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Gregorio Prieto e la fotografia
Il pittore Gregorio Prieto (Valdepeñas, 1897-1992) non tenne mai tra le mani una
macchina fotografica. Tuttavia, per tutta la vita si sentì attratto dalla capacità di questo mezzo
per immortalare se stesso.
Comunicato stampa
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Il pittore Gregorio Prieto (Valdepeñas, 1897-1992) non tenne mai tra le mani una
macchina fotografica. Tuttavia, per tutta la vita si sentì attratto dalla capacità di questo mezzo
per immortalare se stesso. Se ne servì per elaborare una sorta di biografia immaginaria,
facendosi fotografare in una varietà di pose all’interno di scenari belli e inquietanti che
rivelavano la sua profonda ammirazione per l’arte greca e latina e la sua personale
interpretazione dell’avanguardia europea.
Frequentando i grandi poeti della generazione del ’27, il giovane Gregorio Prieto si formò
presso la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando prima di proseguire gli studi a
Parigi e, più tardi, come pensionado in pittura di paesaggio, presso l’Accademia di Spagna a
Roma, durante il periodo 1928-1933. Fu nella capitale italiana che emerse la sua passione per
la fotografia, a seguito dell’amicizia con un altro borsista in pittura, Eduardo Chicharro
Briones, fotografo amatoriale che lo supportava negli aspetti tecnici e con cui concepì le
immagini avanguardiste che fanno parte della prima fase del suo lavoro fotografico.
In questo periodo, gli anni in cui venne proclamata in Spagna la Seconda Repubblica e
Miguel Blay e Ramón María del Valle-Inclán furono direttori dell’Accademia di Roma,
Gregorio Prieto seppe approfittare del lassismo dei loro mandati per elaborare un ampio
catalogo di autoritratti scattati all’interno della stessa istituzione. Fu guidato da uno spirito
ludico e onirico, affine al movimento surrealista che aveva conosciuto a Parigi. Protetto da
questa libertà creativa, il carattere provocatorio delle immagini poetiche realizzate insieme a
Chicharro fu la ragione per cui molte di esse rimasero inedite mentre l’artista era ancora in vita.
Marinai e statue a Roma
Negli anni di soggiorno romano di Gregorio Prieto, mentre da Parigi il Surrealismo capeggiava
i movimenti d’avanguardia europei, in Accademia si promuoveva il rispetto e l’imitazione dei
maestri classici. Tuttavia, Prieto seppe cogliere le occasioni offerte dai viaggi obbligatori
previsti dal regolamento del pensionado per conoscere le correnti artistiche più moderne, e
contemporaneamente visitare in loco le rovine greco-latine che tanto ammirava.
Sentendosi egli stesso un marinaio, Gregorio Prieto intraprese diversi viaggi iniziatici a Parigi
e soprattutto in Grecia, dove poté ammirare i magnifici bronzi e le statue “scarnificate da
secoli di sadismo”, nelle parole dell’amico Vicente Aleixandre. Da questi viaggi ritornava
all’Accademia carico di nuove esperienze estetiche per le sue fotografie. A Roma, con la sua
bruna e bronzea pelle risaltata dal biancore del vestito da marinaio, Prieto passeggiava tra le
logore statue classiche creando scene e visioni che infiammavano il suo animo poetico,
componendo così un percorso fotografico restio ai paragoni.
Esilio e ritorno in Spagna
Quando nell’estate del 1936 scoppiò la guerra in Spagna, Gregorio Prieto cercò rifugio a
Londra; all’epoca non poteva immaginare che per lui iniziava un esilio che sarebbe durato più
di undici anni, fino alla fine del 1947. In Inghilterra conobbe la dura vita dell’espatriato insieme
ad altri connazionali come il suo amico, lo sventurato poeta Luis Cernuda, con il quale
convisse più di due anni nel suo appartamento londinese.
Dovettero trascorrere quindici anni dalle fotografie scattate a Roma perché Gregorio Prieto,
un esiliato in là con gli anni e desideroso di ritornare in Spagna, si rimettesse davanti alla
macchina fotografica, per riprendere con rinnovata energia la sua segreta debolezza
narcisista. Questa volta, l’aspetto tecnico di cui il mancego fu sempre carente toccò allo
scultore anglo-ispano Fabio Barraclough, che partecipava con entusiasmo all’elaborazione
delle nuove fotografie. Alcune vennero scattate in Inghilterra e la maggior parte su suolo
spagnolo, ma, come era successo con la serie romana, a causa della loro scandalosa
modernità, non trovarono una facile pubblicazione nell’atmosfera reazionaria della dittatura.
Rimasero per lungo tempo inaccessibili al pubblico, pur venendo felicemente e segretamente
riassorbite nei collage dell’artista.
La rielaborazione finale degli autoritratti di Gregorio Prieto
Con il passare del tempo, ai ritratti fotografici di Gregorio Prieto a Roma, in Inghilterra e in
Spagna, si aggiunse un repertorio enciclopedico con il quale l’artista formò i sempre più
densi collage postisti e gli allucinati popares (adattamento nostrano della Pop-Art),
circondandosi delle forme classiche e religiose che lo sedussero sempre e, poco a poco, di
quasi tutto ciò che trasudasse una certa eternità, a volte confinando, in modo contraddittorio,
con il meramente famoso ed effimero.
La vitalità dei collage realizzati quando l’artista di Valdepeñas aveva superato i sessant’anni è
una prova dello spirito entusiasta che lo accompagnò per tutta la vita e che culminò nel 1990
con l’anelata inaugurazione del Museo a lui dedicato nella sua città natale. Nello stesso anno
venne nominato membro onorario dell’Academia de San Fernando, all’età di novantatre anni.
Sulla Fundación Gregorio Prieto
Venne costituita dal pittore stesso nella grotta-prigione di Cervantes, ad Argamasilla de Alba
(Castiglia-La Mancia, Spagna), il 13 marzo del 1968, tramite un documento notarile per il quale
rimase assegnata al Ministero de Educación y Ciencia, oggi Ministero della Cultura. È
riconosciuta dallo Stato come ente giuridico-privato con fini di interesse generale.
La Fundación Gregorio Prieto ha acquistato a Valdepeñas (Spagna) un’antica casa mancega
per situare il Museo della Fundación Gregorio Prieto, inaugurato da S.M. il Re Juan Carlos I, il
19 febbraio del 1990.
Nel 2018 celebra i cinquant’anni dalla sua creazione, ed è una delle fondazioni culturali
spagnole con più ampia traiettoria e storia.
macchina fotografica. Tuttavia, per tutta la vita si sentì attratto dalla capacità di questo mezzo
per immortalare se stesso. Se ne servì per elaborare una sorta di biografia immaginaria,
facendosi fotografare in una varietà di pose all’interno di scenari belli e inquietanti che
rivelavano la sua profonda ammirazione per l’arte greca e latina e la sua personale
interpretazione dell’avanguardia europea.
Frequentando i grandi poeti della generazione del ’27, il giovane Gregorio Prieto si formò
presso la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando prima di proseguire gli studi a
Parigi e, più tardi, come pensionado in pittura di paesaggio, presso l’Accademia di Spagna a
Roma, durante il periodo 1928-1933. Fu nella capitale italiana che emerse la sua passione per
la fotografia, a seguito dell’amicizia con un altro borsista in pittura, Eduardo Chicharro
Briones, fotografo amatoriale che lo supportava negli aspetti tecnici e con cui concepì le
immagini avanguardiste che fanno parte della prima fase del suo lavoro fotografico.
In questo periodo, gli anni in cui venne proclamata in Spagna la Seconda Repubblica e
Miguel Blay e Ramón María del Valle-Inclán furono direttori dell’Accademia di Roma,
Gregorio Prieto seppe approfittare del lassismo dei loro mandati per elaborare un ampio
catalogo di autoritratti scattati all’interno della stessa istituzione. Fu guidato da uno spirito
ludico e onirico, affine al movimento surrealista che aveva conosciuto a Parigi. Protetto da
questa libertà creativa, il carattere provocatorio delle immagini poetiche realizzate insieme a
Chicharro fu la ragione per cui molte di esse rimasero inedite mentre l’artista era ancora in vita.
Marinai e statue a Roma
Negli anni di soggiorno romano di Gregorio Prieto, mentre da Parigi il Surrealismo capeggiava
i movimenti d’avanguardia europei, in Accademia si promuoveva il rispetto e l’imitazione dei
maestri classici. Tuttavia, Prieto seppe cogliere le occasioni offerte dai viaggi obbligatori
previsti dal regolamento del pensionado per conoscere le correnti artistiche più moderne, e
contemporaneamente visitare in loco le rovine greco-latine che tanto ammirava.
Sentendosi egli stesso un marinaio, Gregorio Prieto intraprese diversi viaggi iniziatici a Parigi
e soprattutto in Grecia, dove poté ammirare i magnifici bronzi e le statue “scarnificate da
secoli di sadismo”, nelle parole dell’amico Vicente Aleixandre. Da questi viaggi ritornava
all’Accademia carico di nuove esperienze estetiche per le sue fotografie. A Roma, con la sua
bruna e bronzea pelle risaltata dal biancore del vestito da marinaio, Prieto passeggiava tra le
logore statue classiche creando scene e visioni che infiammavano il suo animo poetico,
componendo così un percorso fotografico restio ai paragoni.
Esilio e ritorno in Spagna
Quando nell’estate del 1936 scoppiò la guerra in Spagna, Gregorio Prieto cercò rifugio a
Londra; all’epoca non poteva immaginare che per lui iniziava un esilio che sarebbe durato più
di undici anni, fino alla fine del 1947. In Inghilterra conobbe la dura vita dell’espatriato insieme
ad altri connazionali come il suo amico, lo sventurato poeta Luis Cernuda, con il quale
convisse più di due anni nel suo appartamento londinese.
Dovettero trascorrere quindici anni dalle fotografie scattate a Roma perché Gregorio Prieto,
un esiliato in là con gli anni e desideroso di ritornare in Spagna, si rimettesse davanti alla
macchina fotografica, per riprendere con rinnovata energia la sua segreta debolezza
narcisista. Questa volta, l’aspetto tecnico di cui il mancego fu sempre carente toccò allo
scultore anglo-ispano Fabio Barraclough, che partecipava con entusiasmo all’elaborazione
delle nuove fotografie. Alcune vennero scattate in Inghilterra e la maggior parte su suolo
spagnolo, ma, come era successo con la serie romana, a causa della loro scandalosa
modernità, non trovarono una facile pubblicazione nell’atmosfera reazionaria della dittatura.
Rimasero per lungo tempo inaccessibili al pubblico, pur venendo felicemente e segretamente
riassorbite nei collage dell’artista.
La rielaborazione finale degli autoritratti di Gregorio Prieto
Con il passare del tempo, ai ritratti fotografici di Gregorio Prieto a Roma, in Inghilterra e in
Spagna, si aggiunse un repertorio enciclopedico con il quale l’artista formò i sempre più
densi collage postisti e gli allucinati popares (adattamento nostrano della Pop-Art),
circondandosi delle forme classiche e religiose che lo sedussero sempre e, poco a poco, di
quasi tutto ciò che trasudasse una certa eternità, a volte confinando, in modo contraddittorio,
con il meramente famoso ed effimero.
La vitalità dei collage realizzati quando l’artista di Valdepeñas aveva superato i sessant’anni è
una prova dello spirito entusiasta che lo accompagnò per tutta la vita e che culminò nel 1990
con l’anelata inaugurazione del Museo a lui dedicato nella sua città natale. Nello stesso anno
venne nominato membro onorario dell’Academia de San Fernando, all’età di novantatre anni.
Sulla Fundación Gregorio Prieto
Venne costituita dal pittore stesso nella grotta-prigione di Cervantes, ad Argamasilla de Alba
(Castiglia-La Mancia, Spagna), il 13 marzo del 1968, tramite un documento notarile per il quale
rimase assegnata al Ministero de Educación y Ciencia, oggi Ministero della Cultura. È
riconosciuta dallo Stato come ente giuridico-privato con fini di interesse generale.
La Fundación Gregorio Prieto ha acquistato a Valdepeñas (Spagna) un’antica casa mancega
per situare il Museo della Fundación Gregorio Prieto, inaugurato da S.M. il Re Juan Carlos I, il
19 febbraio del 1990.
Nel 2018 celebra i cinquant’anni dalla sua creazione, ed è una delle fondazioni culturali
spagnole con più ampia traiettoria e storia.
19
aprile 2018
Gregorio Prieto e la fotografia
Dal 19 aprile al 03 giugno 2018
fotografia
arte moderna e contemporanea
arte moderna e contemporanea
Location
REAL ACADEMIA DE ESPANA – ACCADEMIA REALE DI SPAGNA
Roma, Via Di San Pietro In Montorio, 3, (Roma)
Roma, Via Di San Pietro In Montorio, 3, (Roma)
Orario di apertura
Da martedi a domenica, dalle 10 alle 18
Vernissage
19 Aprile 2018, h 19.30
Autore
Curatore