Il titolo della mostra, ricalcato su quello dell'opera che Plutarco scrisse nel I secolo d. C., rimanda alla natura in senso lato classica - cioè tendenzialmente atemporale ed esemplare - del lavoro dell'artista, ma suggerisce anche l'idea che le opere di Bocelli, in apparenza realistiche, si situino su di un piano parallelo alla realtà. I volti plasmati dall'artista non sono infatti dei ritratti, neppure quando risultano molto fedeli all'originale, ma manifestazioni di un'esistenza interiore "non ufficiale", anzi collaterale alla vita ordinaria ed equidistante da essa. Questa interiorità, che noi generalmente consideriamo virtuosa, per l'artista sembra essere un luogo soprattutto connotato da inerzia e malinconia: i due stati d'animo che promanano da tutte le sculture.