Travalica il valore e il significato squisitamente artistici, per quanto in questo senso sia già notevole in virtù delle prestigiose presenze che vi sono comprese, la mostra ideata e organizzata da Mimma Massone a Bergamo. La sua portata ideale, difatti, investe una tematica dì grande rilevanza, non da oggi, in Italia, poiché sollecita una riflessione sul complesso dei beni materiali e spirituali su cui si fondano la nostra storia e la nostra cultura. Ossia quel che siamo qui e ora.

Certo non è trascurabile il ventaglio di artisti qui convenuti, e spiace che la brevità della presente nota non consenta neppure un cenno alle singole personalità. Basti ricordare che ciascun artista, nella specificità del proprio linguaggio, porta un segno o, meglio, un trasfigurato frammento dell'inscindibile continuum, una visionaria tessera del meraviglioso mosaico in cui consiste il "museo Italia". Penso, con questa espressione, alla miriade dei luoghi eminenti, delle opere, delle conoscenze che il luogo totale peninsulare include ed esalta, e ne risulta esaltata mentre li mostra. Come il museo esibisce i suoi tesori, che gelosamente conserva. Induce rapimento e stupore, in chi abbia sensibilità e consapevolezza, e suscita un'onda d'orgoglio l'inesauribile varietà, anzi la stratificazione e l'intreccio dei molteplici aspetti naturalistici e storico-artistici che nel tempo hanno modificato e contrassegnato, rendendolo unico, il paesaggio antropico e il tessuto urbano del nostro Paese. Va forse - mi/vi domando - a merito di noi contemporanei, ed è forse dono gratuito e disimpegnante, che la ventura dei millenni ci abbia consegnato un così cospicuo e variegato patrimonio di testimonianze delle numerose civiltà succedutesi nel nostro territorio, ognuna la sua parte presente nell'orditura segreta, così eterogenea e imprendibile, del nostro carattere di popolo? Penso altresì in questo nostro tempo dal costume stolido e vorace, e si muta in trepidazione l'orgoglio, penso all'insensatezza e allo spirito di rapina di noi che abbiamo perso il sentimento di appartenenza, e non abitiamo il luogo che ci è dato come fosse (ed è o sarebbe, se ci guidasse il lume della ragione) il recinto privato della nostra casa. Mi guardo intorno e vedo quanti e di quale entità sono i segni dell'offesa ai luoghi e alle memorie culturali di cui dovremmo nutrirci per perpetuare la nostra identità profonda e rigenerarla, in tal modo facendo dei beni culturali un patrimonio da conservare e una risorsa per il futuro. È necessario correre ai ripari. So quanta fatica costi porre rimedio agli scempi perpetrati sull'organismo così singolare e delicato della nostra casa comune, posto che si manifesti la volontà politica di risarcire le ferite, e che sia praticabile e in qualche modo efficace l'intervento terapeutico. Ma a poco servirebbe il possibile e auspicabile risanamento, se non crescesse in noi tutti, diffusa e responsabile, la consapevolezza di aver ereditato un bene prezioso, senza nostro merito, se non quello che sapremo conquistare col preservarlo per le generazioni che verranno.

Nicola Miceli Pisa - Aprile 2006