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Luc Peire – Quando la geometria non è solo emozione
Lorenzelli Arte è lieta di presentare la personale dell’artista belga Luc Peire con una selezione di opere degli anni ’60 piene di colore, energia e verticalismo cui si affianca la serie Graphie degli anni ’70 solo in bianco e nero.
Comunicato stampa
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LUC PEIRE
Patrick-Gilles Persin
A seguito di una lunga e lenta evoluzione, il pittore Luc Peire avanza da solo negli spazi inediti che ha saputo generare attraverso la pratica della linea verticale. Questa linea verticale si organizza spesso in composizioni finemente sfumate o altamente colorate. Ad eccezione, naturalmente, delle Graphies che sono in bianco e nero.
Nato nel 1916 a Bruges, in Belgio, Luc Peire segue un percorso classico prima nella sua città natale e successivamente a Gand e Anvers. Attorno al 1935 incontra Constant Permeke, presso il quale inizia a lavorare. Sotto la sua guida e grazie ai suoi consigli acquisisce una sua indipendenza artistica. Appena ventiduenne fa la sua prima esposizione e nel 1947 ottiene il Prix de Rome. Nel 1952 parte per il Congo Belga, dove saprà rendere attraverso la pittura la sua versione della quotidianità. Sarà un periodo che lui stesso definirà “metafisico” e che si evolverà in una “tendenza metafisica astratta”.
Col passare del tempo, stringe amicizia con differenti personalità artistiche e culturali, tra cui Michel Seuphor, Leo Breuer, Eduardo Westerdahl, Alberto Sartoris, Henri Chopin e lo scultore catalano Subirachs. Il tutto sempre viaggiando di frequente, poiché sarà solo a partire dal 1959 che Luc Peire e sua moglie Jenny decideranno di trasferirsi stabilmente a Parigi, soggiornando nella belga Knokke solo in estate. La sua posizione estetica e professionale, così come il suo disinteresse verso le mode, fanno di lui un artista molto rispettato, tanto dai suoi colleghi quanto dall’intero ambiente dell’arte.
Luc Peire si evolve dall’esperienza espressionista. Si distanzia lentamente dal suo emblematico La famille Godderis del 1951, opera ancora molto figurativa ma che già annuncia la tranquilla e imminente evoluzione. L’anno seguente lo si ritrova in Africa e per la sua arte è il cosiddetto “periodo congolese”. Le forme umane iniziano ad evolversi, piano piano, per poi diventare nient’altro che suggestioni verticali sormontate da forme ovali che identificano i volti. Cancella progressivamente gli effetti esteriori. Poi il tutto va poco a poco a scomparire in favore di una geometria più radicale. Lo spirito della sintesi è all’opera. Le linee parallele si evolvono dunque per accogliere tutta la loro pesantezza e si organizzano in piani e sviluppi sempre rinnovati. Il colore, i colori prendono allora tutto il loro peso. Ma la tecnica pittorica lascia sempre visibile la maniera e i procedimenti del dipingere dell’artista. Questo per espressa volontà del pittore, che vuole che i colpi di pennello sui piani colorati restino visibili per meglio lasciar vivere l’umana presenza dell’artista nel bel mezzo dell’azione, per essere faccia a faccia con il suo lavoro e le sue ricerche.
Luc Peire dichiara liberamente che per lui la verticale non è una decisione categorica e intenzionale, ma è il punto d’arrivo di un’evoluzione. Di fatto, lui avanza verso forme sempre più sobrie, scarne. Si insediano, vibranti e talvolta impercettibili, ritmi e proporzioni che creano spazi totalmente inediti e illimitati. La tensione linea-colore permette allo spazio di vibrare intensamente, ininterrottamente. Il cielo incontra la terra senza passare dall’orizzonte, da qui in poi scompare per sempre.
Pertanto, conviene senza dubbio parlare di telai che definiscono per sempre il campo d’indagine interiore dell’artista. Le sue opere sono il riflesso tangibile della sua vita interiore. Per certo, parlare qui di fantasia non sarebbe appropriato. Ciò non di meno, la poesia occupa un posto decisamente preponderante.
Ci sono un vigore e una densità che sono esemplari e che potrebbero turbare lo spettatore che per la prima volta si confronta con queste opere. Ma la prima impressione, naturalmente interrogativa, è presto rimpiazzata da un’altra sensazione, quella incredibilmente affascinante, nata dalla semplicità, sorta da modulazioni segrete, spesso dolcissime. E soprattutto è un’arte che si tiene sempre lontana da uno schema convenzionale.
È a partire dal 1957 che Luc Peire si cimenta in quelle che lui chiama les Graphies. Abbandona la tela per dipingere su dei pannelli rivestiti. Poi usa altri pannelli di formica di un bianco crudo e austero. La pittura utilizzata è nera, sintetica. La usa con la tecnica del camaïeu e sperimenta esclusivamente in questo gioco bicolore declinandone gli infiniti valori, stringendo alleanze e rapporti di luce. Le verticali si evolvono ancor di più, muovendosi silenziosamente in spazi nuovi. Solo di tanto in tanto un po’ di blu o un po’ di grigio intervengono in queste nuove composizioni. È significativo constatare che questi spazi originali offrono nuove possibilità estetiche che l’artista indaga in profondità inedite, dinamiche. Armonia, leggerezza e finezza dominano ancora una volta grazie al pennello di Luc Peire.
Pittore, Luc Peire resta ancorato a questo superbo e sublime cammino della rappresentazione umana -quella dell’homo erectus- sintetizzata e incarnata nella verticale. Con un’estrema economia di mezzi estetici, ci rivela con onestà la sua riflessione, il suo pensiero. L’intuizione domina tutta la sua opera, escludendo con risolutezza artifici di alcun genere.
Patrick-Gilles Persin
A seguito di una lunga e lenta evoluzione, il pittore Luc Peire avanza da solo negli spazi inediti che ha saputo generare attraverso la pratica della linea verticale. Questa linea verticale si organizza spesso in composizioni finemente sfumate o altamente colorate. Ad eccezione, naturalmente, delle Graphies che sono in bianco e nero.
Nato nel 1916 a Bruges, in Belgio, Luc Peire segue un percorso classico prima nella sua città natale e successivamente a Gand e Anvers. Attorno al 1935 incontra Constant Permeke, presso il quale inizia a lavorare. Sotto la sua guida e grazie ai suoi consigli acquisisce una sua indipendenza artistica. Appena ventiduenne fa la sua prima esposizione e nel 1947 ottiene il Prix de Rome. Nel 1952 parte per il Congo Belga, dove saprà rendere attraverso la pittura la sua versione della quotidianità. Sarà un periodo che lui stesso definirà “metafisico” e che si evolverà in una “tendenza metafisica astratta”.
Col passare del tempo, stringe amicizia con differenti personalità artistiche e culturali, tra cui Michel Seuphor, Leo Breuer, Eduardo Westerdahl, Alberto Sartoris, Henri Chopin e lo scultore catalano Subirachs. Il tutto sempre viaggiando di frequente, poiché sarà solo a partire dal 1959 che Luc Peire e sua moglie Jenny decideranno di trasferirsi stabilmente a Parigi, soggiornando nella belga Knokke solo in estate. La sua posizione estetica e professionale, così come il suo disinteresse verso le mode, fanno di lui un artista molto rispettato, tanto dai suoi colleghi quanto dall’intero ambiente dell’arte.
Luc Peire si evolve dall’esperienza espressionista. Si distanzia lentamente dal suo emblematico La famille Godderis del 1951, opera ancora molto figurativa ma che già annuncia la tranquilla e imminente evoluzione. L’anno seguente lo si ritrova in Africa e per la sua arte è il cosiddetto “periodo congolese”. Le forme umane iniziano ad evolversi, piano piano, per poi diventare nient’altro che suggestioni verticali sormontate da forme ovali che identificano i volti. Cancella progressivamente gli effetti esteriori. Poi il tutto va poco a poco a scomparire in favore di una geometria più radicale. Lo spirito della sintesi è all’opera. Le linee parallele si evolvono dunque per accogliere tutta la loro pesantezza e si organizzano in piani e sviluppi sempre rinnovati. Il colore, i colori prendono allora tutto il loro peso. Ma la tecnica pittorica lascia sempre visibile la maniera e i procedimenti del dipingere dell’artista. Questo per espressa volontà del pittore, che vuole che i colpi di pennello sui piani colorati restino visibili per meglio lasciar vivere l’umana presenza dell’artista nel bel mezzo dell’azione, per essere faccia a faccia con il suo lavoro e le sue ricerche.
Luc Peire dichiara liberamente che per lui la verticale non è una decisione categorica e intenzionale, ma è il punto d’arrivo di un’evoluzione. Di fatto, lui avanza verso forme sempre più sobrie, scarne. Si insediano, vibranti e talvolta impercettibili, ritmi e proporzioni che creano spazi totalmente inediti e illimitati. La tensione linea-colore permette allo spazio di vibrare intensamente, ininterrottamente. Il cielo incontra la terra senza passare dall’orizzonte, da qui in poi scompare per sempre.
Pertanto, conviene senza dubbio parlare di telai che definiscono per sempre il campo d’indagine interiore dell’artista. Le sue opere sono il riflesso tangibile della sua vita interiore. Per certo, parlare qui di fantasia non sarebbe appropriato. Ciò non di meno, la poesia occupa un posto decisamente preponderante.
Ci sono un vigore e una densità che sono esemplari e che potrebbero turbare lo spettatore che per la prima volta si confronta con queste opere. Ma la prima impressione, naturalmente interrogativa, è presto rimpiazzata da un’altra sensazione, quella incredibilmente affascinante, nata dalla semplicità, sorta da modulazioni segrete, spesso dolcissime. E soprattutto è un’arte che si tiene sempre lontana da uno schema convenzionale.
È a partire dal 1957 che Luc Peire si cimenta in quelle che lui chiama les Graphies. Abbandona la tela per dipingere su dei pannelli rivestiti. Poi usa altri pannelli di formica di un bianco crudo e austero. La pittura utilizzata è nera, sintetica. La usa con la tecnica del camaïeu e sperimenta esclusivamente in questo gioco bicolore declinandone gli infiniti valori, stringendo alleanze e rapporti di luce. Le verticali si evolvono ancor di più, muovendosi silenziosamente in spazi nuovi. Solo di tanto in tanto un po’ di blu o un po’ di grigio intervengono in queste nuove composizioni. È significativo constatare che questi spazi originali offrono nuove possibilità estetiche che l’artista indaga in profondità inedite, dinamiche. Armonia, leggerezza e finezza dominano ancora una volta grazie al pennello di Luc Peire.
Pittore, Luc Peire resta ancorato a questo superbo e sublime cammino della rappresentazione umana -quella dell’homo erectus- sintetizzata e incarnata nella verticale. Con un’estrema economia di mezzi estetici, ci rivela con onestà la sua riflessione, il suo pensiero. L’intuizione domina tutta la sua opera, escludendo con risolutezza artifici di alcun genere.
14
giugno 2017
Luc Peire – Quando la geometria non è solo emozione
Dal 14 giugno al 20 luglio 2017
arte contemporanea
Location
LORENZELLI ARTE
Milano, Corso Buenos Aires, 2, (Milano)
Milano, Corso Buenos Aires, 2, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 10-13 e 15-19
Vernissage
14 Giugno 2017, ore 18.00
Autore
Curatore