Ecco forzato, volutamente, lo scrigno dell'arte, della poesia, della pratica estetica in genere sommo: quando avviene quest'atto, là dentro troviamo, stupiti, la terra. Quell'appezzamento ben definito avrebbe, per l'appunto, necessità d'una chiave per spalancarne, semmai, i cancelli. Non può, tuttavia, un proprietario soltanto entrarci a comando, a richiesta nemmeno. L'invito è condizione, misura come in amore, la dedizione: equilibrio dibattito. Per sciogliere il colmo, diluire il possesso che galleggia a fior d'acqua, luminoso specchio d'un pozzo, ci basterebbe lo sfiato di un'apertura, d'un interstizio. Avvenuto lo scasso, la piega, che si viene a creare, è una faglia. In quanto posizione ideazione: forza in potenza gestita che incanala un vettore da perdersi, da ritrovarsi. Sotto, sta la falda maggiore, la scaturigine della sorgente.
Quindi, a Santa Caterina, frazione di Rocca d'Arazzo, nel mese d'aprile del Monferrato, si tenta, da rabdomanti, d'ascoltare la cava pulsante, l'arteria che batte da levante a occidente, per incontrare insieme gli eventi, farne corrente. Da nomadi, a tempo, render stanziali alcuni segmenti di vita, frammenti di trama, tracce d'ordito. Racconto, memoria, leggenda, poesia e immagine tutta si stringono. Sarà movimento, per poco che sia. Una mostra, una serie di scatti – visione –, pagine di storie incontrate per caso o famose per noi, biblioteca e passaggio da bocca a parola – discorso e intuizione –, la stretta di mano e la cena, la taverna e la grotta – destino percorso –. Locus amoenus, la via è già più d'un tratto, l'aia ci accoglie. Siam giunti: ora la casa è più bella, la corte ci abbraccia.

Ivan Fassio