrina, per l’artista, è un doppio dove il linguaggio degli oggetti si fa eco degli sguardi. Il quadro, ricorda Guenzi, è una domanda rivolta al mondo interiore di cui le cose sono un emblema. Per cui dipingere è anche un modo-espediente per riappropriarsi di una dimensione perduta, e l’opera una risposta a chi, tra segni infebbrati dall’illusione, si arrampica lungo la scala dei sogni.
Per anni Guenzi, assieme a Golinelli, ha elaborato elementi architettonici fittizi da unire a quelli reali. Ha realizzato trompe l’oeil in dimore da nobilitare con statue e colonnati immateriali, ha affrescato sedi pubbliche e creato paesaggi in palazzi principeschi delineando sentieri diretti a un orizzonte indefinito. Ha viaggiato un po’ ovunque, è riuscito a proiettare cento e cento idee su pareti grandi come schermi cinematografici: pareti calcinate dal pensiero di qualche committente che nella estensione pittorica ha trovato, nell’inganno, l’affermazione di un dettato onirico. Ora Guenzi traduce i sogni che si trasmettono da una vetrina all’altra. Non più grandi pareti, ma tele ridotte, una sorta di reazione all’iperestensione del gesto. Per questo la visione si è fatta raccolta, come assicurata in un piccolo scrigno di sensazioni quasi a condensare i moti dell’animo provati specchiando le proprie emozioni nei cristalli dei negozi.
“L’esperienza di occhi vissuti…” recita il titolo di un recentissimo lavoro dove la trasparenza della vetrina sembra rimbalzare in quella di un gruppo di bicchieri. Oppure “Andante con moto leggero”, con l’andante ispirato a parti di strumenti musicali mentre il moto leggero è suggerito da una vecchia bicicletta. Nell’esercizio dell’artista c’è un fare che porta lontano, alla filigrana di un tempo in cui la tecnica non era un optional. Osservando lavori dove il senso della minuzia si unisce agli effetti luministici di composizioni prossime alla natura morta, vien fatto di evocare tratti di Lubin Baugin, tardo cantore del manierismo emiliano, nonché la ricercatezza segnica dimostrata da Cornelis Norbertus Gijsbrechts nel realizzare dipinti come la “Bacheca per lettere”. E’ tra le vie di Bologna che Guenzi individua i soggetti ispiratori di tanti lavori. La pellicola di vetro che avvolge sogni e illusioni tocca ogni punto della città, e ogni vetrina segue un copione invariabilmente affidato al bisogno e a chi vuole tenersi aggiornato. Come un cronista degli ultimi arrivi, delle nuove tendenze e delle curiosità, il pittore svolge resoconti fedeli alla realtà senza però scadere in un esasperato tecnicismo, come invece succede a quegli specialisti che si compiacciono di manifestare il proprio virtuosismo. Seguiamo dunque le tracce lasciate dall’artista, tracce che sono note di una vita. Il presente, si diceva, gronda ricordi. Guenzi incontra la quotidianità in angoli carichi di anni, ritrova parte della propria fanciullezza in un camion di latta e da un cartolaio che ha ancora cannette e pennini. Oppure, in un negozietto un po’ nascosto, individua linee di tempo avvolte in gomitoli di corda, quindi in una drogheria s’incanta nel succedersi pop di scatole e bombolette, in un affastellarsi di spray contro le zanzare e di veleno per topi. Le vetrine riflettono tutto, il materiale non manca perché il pittore possa esercitare il diritto di fantasticare, di stupirsi, di dipingere soggetti che la mente elabora come un piacevole inganno, e che l’occhio inquadra come una realtà da riscoprire.
Anche Giulio Golinelli si avventura lungo la striscia di cristallo che fascia case e palazzi per raccogliere sensazioni che, nello svolgimento creativo, si traducono in riflessioni surreali. Proseguendo un percorso che ha preso l’avvio con quadri digitali conseguenti a riflessioni su vetrine di espressione poliversa, il processo segue un iter che va dall’ideazione alla progettazione, dalla realizzazione all’esposizione. Golinelli dice di aver voluto realizzare qualcosa visto con gli occhi di un bambino, un mondo cioè immaginato e raccontato senza i filtri e le remore che ossidano la mente di un adulto. E anche questo è un gioco, un modo per ripercorrere il tempo confrontandosi con il presente. Che cosa vedono gli occhi di un bambino, se non i colori, le figure che si muovono, e tutti gli universi attraversati da luci e magie, e tutta la popolazione che anima un negozio di giocattoli? Combinando uno stretto rapporto fra estetica e tecnica Golinelli ha immaginato – o ricreato – un viaggio su un trenino, di quelli che attraversano le terre dello stupore infantile e le stazioni senza ritorno dei grandi. Il racconto comincia dunque da un negozio di giocattoli con immagini che si muovono e che, assemblate ad altre, esercitano un effetto tridimensionale. Tra rifrazione, composizione, soggetti animati e sovrapposizione di immagini, Golinelli ha creato l’illusione del vero e del movimento. La “relazione” dell’artista riporta così a momenti vissuti a contatto con la realtà scenica delle vetrine ma anche a situazioni legate alla semplice ferialità del tempo e delle strade. Dunque immagini diverse le quali, combinate tra loro, costituiscono un altro inganno per chi le guarda in quanto fanno pensare ad un’unica sequenza filmata. Oltre ad una serie di quadri digitali Golinelli ha realizzato una videonstallazione, quasi una scultura che incorpora un monitor da cui si può seguire una storia dove la fantasia accende l’anima robotizzata della tecnica e dove un trenino viaggia seguendo gli orari stabiliti da un pennello chiamato “mouse”.
Franco Basile
30
giugno 2005
Giulio Golinelli / Luca Guenzi – Il listino dei desideri
Dal 30 giugno al 28 luglio 2005
arte contemporanea
Location
NT ART GALLERY
Bologna, Via Michelino, 33, (Bologna)
Bologna, Via Michelino, 33, (Bologna)
Orario di apertura
10,00 – 13,00 / 16,00 – 19,30 lunedi e domenica su appuntamento
Vernissage
30 Giugno 2005, ore 18.30
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