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L’Età dell’Angoscia da Commodo a Diocleziano (192-305 d.C.)
Dal 28 gennaio al 4 ottobre 2015 a Roma, Musei Capitolini – quarto appuntamento del ciclo “I Giorni di Roma” – in una grande mostra di arte antica romana, il periodo di crisi dell’impero romano. Un percorso espositivo che propone il susseguirsi di immagini che, seguendo un montaggio analitico, testimoniano lo sgretolarsi dei valori civili, morali e politici, prodromo dell’ineluttabile crollo di imperi, civiltà e culture dominanti. L’esposizione ai Musei Capitolini intende approfondire la conoscenza di un periodo storico di grandi cambiamenti che segnarono l’età compresa tra i regni di Commodo (180 – 192 d.C.) e Diocleziano (284 – 305 d.C.), che gli storici del tempo definirono “il passaggio da un Impero d’oro ad uno di ferro arrugginito”
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra “L’Età dell’Angoscia. Da Commodo a Diocleziano (180-305 d.C.)”, Sotto
l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è il quarto importante appuntamento
del ciclo “I Giorni di Roma”, progetto quinquennale di mostre che alterna esposizioni a
carattere prettamente monografico (Ritratti. Le tante facce del potere, Costruire un Impero),
a mostre dal taglio diacronico (L’Età della Conquista, L’Età dell’Equilibrio, L’Età dell’Angoscia),
dall’epoca repubblicana fino all’epoca tardo-antica. La mostra L’Età dell’Angoscia si sofferma sui
profondi cambiamenti che segnarono il III secolo d.C., secolo ritenuto tradizionalmente di “crisi”
dell’impero, ma in realtà contenente in nuce alcuni dei germogli più fecondi destinati a mutare per
sempre le età successive e ad aprire le porte verso la società tardo-antica.
Il titolo della mostra trae spunto da un’opera di Eric Dodds intitolata “Pagani e cristiani in un’epoca
di angoscia” , edita nel 1965, dedicata nello specifico proprio al III secolo d.C. Dodds era amico
del poeta anglo-americano W.H. Auden, che nel ‘47 aveva pubblicato The Age of Anxiety, poema
capace di mettere in luce il vuoto dell’esistenza nel periodo della seconda mondiale, caratterizzato
dalla conversione o ritorno al Cristianesimo e dalla volontà di aderire a un credo religioso, da
un «salto nella fede».
La mostra racconta la diffusa crisi spirituale e religiosa che in un clima di ansia generalizzata portò
a un abbandono delle religioni tradizionali e all'adesione sempre più massiccia al culto di divinità
provenienti dall'Oriente: Iside, Cibele, Mithra, Sabazio. Oltre a loro, naturalmente, Cristo. L’ansia
derivava da alcuni problemi concreti e materiali: guerre civili, crisi finanziarie ed economiche,
carestie, epidemie (come quelle nel corso dei principati di Marco Aurelio e Gallieno) e la perenne
pressione dei barbari ai confini. Ad astrologi, indovini ed oracoli gli uomini e le donne del tempo
ripetevano frequentemente le stesse domande: “mi ridurrò a mendicare?”, “avrò il mio salario?”,
“sarò venduto schiavo?”. La speranza di un futuro più sicuro era talmente diffusa e pressante da
alimentare in chiunque quella che gli storici dell'antichità chiamano un'aspettativa di salvezza,
legata in primo luogo alla figura dell'imperatore, in teoria garante della giustizia, della sicurezza
militare dell'impero e anche suprema autorità religiosa.
Il collasso dei sistemi di riferimento sociali ed economici hanno sempre avuto come effetto
principale quello di compromettere la quotidianità della vita delle persone, che in modo progressivo
e rapido, si trovano ad affrontare l’angoscia del reale. Nella recente storia mondiale due eventi
hanno avuto per la prima volta la capacità di modificare e accomunare gli esseri umani su
scala globale: il primo conflitto mondiale e il crollo di Wall Street del ’29 anche detta “la grande
depressione”. In entrambi i casi, per la prima volta l’uomo è stato testimone di fenomeni i cui
effetti non erano più esclusivamente legati ai propri confini Nazionali, ma avevano la capacità
di compromettere e modificare geografie economiche e sociali su scala mondiale. La percezione
che gli sconvolgimenti economici, finanziari e sociali avessero risonanze globali amplificò
incredibilmente l’angoscia, compromettendo e modificando il sentire collettivo.
Non ultime, le crisi dei bond Argentini del 2001/2002 e dei mutui subprime negli Stati Uniti nel
2006, propagatesi poi in tutto il mondo dell’economia e della finanza, hanno determinato fenomeni
imprevedibili in cui piazze, strade e palazzi dello Stato divengono luoghi in cui i popoli si barricano
per esorcizzare, arginare e combattere l’angoscia del fallimento di sistemi culturali inadeguati.
La presenza della parola crisi diventa permanente. A chiusura del 2008, nel tradizionale discorso
di fine anno, il Presidente Napolitano la evoca ben 13 volte, nel 2010 nel discorso natalizio alla
Curia romana, il pontefice Benedetto XVI, ripercorrendo l’anno passato, evidenzia il disfacimento
degli ordinamenti e dei valori morali attuali con una frase emblematica “Viviamo la crisi che fu
dell’impero Romano”.
Insomma è forse sempre stato tempo di crisi: se cerchiamo l’etimo Crisi, di derivazione greca,
il termine originariamente indicava “separazione”, provenendo dal verbo greco “separare”. Il
significato venne traslato in “scelta”, “decisione”, “discernimento”. Oggi potremmo dire che
necessariamente si lega al cambiamento e che la storia dell’impero romano è un paradigma
eccellente che sviluppa per intero il ciclo della vita di un popolo dalla sua nascita fino alla sua
estinzione, attraverso continue crisi o cambiamenti.
La mostra L’età dell’Angoscia intende approfondire la conoscenza dei grandi cambiamenti che
segnarono l’età compresa tra i regni di Commodo (180 – 192 d.C.) e Diocleziano (284 – 305
d.C.): fase definita già dagli storici del tempo come “il passaggio dall’impero d’oro (quello di Marco
Aurelio) a uno di ferro arrugginito”. In poco meno di centocinquanta anni infatti l’Impero cambiò
la propria fisionomia, arrivando all’instaurazione della Tetrarchia e alla perdita del ruolo di capitale
della città di Roma. In questo lasso di tempo le cronache evidenziano alcuni elementi che ancora
una volta richiamano, seppur con le dovute differenze, la nostra attualità, quali: l'aumento delle
pressione di popoli sui confini dell’impero, le spinte secessioniste (si pensi all'Impero delle Gallie
e al Regno di Palmira), i disordini interni (che comportarono riforme strutturali della tradizionale
unità militare romana, la legione), la crisi del tradizionale sistema economico, l’inflazione e la
conseguente necessità di aggiornare continuamente la moneta, e soprattutto, la grave instabilità
politica.
Determinante fu la fine della trasmissione del potere su base esclusivamente dinastica e il
conseguente potere che andò a concentrarsi nelle mani dell’esercito, capace di imporre gli
imperatori e di eliminarli. È un mondo che muta definitivamente la propria struttura sociale, con
lo sfaldamento delle istituzioni e il parallelo emergere di nuove forze sociali. Le graduali tappe di
queste trasformazioni si riflettono sui modelli figurativi e del linguaggio formale della scultura, che
si carica di un nuovo e forte accento patetico.
Tra le opere più significative di questa epoca si segnalano il “ritratto colossale di Probo” o il
“busto di Decio” dei Musei Capitolini, la straordinaria “statua bronzea di Treboniano Gallo”
del Metropolitan Museum of Art di New York, le statue di privati come filosofi dalla Villa di Dioniso
a Dion. Eccezionale il prestito di tre statue maschili a figura intera, dal Seicento ospitate nel Casino
del Bel Respiro della Villa Doria Pamphilj a Roma ( “Statua di togato”, “Statua di cacciatore”
e “Statua in nudità”). Nella ritrattistica privata continua la moda dell’abbinamento di ritratti
di privati cittadini o imperatori in corpi ideali, che ricordano divinità femminili come Venere,
Demetra, Fortuna, come nella “statua di Onfale” o eroi come Ercole, che permettono una chiara
esaltazione delle qualità e delle gesta del defunto grazie all’assimilazione delle loro virtù eroiche: si
vedano il “busto di Commodo come Ercole” o la “statua di privato come Marte (cd. Decio)
”. Semidei come Ercole, i Castori o Dioniso furono in tal senso particolarmente prediletti anche
dall’imagerie imperiale, proprio per la loro natura di mortali divenuti Dei grazie alle straordinarie
qualità delle imprese compiute.
L’Età dell’Angoscia, quarto appuntamento del progetto di cinque mostre “I giorni di Roma”
che abbraccia un arco temporale di quattrocento anni, è un’iniziativa promossa da Roma
Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza
Capitolina ai Beni Culturali e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del
Turismo, organizzata da Zètema Progetto Cultura e MondoMostre, con la cura di Eugenio
La Rocca, Claudio Parisi Presicce e Annalisa Lo Monaco.
Il progetto coinvolge prestigiosi musei internazionali come il Metropolitan Museum of Art di New
York, il Landesmuseum e il Zentralmuseum di Magonza, il Landesmuseum di Treviri, la Glypthotek
e il Museo dell’Università di Monaco di Baviera, il Louvre di Parigi e il Museo Archeologico Nazionale
e il Museo dell’Acropoli di Atene, e musei che per la prima volta prestano le loro opere come il
Museo Archeologico di Dion e il Museo Archeologico di Astros. Oltre ai Musei Capitolini, partecipano
all’esposizione con importanti prestiti musei nazionali come il Museo Archeologico di Aquileia,
i Musei Civici di Brescia e il Museo Archeologico di Bologna, la Soprintendenza Archeologica
dell’Abruzzo, i Musei Vaticani, i Musei afferenti alla Soprintendenza Speciale di Roma e importanti
collezioni private. Le opere esposte per la prima volta insieme, di straordinario livello artistico,
ammontano a circa duecento. Imponenti statue in marmo e bronzo, a grandezza naturale, in alcuni
casi di misura colossale, busti e ritratti, rilievi in marmo, sarcofagi e urne, mosaici pavimentali
e decorazioni pittoriche parietali, e ancora preziosi argenti da mensa, elementi architettonici
figurati e altari permetteranno di apprezzare da vicino il gusto di un’intera epoca, di riflettere sui
cambiamenti formali e sui temi figurativi presentati da oggetti che decoravano gli spazi urbani e
quelli privati (case e tombe).
La prima sezione I protagonisti, con circa 92 opere, è una ricca presentazione di ritratti, statue
e busti degli imperatori regnanti e delle loro mogli, e anche dei cittadini più abbienti dell’epoca;
la seconda sezione L’esercito presenta, con oltre 20 opere, l’esercito come uno dei grandi
protagonisti della nuova epoca, capace di un enorme potere, perfino di imporre o eliminare
imperatori a lui sgraditi; la terza sezione dedicata a La città di Roma, con 14 opere, racconta i
grandi cambiamenti che nel III secolo segnano profondamente la città di Roma nella sua identità,
dalla costruzione del circuito murario che prenderà il nome di “Mura Aureliane” (e che tuttora
segna il paesaggio urbano della città), alla presenza di grandi caserme militari, alla realizzazione
di una pianta marmorea della città su grande scala (cosiddetta Forma Urbis Severiana); la quarta
sezione La religione, attraverso 52 opere, ci riporta un fenomeno di grande portata ovvero
l’arrivo in città di culti orientali, e che si andranno ad affiancare piano piano ai culti tradizionali
celebrati fino a quel momento: Iuppiter Dolichenus, Mitra, Helios-Sol, Sabazio, Cibele/Attis, Iside
saranno capaci di attrarre una gran massa di fedeli, e di rispondere ad alcune delle esigenze che
porteranno in breve all’affermazione straordinaria del Cristianesimo; la quinta sezione Le ricche
dimore private e i loro arredi, con circa 30 opere, offre uno sguardo sugli spazi privati, sui
gusti e gli arredi domestici di alcune delle più ricche dimore private dell’epoca; la sesta sezione
Vivere (e morire) nell’impero, circa 7 opere, racconta i cittadini romani al di fuori della
Capitale: i loro gusti, le loro attività quotidiane, le loro immagini funerarie; la settima sezione I
costumi funerari composta di 24 opere: sarcofagi, rilievi e pitture con una ricca presentazione di
temi e soggetti, tratti dai repertori dei miti tradizionali e innovati secondo linguaggi e gusti ormai
del tutto differenti.
l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è il quarto importante appuntamento
del ciclo “I Giorni di Roma”, progetto quinquennale di mostre che alterna esposizioni a
carattere prettamente monografico (Ritratti. Le tante facce del potere, Costruire un Impero),
a mostre dal taglio diacronico (L’Età della Conquista, L’Età dell’Equilibrio, L’Età dell’Angoscia),
dall’epoca repubblicana fino all’epoca tardo-antica. La mostra L’Età dell’Angoscia si sofferma sui
profondi cambiamenti che segnarono il III secolo d.C., secolo ritenuto tradizionalmente di “crisi”
dell’impero, ma in realtà contenente in nuce alcuni dei germogli più fecondi destinati a mutare per
sempre le età successive e ad aprire le porte verso la società tardo-antica.
Il titolo della mostra trae spunto da un’opera di Eric Dodds intitolata “Pagani e cristiani in un’epoca
di angoscia” , edita nel 1965, dedicata nello specifico proprio al III secolo d.C. Dodds era amico
del poeta anglo-americano W.H. Auden, che nel ‘47 aveva pubblicato The Age of Anxiety, poema
capace di mettere in luce il vuoto dell’esistenza nel periodo della seconda mondiale, caratterizzato
dalla conversione o ritorno al Cristianesimo e dalla volontà di aderire a un credo religioso, da
un «salto nella fede».
La mostra racconta la diffusa crisi spirituale e religiosa che in un clima di ansia generalizzata portò
a un abbandono delle religioni tradizionali e all'adesione sempre più massiccia al culto di divinità
provenienti dall'Oriente: Iside, Cibele, Mithra, Sabazio. Oltre a loro, naturalmente, Cristo. L’ansia
derivava da alcuni problemi concreti e materiali: guerre civili, crisi finanziarie ed economiche,
carestie, epidemie (come quelle nel corso dei principati di Marco Aurelio e Gallieno) e la perenne
pressione dei barbari ai confini. Ad astrologi, indovini ed oracoli gli uomini e le donne del tempo
ripetevano frequentemente le stesse domande: “mi ridurrò a mendicare?”, “avrò il mio salario?”,
“sarò venduto schiavo?”. La speranza di un futuro più sicuro era talmente diffusa e pressante da
alimentare in chiunque quella che gli storici dell'antichità chiamano un'aspettativa di salvezza,
legata in primo luogo alla figura dell'imperatore, in teoria garante della giustizia, della sicurezza
militare dell'impero e anche suprema autorità religiosa.
Il collasso dei sistemi di riferimento sociali ed economici hanno sempre avuto come effetto
principale quello di compromettere la quotidianità della vita delle persone, che in modo progressivo
e rapido, si trovano ad affrontare l’angoscia del reale. Nella recente storia mondiale due eventi
hanno avuto per la prima volta la capacità di modificare e accomunare gli esseri umani su
scala globale: il primo conflitto mondiale e il crollo di Wall Street del ’29 anche detta “la grande
depressione”. In entrambi i casi, per la prima volta l’uomo è stato testimone di fenomeni i cui
effetti non erano più esclusivamente legati ai propri confini Nazionali, ma avevano la capacità
di compromettere e modificare geografie economiche e sociali su scala mondiale. La percezione
che gli sconvolgimenti economici, finanziari e sociali avessero risonanze globali amplificò
incredibilmente l’angoscia, compromettendo e modificando il sentire collettivo.
Non ultime, le crisi dei bond Argentini del 2001/2002 e dei mutui subprime negli Stati Uniti nel
2006, propagatesi poi in tutto il mondo dell’economia e della finanza, hanno determinato fenomeni
imprevedibili in cui piazze, strade e palazzi dello Stato divengono luoghi in cui i popoli si barricano
per esorcizzare, arginare e combattere l’angoscia del fallimento di sistemi culturali inadeguati.
La presenza della parola crisi diventa permanente. A chiusura del 2008, nel tradizionale discorso
di fine anno, il Presidente Napolitano la evoca ben 13 volte, nel 2010 nel discorso natalizio alla
Curia romana, il pontefice Benedetto XVI, ripercorrendo l’anno passato, evidenzia il disfacimento
degli ordinamenti e dei valori morali attuali con una frase emblematica “Viviamo la crisi che fu
dell’impero Romano”.
Insomma è forse sempre stato tempo di crisi: se cerchiamo l’etimo Crisi, di derivazione greca,
il termine originariamente indicava “separazione”, provenendo dal verbo greco “separare”. Il
significato venne traslato in “scelta”, “decisione”, “discernimento”. Oggi potremmo dire che
necessariamente si lega al cambiamento e che la storia dell’impero romano è un paradigma
eccellente che sviluppa per intero il ciclo della vita di un popolo dalla sua nascita fino alla sua
estinzione, attraverso continue crisi o cambiamenti.
La mostra L’età dell’Angoscia intende approfondire la conoscenza dei grandi cambiamenti che
segnarono l’età compresa tra i regni di Commodo (180 – 192 d.C.) e Diocleziano (284 – 305
d.C.): fase definita già dagli storici del tempo come “il passaggio dall’impero d’oro (quello di Marco
Aurelio) a uno di ferro arrugginito”. In poco meno di centocinquanta anni infatti l’Impero cambiò
la propria fisionomia, arrivando all’instaurazione della Tetrarchia e alla perdita del ruolo di capitale
della città di Roma. In questo lasso di tempo le cronache evidenziano alcuni elementi che ancora
una volta richiamano, seppur con le dovute differenze, la nostra attualità, quali: l'aumento delle
pressione di popoli sui confini dell’impero, le spinte secessioniste (si pensi all'Impero delle Gallie
e al Regno di Palmira), i disordini interni (che comportarono riforme strutturali della tradizionale
unità militare romana, la legione), la crisi del tradizionale sistema economico, l’inflazione e la
conseguente necessità di aggiornare continuamente la moneta, e soprattutto, la grave instabilità
politica.
Determinante fu la fine della trasmissione del potere su base esclusivamente dinastica e il
conseguente potere che andò a concentrarsi nelle mani dell’esercito, capace di imporre gli
imperatori e di eliminarli. È un mondo che muta definitivamente la propria struttura sociale, con
lo sfaldamento delle istituzioni e il parallelo emergere di nuove forze sociali. Le graduali tappe di
queste trasformazioni si riflettono sui modelli figurativi e del linguaggio formale della scultura, che
si carica di un nuovo e forte accento patetico.
Tra le opere più significative di questa epoca si segnalano il “ritratto colossale di Probo” o il
“busto di Decio” dei Musei Capitolini, la straordinaria “statua bronzea di Treboniano Gallo”
del Metropolitan Museum of Art di New York, le statue di privati come filosofi dalla Villa di Dioniso
a Dion. Eccezionale il prestito di tre statue maschili a figura intera, dal Seicento ospitate nel Casino
del Bel Respiro della Villa Doria Pamphilj a Roma ( “Statua di togato”, “Statua di cacciatore”
e “Statua in nudità”). Nella ritrattistica privata continua la moda dell’abbinamento di ritratti
di privati cittadini o imperatori in corpi ideali, che ricordano divinità femminili come Venere,
Demetra, Fortuna, come nella “statua di Onfale” o eroi come Ercole, che permettono una chiara
esaltazione delle qualità e delle gesta del defunto grazie all’assimilazione delle loro virtù eroiche: si
vedano il “busto di Commodo come Ercole” o la “statua di privato come Marte (cd. Decio)
”. Semidei come Ercole, i Castori o Dioniso furono in tal senso particolarmente prediletti anche
dall’imagerie imperiale, proprio per la loro natura di mortali divenuti Dei grazie alle straordinarie
qualità delle imprese compiute.
L’Età dell’Angoscia, quarto appuntamento del progetto di cinque mostre “I giorni di Roma”
che abbraccia un arco temporale di quattrocento anni, è un’iniziativa promossa da Roma
Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza
Capitolina ai Beni Culturali e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del
Turismo, organizzata da Zètema Progetto Cultura e MondoMostre, con la cura di Eugenio
La Rocca, Claudio Parisi Presicce e Annalisa Lo Monaco.
Il progetto coinvolge prestigiosi musei internazionali come il Metropolitan Museum of Art di New
York, il Landesmuseum e il Zentralmuseum di Magonza, il Landesmuseum di Treviri, la Glypthotek
e il Museo dell’Università di Monaco di Baviera, il Louvre di Parigi e il Museo Archeologico Nazionale
e il Museo dell’Acropoli di Atene, e musei che per la prima volta prestano le loro opere come il
Museo Archeologico di Dion e il Museo Archeologico di Astros. Oltre ai Musei Capitolini, partecipano
all’esposizione con importanti prestiti musei nazionali come il Museo Archeologico di Aquileia,
i Musei Civici di Brescia e il Museo Archeologico di Bologna, la Soprintendenza Archeologica
dell’Abruzzo, i Musei Vaticani, i Musei afferenti alla Soprintendenza Speciale di Roma e importanti
collezioni private. Le opere esposte per la prima volta insieme, di straordinario livello artistico,
ammontano a circa duecento. Imponenti statue in marmo e bronzo, a grandezza naturale, in alcuni
casi di misura colossale, busti e ritratti, rilievi in marmo, sarcofagi e urne, mosaici pavimentali
e decorazioni pittoriche parietali, e ancora preziosi argenti da mensa, elementi architettonici
figurati e altari permetteranno di apprezzare da vicino il gusto di un’intera epoca, di riflettere sui
cambiamenti formali e sui temi figurativi presentati da oggetti che decoravano gli spazi urbani e
quelli privati (case e tombe).
La prima sezione I protagonisti, con circa 92 opere, è una ricca presentazione di ritratti, statue
e busti degli imperatori regnanti e delle loro mogli, e anche dei cittadini più abbienti dell’epoca;
la seconda sezione L’esercito presenta, con oltre 20 opere, l’esercito come uno dei grandi
protagonisti della nuova epoca, capace di un enorme potere, perfino di imporre o eliminare
imperatori a lui sgraditi; la terza sezione dedicata a La città di Roma, con 14 opere, racconta i
grandi cambiamenti che nel III secolo segnano profondamente la città di Roma nella sua identità,
dalla costruzione del circuito murario che prenderà il nome di “Mura Aureliane” (e che tuttora
segna il paesaggio urbano della città), alla presenza di grandi caserme militari, alla realizzazione
di una pianta marmorea della città su grande scala (cosiddetta Forma Urbis Severiana); la quarta
sezione La religione, attraverso 52 opere, ci riporta un fenomeno di grande portata ovvero
l’arrivo in città di culti orientali, e che si andranno ad affiancare piano piano ai culti tradizionali
celebrati fino a quel momento: Iuppiter Dolichenus, Mitra, Helios-Sol, Sabazio, Cibele/Attis, Iside
saranno capaci di attrarre una gran massa di fedeli, e di rispondere ad alcune delle esigenze che
porteranno in breve all’affermazione straordinaria del Cristianesimo; la quinta sezione Le ricche
dimore private e i loro arredi, con circa 30 opere, offre uno sguardo sugli spazi privati, sui
gusti e gli arredi domestici di alcune delle più ricche dimore private dell’epoca; la sesta sezione
Vivere (e morire) nell’impero, circa 7 opere, racconta i cittadini romani al di fuori della
Capitale: i loro gusti, le loro attività quotidiane, le loro immagini funerarie; la settima sezione I
costumi funerari composta di 24 opere: sarcofagi, rilievi e pitture con una ricca presentazione di
temi e soggetti, tratti dai repertori dei miti tradizionali e innovati secondo linguaggi e gusti ormai
del tutto differenti.
27
gennaio 2015
L’Età dell’Angoscia da Commodo a Diocleziano (192-305 d.C.)
Dal 27 gennaio al 04 ottobre 2015
archeologia
arte antica
arte antica
Location
MUSEI CAPITOLINI
Roma, Piazza Del Campidoglio, 1, (Roma)
Roma, Piazza Del Campidoglio, 1, (Roma)
Biglietti
€ 15,00 biglietto integrato Mostra + Museo intero (non residenti a Roma);
- € 13,00 biglietto integrato Mostra + Museo ridotto (non residenti a Roma);
- € 13,00 biglietto integrato Mostra + Museo intero (residenti a Roma);
- € 11,00 biglietto integrato Mostra + Museo ridotto (residenti a Roma);
- € 2,00 sul biglietto gratuito, ad esclusione
dei biglietti per scuole elementari e medie inferiori, bambini da 0 a 6 anni e portatori di handicap
Orario di apertura
Martedì-Domenica 9.00-20.00
24 e 31 Dicembre 9.00-14.00
La biglietteria chiude un'ora prima
Giorni di chiusura
Lunedì, 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre
Vernissage
27 Gennaio 2015, ore 18.00 su invito
Ufficio stampa
MONDOMOSTRE
Ufficio stampa
ZETEMA
Curatore