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Incidenti meta-fisici
Mostra fotografica
Comunicato stampa
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Questa manifestazione, curata da Adriano Perini per PHOTO-IMAGO, rappresenta il primo appuntamento con la fotografia del PRACC, Progetto Arte Contemporanea Carà.
Per questo motivo anche PHOTO-IMAGO, una delle tre associazioni che , assieme all’Amministrazione Comunale, hanno dato luogo al PRACC, Progetto Arte Contemporanea Carà, privilegia, nella sua prima manifestazione al Museo, l’espressione artistica proveniente dai territori contermini.
INCIDENTI META-FISICI infatti, accoglie quattro fotografi friulani accumunati, se non proprio dall’età anagrafica, al meno da quella psicologica. Quattro strade diverse tra loro, ma coerenti nella loro aderenza alle più recenti tensioni del sentire giovanile: un sentire che quasi mai trova riscontro nel sociale inteso come collettività, ma che fa del proprio essere il fulcro del pensiero dominante.
I lavoro di Claudia Degano, già ospite di Muggia nell’ormai lontano 1995, coerentemente prosegue l’esplorazione dei territori dell’ambiguità, inteso come progetto iconografico tendente ad analizzare i confini non solo tra la psiche maschile e quella femminile, ma anche sul piano più propriamente fisico. Nulla è definito, ma tutto è possibile in noi, come la contemporaneità ammette.
L’artista percorre un itinerario iconografico attraverso diversi momenti emozionali dei modelli che mettono in risalto ora una , ora l’altra componente del loro essere. Il movimento, la danza, resi attraverso un sapiente uso del mosso e dell’esposizione multipla, accentuano la fluidità tra il genere femminile e quello maschile, rendendo il tutto molto armonioso e naturale. L’uso sapiente di un profondo bianco e nero, lavorato tradizionalmente su pellicola e stampato in camera oscura, donano a questi lavori spessore e qualità, non più tanto usuali.
A riconfermare una sensibilità più femminile che maschile, una propensione introspettiva tendente a privilegiare il personale, forse per timidezza nei confronti della società o forse per una sottile vena di ben riposto narcisismo, ecco gli autoscatti di Alessandra Bontà, la più giovane dei quattro artisti friulani. Felice intuizione iconografica la sua che, come nella leggenda greca, fonde la propria immagine riflessa con quello che è, per antonomasia, il momento che dedichiamo alla cura di noi stessi. Anche contemporanea Venere che si rivela solo parzialmente al nostro sguardo uscendo dalle schiume non di Cipro, ma forse di una friulana vasca da idromassaggio. Il lavoro di Alessandra comunque, basato sul riflesso della propria immagine e non sull’immagine stessa, in una sorta di moltiplicazione perpetuata, percorre le strade dell’ambiguità, non nel senso del genere che qui è dichiarato senza alcun dubbio, ma in quelle del conflitto tra soggettività ed oggettività.
Concetto portante anche del lavoro fotografico di Stefano Tubaro, autore ormai noto da anni per le sue esplorazioni cromatiche, che gioca su vari piani intersecanti tra di loro. Sicuramente concettuale per l’approccio creativo, l’artista si avvale di rigorose tecniche analogiche che, all’apparenza, sembrano frutto di operazioni da photo-shop. Stefano ne fa un punto d’orgoglio nel costruire assai faticosamente le sue composizioni, frutto anche nel suo caso di scatti multipli e mascherature in fase di ripresa, ove ognuno di essi viene realizzato usando fonti luminose di differente cromia. Anche il suo lavoro, come quello delle due artiste precedenti, è caratterizzato da una diffusa ambiguità che, oltre ad operare sul già menzionato terreno tecnico, si estrinseca sul piano del valore e dell’irrilevanza degli oggetti ritratti; oggetti simbolo e comuni a tutte le civiltà più arcaiche, alle tradizioni popolari o religiose come la tegola, la conchiglia, il coltello, la candela, il libro, tutti oggetti dall’altissimo valore concreto e simbolico al contempo, ma di diverso valore nella contemporaneità. La realizzazione di queste immagini, intitolate Controfigure, coinvolge l’artista anche nella funzione di attore sulla scena, in quanto costretto ad abbandonare la ripresa durante i tempi di posa lunghissimi per operare con le fonti luminose con le quali va dipingere parti degli oggetti ritratti.
Altro è sicuramente il lavoro fotografico che scaturisce dalla mente di Walter Criscuoli, più letterario e filosofico. “Lontani dallo stesso cielo” è il titolo di quest’unica opera di Walter, in realtà costituita da 128 stampe digitali ampiamente lavorate al computer e non, successivamente accostate l’una all’altra in modo da creare un unicum. Il filo della ricerca dell’artista si snoda lungo il suo interesse per il ritratto che, in questo caso più che fotografico è filosofico, perde contorno ed identità, e come scrive Roberto Casati nel suo “Il caso Wassermann ed altri incidenti metafisici”, da cui il titolo di tutta questa rassegna, lo spazio non ha esterni e l’ambiente è costituito da un susseguirsi infinito di stanze le cui porte si dispongono su un solo asse, in successioni dove l’occhio si perde. Walter non riproduce lo spazio dorico descritto da Casati, ma lo reinterpreta utilizzando per i suoi ritratti uno spazio comunque angusto, con pareti incombenti e spesso senza soffitto, ma con talvolta piccole finestre affacciate su un cielo azzurro dai confini che percepisci immensi.
Il paesaggio mentale del filosofo, così opportunamente ricreato da Walter Criscuoli, è caratterizzato dall’immaginazione quale componente essenziale di questo esercizio che spesso si accompagna ad un’impressione di solitudine sconfinata. La finestra aperta sull’infinito rappresenta le potenzialità della mente umana e l’incognita che si deve essere disposti ad accettare quando si ipotizzano mondi e paesaggi mentali costruiti.
Le immagini degli sfondi sono completamente create al computer mentre i ritratti sono reali, ma rimescolati digitalmente per alterarne i lineamenti e perdere l’originaria identità; l’artista ha quindi operato certosinamente su ogni singola stampa con micro abrasioni per accentuare ulteriormente lo scombinamento dei tratti somatici dei personaggi ritratti.
Per questo motivo anche PHOTO-IMAGO, una delle tre associazioni che , assieme all’Amministrazione Comunale, hanno dato luogo al PRACC, Progetto Arte Contemporanea Carà, privilegia, nella sua prima manifestazione al Museo, l’espressione artistica proveniente dai territori contermini.
INCIDENTI META-FISICI infatti, accoglie quattro fotografi friulani accumunati, se non proprio dall’età anagrafica, al meno da quella psicologica. Quattro strade diverse tra loro, ma coerenti nella loro aderenza alle più recenti tensioni del sentire giovanile: un sentire che quasi mai trova riscontro nel sociale inteso come collettività, ma che fa del proprio essere il fulcro del pensiero dominante.
I lavoro di Claudia Degano, già ospite di Muggia nell’ormai lontano 1995, coerentemente prosegue l’esplorazione dei territori dell’ambiguità, inteso come progetto iconografico tendente ad analizzare i confini non solo tra la psiche maschile e quella femminile, ma anche sul piano più propriamente fisico. Nulla è definito, ma tutto è possibile in noi, come la contemporaneità ammette.
L’artista percorre un itinerario iconografico attraverso diversi momenti emozionali dei modelli che mettono in risalto ora una , ora l’altra componente del loro essere. Il movimento, la danza, resi attraverso un sapiente uso del mosso e dell’esposizione multipla, accentuano la fluidità tra il genere femminile e quello maschile, rendendo il tutto molto armonioso e naturale. L’uso sapiente di un profondo bianco e nero, lavorato tradizionalmente su pellicola e stampato in camera oscura, donano a questi lavori spessore e qualità, non più tanto usuali.
A riconfermare una sensibilità più femminile che maschile, una propensione introspettiva tendente a privilegiare il personale, forse per timidezza nei confronti della società o forse per una sottile vena di ben riposto narcisismo, ecco gli autoscatti di Alessandra Bontà, la più giovane dei quattro artisti friulani. Felice intuizione iconografica la sua che, come nella leggenda greca, fonde la propria immagine riflessa con quello che è, per antonomasia, il momento che dedichiamo alla cura di noi stessi. Anche contemporanea Venere che si rivela solo parzialmente al nostro sguardo uscendo dalle schiume non di Cipro, ma forse di una friulana vasca da idromassaggio. Il lavoro di Alessandra comunque, basato sul riflesso della propria immagine e non sull’immagine stessa, in una sorta di moltiplicazione perpetuata, percorre le strade dell’ambiguità, non nel senso del genere che qui è dichiarato senza alcun dubbio, ma in quelle del conflitto tra soggettività ed oggettività.
Concetto portante anche del lavoro fotografico di Stefano Tubaro, autore ormai noto da anni per le sue esplorazioni cromatiche, che gioca su vari piani intersecanti tra di loro. Sicuramente concettuale per l’approccio creativo, l’artista si avvale di rigorose tecniche analogiche che, all’apparenza, sembrano frutto di operazioni da photo-shop. Stefano ne fa un punto d’orgoglio nel costruire assai faticosamente le sue composizioni, frutto anche nel suo caso di scatti multipli e mascherature in fase di ripresa, ove ognuno di essi viene realizzato usando fonti luminose di differente cromia. Anche il suo lavoro, come quello delle due artiste precedenti, è caratterizzato da una diffusa ambiguità che, oltre ad operare sul già menzionato terreno tecnico, si estrinseca sul piano del valore e dell’irrilevanza degli oggetti ritratti; oggetti simbolo e comuni a tutte le civiltà più arcaiche, alle tradizioni popolari o religiose come la tegola, la conchiglia, il coltello, la candela, il libro, tutti oggetti dall’altissimo valore concreto e simbolico al contempo, ma di diverso valore nella contemporaneità. La realizzazione di queste immagini, intitolate Controfigure, coinvolge l’artista anche nella funzione di attore sulla scena, in quanto costretto ad abbandonare la ripresa durante i tempi di posa lunghissimi per operare con le fonti luminose con le quali va dipingere parti degli oggetti ritratti.
Altro è sicuramente il lavoro fotografico che scaturisce dalla mente di Walter Criscuoli, più letterario e filosofico. “Lontani dallo stesso cielo” è il titolo di quest’unica opera di Walter, in realtà costituita da 128 stampe digitali ampiamente lavorate al computer e non, successivamente accostate l’una all’altra in modo da creare un unicum. Il filo della ricerca dell’artista si snoda lungo il suo interesse per il ritratto che, in questo caso più che fotografico è filosofico, perde contorno ed identità, e come scrive Roberto Casati nel suo “Il caso Wassermann ed altri incidenti metafisici”, da cui il titolo di tutta questa rassegna, lo spazio non ha esterni e l’ambiente è costituito da un susseguirsi infinito di stanze le cui porte si dispongono su un solo asse, in successioni dove l’occhio si perde. Walter non riproduce lo spazio dorico descritto da Casati, ma lo reinterpreta utilizzando per i suoi ritratti uno spazio comunque angusto, con pareti incombenti e spesso senza soffitto, ma con talvolta piccole finestre affacciate su un cielo azzurro dai confini che percepisci immensi.
Il paesaggio mentale del filosofo, così opportunamente ricreato da Walter Criscuoli, è caratterizzato dall’immaginazione quale componente essenziale di questo esercizio che spesso si accompagna ad un’impressione di solitudine sconfinata. La finestra aperta sull’infinito rappresenta le potenzialità della mente umana e l’incognita che si deve essere disposti ad accettare quando si ipotizzano mondi e paesaggi mentali costruiti.
Le immagini degli sfondi sono completamente create al computer mentre i ritratti sono reali, ma rimescolati digitalmente per alterarne i lineamenti e perdere l’originaria identità; l’artista ha quindi operato certosinamente su ogni singola stampa con micro abrasioni per accentuare ulteriormente lo scombinamento dei tratti somatici dei personaggi ritratti.
29
giugno 2007
Incidenti meta-fisici
Dal 29 giugno al 28 luglio 2007
fotografia
Location
MUSEO D’ARTE MODERNA UGO CARA’
Muggia, Via Roma, 9, (Trieste)
Muggia, Via Roma, 9, (Trieste)
Orario di apertura
Dal martedì al sabato dalle ore 17.00 alle ore 19.00; il giovedì dalle 10.00 alle 12.00
Vernissage
29 Giugno 2007, ore 20
Sito web
www.photoimago.com
Autore
Curatore