Libro d’artista: esercizio “traverso”


“Luogo della mente e della memoria, supporto e strumento del potere, della storia, della cultura, della libertà ecc. ecc., il libro è stato usato e definito in tutte le possibili maniere e con tutte le possibili metafore e posizioni lucide o ambigue che l’uomo frequentatore di caratteri e lettere e scritture sia riuscito ad immaginare […] il libro, anche quello uniformato dall’industria editoriale, continua a godere di un’aurea sacrale e a presentarsi come veicolo della saggezza, messaggio affidato al tempo, ma nello stesso momento costringe a rispettare la sua ideologia castrante, nascosta dietro l’innocente pagina a stampa, che esclude però qualsiasi ricorso alla manualità e vanifica il bisogno/impulso a penetrare nella materia, dal quale pure è nata la scrittura.

Da qui il tipico atteggiamento amore/odio che è alla base del libro d’artista, cioè di un esercizio “traverso” che di fatto si mantiene sempre sul bordo del “fuori”, presentandosi come immagine in re del limite e dell’altro, pratica non celebrata e tuttavia rivelatrice di malessere in atto, e insieme ricca di felicità inventiva, che consente all’autore di realizzare una scrittura materica senza residui di sorta, calata nel tempo e nella successione delle pagine. Ma rivela anche il bisogno di una scrittura muta, essenziale, delle origini, che muove dalla necessità di rifondare ogni volta se stessa, ricorrendo ad una recta oratio risolta nell’oggetto stesso, per opporsi all’universo di segni inquinati che forma l’esistente…”1

Abbiamo dato la parola direttamente a Luciano Caruso: nessuno meglio di lui avrebbe potuto offrirci un distillato delle motivazioni e degli impulsi creativi che sono alla base del libro d’artista. Questa citazione ci ha quindi spinto a scegliere alcune sue opere privilegiando un percorso particolare: quello della memoria emozionale. Leggere il suo fare per arrivare ad intravedere il suo modo di intendere l’arte, la cultura e più in generale il proprio ruolo di artista e intellettuale. Frammenti di un percorso che, iniziato negli anni Sessanta, si è arrestato nel 2002.

Tra le opere esposte (pagine, libri e sculture) vi è Continuazione F., il manifesto allegato a questo volumetto, che si presenta composto da due immagini: la prima, sul retto, propone la foto di un Caruso intento a controllare la pellicola di un film che aveva girato con Franco Visco, la seconda invece, sul verso del foglio, è formata da un collage con foto di interventi e di manoscritti di Emilio Emilio Villa. È evidente che il manifesto rimanda a temi fondamentali discussi in quegli anni dal gruppo napoletano di Continuum la cui denominazione indica l’esperienza del lavoro collettivo in una sorta di sintonia continua ideativa e operativa, un’esperienza comune di antiscrittura, dove si nega la figura dell’artista e la poesia come funzione del sistema. Come lui stesso scrive “andare oltre gli schemi”, considerando che “la poesia tende ad essere non più esercizio letterario, ma azione – anzi gesto, e divenire sempre più scrittura – oggetto”. Più tardi il suo lavoro si sposterà su una dimensione estetica-etica, accentuando il “carattere liberatorio e totalizzante dell’esperienza estetica”. Poco per volta la scrittura esercitata su supporti e con strumenti diversi diviene sempre più “preziosa”, tutto diviene grafia: le pietre, le cortecce, i petali, il corallo, le perle, i metalli. In questo “pensare” tutto si trasmuta per tornare all’origine, oltre gli schemi.

Quella di Luciano Caruso è una figura complessa: fine intellettuale, abile promotore culturale, raffinato artista … difficile riuscire a dare un’idea della sua personalità e dei suoi percorsi, impossibile in queste poche righe.

Il percorso che abbiamo scelto è semplicemente la traccia di “un viaggio”, in compagnia di amici che con passione, tensione morale e sensibilità esasperata hanno condiviso il lavoro, le speranze e le ricerche. Un cammino segnato da incontri importanti, come quelli con Martini, Persico, Diacono, con gli Oberto, e che in ambito internazionale si concretizzarono in scambi con i lettristi e i situazionisti, con il gruppo di Fluxus, e con letture e studi che spaziarono da Plotino a Heidegger, fino a Wittgenstein. Né bisogna dimenticare la sua attività di critico ed editorialista; a lui si devono, infatti, la ristampa di testi futuristi in anni in cui ancora questa avanguardia era malvista dal mondo accademico italiano, ancora una volta oltre gli schemi.

Questa mostra è dedicata anche a tutti coloro che vorranno, come l’Eremita dei Tarocchi, capire e “cercare” in una sorta di esercizio traverso, ed è in questa prospettiva che si segnala l’imminente apertura al pubblico dell’Archivio Luciano Caruso.