Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La Fortezza della Solitudine
La Fortezza della Solitudine; un nome pieno di echi e di risonanze evocative, un luogo su di una mappa misteriosa, come i nomi dati ai mari e ai crateri della Luna
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Fortezza della Solitudine; un nome pieno di echi e di risonanze evocative, un luogo su di una mappa misteriosa, come i nomi dati ai mari e ai crateri della Luna.
Il nume, l’ispiratore, è Franz Kafka, con il suo impenetrabile Castello, con le sbarre della gabbia, all’interno della quale il digiunatore lentamente si dissolve per lasciare il posto ad una nera pantera; o con il misterioso supplizio che attende i condannati nella sua terribile colonia penale.
Entriamo nello spazio, ed è come l’ingresso in un tumulo, in una tomba etrusca, piena di oggetti enigmatici, simbolici e muti. Pare anche la buia cripta di una cattedrale, o un mitreo sotterraneo; un sacello destinato ad un culto arcano e primitivo.
Di fronte, la Torre nera si staglia nella semi oscurità, evoca i ricordi sinistri di una macchina di tortura, di una vergine di Norimberga, con il suo abbraccio mortale; ma anche, con i suoi spuntoni minacciosi, allude alle torri d’assedio degli eserciti antichi, alle imprese belliche di re ed imperatori. All’interno di questa sorta di sarcofago ligneo, di scuro reliquiario, si intravede una sagoma umana, come la scarna figura di un monaco stilita o di un eremita chiuso nella sua angusta cella. Ma il volto proteso verso il cielo svela delicate fattezze, lineamenti femminili; forse siamo nei territori della fiaba, si tratta di una principessa rinchiusa in una torre per qualche colpa misteriosa, come tanti racconti popolari ci hanno narrato.
L’archetipo della Torre è denso di significati che vanno dai tarocchi all’araldica, sino al gioco degli scacchi. Obelisco, axis mundi, colonna; quella della turris eburnea è una condizione che ogni artista si trova a vivere nel momento della creazione, laddove è completamente isolato, ma è proprio questa solitudine a costituire la sua forza, la sua Fortezza, appunto; una delle virtù cardinali.
Di fronte alla nera sagoma, delle minute figure femminili, nude ed inermi, sono prostrate, raccolte in meditazione o preghiera; intente ad una supplica, o forse affrante da un segreto dolore, gemono in silenzio, raggomitolate.
Discosta, una regina guarda diritto di fronte a sé, con uno sguardo freddo, superiore, inquietante; il Tempo sembra sospeso, congelato, astratto. Subito alle sue spalle, nell’ombra, si scorge un personaggio dai tratti sfumati, androgini; dal sorriso arcaico di kouros ma dai contorni di una kore. Pare una larva pronta a uscire dalla sua crisalide.
Forse siamo al cospetto di una donna imprigionata dal volere di una regina; una santa, oppure una strega.
Un racconto muto e misterioso, dai gesti sibillini ed antichi, cristallizzati nello spazio.
Tante suggestioni si fondono incessanti: un’eco di oriente conduce sino in Cina ed al suo esercito di guerrieri di terracotta, ed il cranio rasato della fanciulla rimanda ai danzatori del Buto. Forti contrasti si generano spontanei: il bianco della terraglia, cotta grazie alla maestria di Carlo Chiti, contro il nero del legno e delle ombre, il grigio uniforme delle pareti e l’oro e la policromia delle pale d’altare nelle sale circostanti.
Bianco, Nero, e le infinite gamme del Grigio; sono i colori del Sogno, della dimensione notturna, ma anche del ricordo e della memoria, che sta alla base di ogni progresso, progetto e modernità.
Il nume, l’ispiratore, è Franz Kafka, con il suo impenetrabile Castello, con le sbarre della gabbia, all’interno della quale il digiunatore lentamente si dissolve per lasciare il posto ad una nera pantera; o con il misterioso supplizio che attende i condannati nella sua terribile colonia penale.
Entriamo nello spazio, ed è come l’ingresso in un tumulo, in una tomba etrusca, piena di oggetti enigmatici, simbolici e muti. Pare anche la buia cripta di una cattedrale, o un mitreo sotterraneo; un sacello destinato ad un culto arcano e primitivo.
Di fronte, la Torre nera si staglia nella semi oscurità, evoca i ricordi sinistri di una macchina di tortura, di una vergine di Norimberga, con il suo abbraccio mortale; ma anche, con i suoi spuntoni minacciosi, allude alle torri d’assedio degli eserciti antichi, alle imprese belliche di re ed imperatori. All’interno di questa sorta di sarcofago ligneo, di scuro reliquiario, si intravede una sagoma umana, come la scarna figura di un monaco stilita o di un eremita chiuso nella sua angusta cella. Ma il volto proteso verso il cielo svela delicate fattezze, lineamenti femminili; forse siamo nei territori della fiaba, si tratta di una principessa rinchiusa in una torre per qualche colpa misteriosa, come tanti racconti popolari ci hanno narrato.
L’archetipo della Torre è denso di significati che vanno dai tarocchi all’araldica, sino al gioco degli scacchi. Obelisco, axis mundi, colonna; quella della turris eburnea è una condizione che ogni artista si trova a vivere nel momento della creazione, laddove è completamente isolato, ma è proprio questa solitudine a costituire la sua forza, la sua Fortezza, appunto; una delle virtù cardinali.
Di fronte alla nera sagoma, delle minute figure femminili, nude ed inermi, sono prostrate, raccolte in meditazione o preghiera; intente ad una supplica, o forse affrante da un segreto dolore, gemono in silenzio, raggomitolate.
Discosta, una regina guarda diritto di fronte a sé, con uno sguardo freddo, superiore, inquietante; il Tempo sembra sospeso, congelato, astratto. Subito alle sue spalle, nell’ombra, si scorge un personaggio dai tratti sfumati, androgini; dal sorriso arcaico di kouros ma dai contorni di una kore. Pare una larva pronta a uscire dalla sua crisalide.
Forse siamo al cospetto di una donna imprigionata dal volere di una regina; una santa, oppure una strega.
Un racconto muto e misterioso, dai gesti sibillini ed antichi, cristallizzati nello spazio.
Tante suggestioni si fondono incessanti: un’eco di oriente conduce sino in Cina ed al suo esercito di guerrieri di terracotta, ed il cranio rasato della fanciulla rimanda ai danzatori del Buto. Forti contrasti si generano spontanei: il bianco della terraglia, cotta grazie alla maestria di Carlo Chiti, contro il nero del legno e delle ombre, il grigio uniforme delle pareti e l’oro e la policromia delle pale d’altare nelle sale circostanti.
Bianco, Nero, e le infinite gamme del Grigio; sono i colori del Sogno, della dimensione notturna, ma anche del ricordo e della memoria, che sta alla base di ogni progresso, progetto e modernità.
15
luglio 2006
La Fortezza della Solitudine
Dal 15 al 23 luglio 2006
arte contemporanea
Location
MUSEO D’ARTE SACRA DI SAN FRANCESCO
Greve In Chianti, Via San Francesco, (Firenze)
Greve In Chianti, Via San Francesco, (Firenze)
Orario di apertura
martedì, mercoledì, venerdì dalle 16,30 alle 19,00
Giovedì dalle 16,30 alle 23,00
Sabato e domenica dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 22,00
Vernissage
15 Luglio 2006, ore 19
Autore