In rapida successione Ilaria Forlini ha elaborato e predisposto in questi anni tre grandi cicli espressivi; se la ‘cruda terra’ prima e gli ‘strumenti di lavoro’ poi sottolineavano la centralità antropologica del binomio arte-vita, il nuovo ciclo di lavoro si fonda sulla centralità dei metalli nel percorso costruttivo dell’esperienza. Questi dati indicano che si tratta di un artista che caratterizza con intelligenza il proprio percorso attraverso la stretta relazione tra l’intuizione tematica e il contributo altro dei materiali di supporto; con il chiaro intento di distinguere l’azione creativa dai rischi dell’autoreferenzialità ed una introspezione esclusiva, sceglie di far vivere i processi di arricchimento e di scambio, di sostegno reciproco fra il territorio tematico scelto dalla sensibilità e “l’intelligenza delle cose” (Pierangelo Sequeri) e dei materiali, del loro contributo simbolico e di quel complesso di segrete emozioni di cui la materia è intrinseca.
“Flot-Heere” sposta dal duro confronto con la realtà dei primi cicli ad un pensiero che naviga, che fluttua nel tempo e nello spazio; la ‘barca’ appare soggetto simbolico della navigazione del pensiero nel paesaggio dell’esistenza interiore; piccoli piroscafi aggettanti, ma anche aeroplani ed un sottomarino navigano senza timore reverenziale in un mare di ruggine, sotto o dentro, in un cielo rosso fuoco, verde boschivo, giallo sole. Tutte le opere si caratterizzano dalla presenza attiva dello spazio nella configurazione di una superficie metallica e quindi dall’inserimento dialogante delle piccole sagome in stagno. Un ciclo di opere che conferma la forza del fare e dell’immaginare.