Nel lavoro di Lorenzo Cristofari, il colore è il confine dell’immagine. Il segno invisibile che delimita lo sguardo. Occorre imparare a vedere per scoprire, osservare le immagini che corrono tra gli spazi bianchi della tela definiti colore. Una percezione visiva che impone un sapersi destreggiare nel labirinto di linee. E’ un racconto quello che appare nei versi piani della superficie pittorica, più semplicemente è un invito ad apprendere dal movimento stesso del colore il gioco infinito che inconsciamente cerchiamo di figurare. E’ come se ci trovassimo davanti ad un dipinto che rappresenta volti, corpi, nature, visioni che rimandano ad uno sguardo rivolto verso il cielo stellato. Una notte stellata appare nell’universo dei colori raccolti dalle mani e dagli strumenti propri dell’artista. Qui, la distanza tra il vedere, l’oggetto e la sua rappresentazione visiva segue il movimento cinetico del pennello nel suo incessante vortice di colori. Appaiono così. In lontananza senza fuga. In uno sfondo che ha ormai smarrito il bianco assoluto della superficie pittorica. Sono luoghi, paesaggi, corpi, percezioni oniriche che ancora attendono di essere visione. Visione e enigma si appartengono e si rimandano in una eterna ripetizione del gesto pittorico, un eterno ritorno dell’immagine e del tempo che si fissa nel segno grafico reso nullo dal colore. Una Ab/negazione del gesto e della rappresentazione pittorica. L’incomprensibile, l’irrappresentabile è nel tratto di Lorenzo, una vocazione, una voce interiore che invita l’osservatore a comporre il Logos per divenire immagine
Raffaele Lucariello