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Lucilla Catania – Drappo rosso
Il Drappo rosso di Lucilla è un serpeggiante corpo argilloso che, nel giardino del Convento dei Padri Passionisti alla Scala Santa, si adagia, quasi abbandonandosi, sul tronco di un albero. Nella sua flessuosa leggerezza non turba, né invade l’ambiente con il quale crea una reciproca dipendenza.
Comunicato stampa
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06 Giornata del Contemporaneo
Drappo rosso. Ovvero la leggerezza della pensosità.
La “bellezza biologica” non esiste. Rimaniamo estasiati davanti ai prodigi della natura, ma questi prodigi non danno luogo ad alcuna figura precisa. La nostra abitudine a giudicare il bello è così intimamente legata alla forma che la parte invisibile dei prodigi, quella che ne costituirebbe il soggetto stesso, rimane nascosta agli occhi.
Gilles Clément
Elogio delle vagabonde
Scrive Ovidio nelle Metamorfosi che la “conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo”. Così tutto quel che ci circonda, la complessità dei corpi e le forme del cosmo, può trasformarsi in nuovo. Contrariamente a Lucrezio, che contempla il mondo come insieme di atomi inalterabili, Ovidio discerne caratteri e peculiarità quali elementi che precisano la diversità come fondamento delle cose del mondo. Ogni animale, pianta ed essere vivente non è altro che un “tenue involucro d’una sostanza comune che agitato di profonda passione può trasformarsi in quel che vi è di più di dissimile”.
Non diversamente il Drappo rosso di Lucilla Catania sembra ammettere un’intrinseca attitudine al vitalismo. Pur non rifuggendo ricerche e principi estetici, che tuttavia mai si arrendono a postulati e a canoni consolidati, l’opera della Catania nasce da un afflato di un sicuro vigore, sempre misurato, che non eccede in mera forza istintiva. La determinazione formale non è che il riconoscimento di una forza energetica quale fenomeno dello spirito. Così l’esteriorità materiale si palesa per volontà di un pensiero che è saggezza, nonché celata ragione dell’essere. “Ogni cosa naturale è caratterizzata da un principio immanente”, dice Aristotele, “che la spinge alla realizzazione della propria essenza”. È il seme che cresce e da fuscello diventa albero, rispettando le leggi di una visione finalistica che stabilisce le coordinate del divenire e in ultimo il proposito del movimento.
Lo rivela anche la scelta dell’uso dell’argilla, malleabile, elastica e docile nelle mani dell’artista. Quale polvere della terra, che rammenta una pratica di antica e sedimentata memoria, la creta è materia primitiva che Lucilla Catania manipola con dedizione stabilendo con questa una connaturata e viscerale affinità. Con calibrata concentrazione e con un’introspezione che non cede all’impulsività, l’artista saggia, tratta e quindi educa la massa grezza. Il tocco di Lucilla Catania possiede una rapidità di movimento, quale agilità e disinvoltura, che pur conserva una leggerezza pensata, non come inconsistenza, ma al contrario come precisione e determinazione.
Conformandosi, il corpo argilloso del Drappo rosso si distende protendendosi nello spazio alla ricerca di una propria collocazione. Mostrando innate doti plastiche e attitudine alla duttilità, flessuoso si modella trovando conforto sull’esile ma solido tronco di un albero e facendosi materia viva che si affida al grembo della natura. Ancora una volta Lucilla Catania mette alla prova le capacità della materia che plasmata in onde di impalpabile leggiadria si sottrae alla propria densità per assurgere a pura e dinamica presenza.
Arreso alla forza di gravità il corpo cerca una misura di stabilità con la natura che non vuole né invadere né soffocare, ma nella quale si adagia come entità estranea portata dal caso. In nome di quel che Leibniz chiamerebbe necessità, l’opera contraddice una visione deterministica del reale accadendo, invece, in ragione di un’armonia predeterminata. Nasce una congiuntura tra l’ospite e l’elemento ospitante, tra il drappo e l’albero, una concatenazione quale relazione di interdipendenza. Il drappo, segnale rosso di un mondo altro dal naturale, instaura una sintonia, un rapporto osmotico con la superficie scabra dell’albero arrivando ad esistere non più come entità isolata, ma nella sua relazione privilegiata con la natura. Al modo in cui la stessa nasconde in sé un’inestricabile rete di equilibri e analogie tra le cose, così il Drappo rosso della Catania crea con l’albero, e con l’ambiente naturale in cui agisce, un sistema di inviolabili corrispondenze. Non c’è traccia di competizione tra il segno rosso tracciato da Lucilla Catania e i tempi e i modi che sottostanno alla regolare azione della natura. Al contrario affiora una spontanea propensione al cambiamento per la quale l’opera si espone a umori, a evoluzioni e a cicli stagionali concedendosi alla contaminazione e alla convivenza con muschi, pollini, nonché licheni in base ad un principio di movimento che è la sostanza stessa delle cose della natura. Parafrasando Schiller possiamo così dire che l’arte di Lucilla Catania “è la mano destra della natura”.
Eloisa Saldari
Drappo rosso. Ovvero la leggerezza della pensosità.
La “bellezza biologica” non esiste. Rimaniamo estasiati davanti ai prodigi della natura, ma questi prodigi non danno luogo ad alcuna figura precisa. La nostra abitudine a giudicare il bello è così intimamente legata alla forma che la parte invisibile dei prodigi, quella che ne costituirebbe il soggetto stesso, rimane nascosta agli occhi.
Gilles Clément
Elogio delle vagabonde
Scrive Ovidio nelle Metamorfosi che la “conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo”. Così tutto quel che ci circonda, la complessità dei corpi e le forme del cosmo, può trasformarsi in nuovo. Contrariamente a Lucrezio, che contempla il mondo come insieme di atomi inalterabili, Ovidio discerne caratteri e peculiarità quali elementi che precisano la diversità come fondamento delle cose del mondo. Ogni animale, pianta ed essere vivente non è altro che un “tenue involucro d’una sostanza comune che agitato di profonda passione può trasformarsi in quel che vi è di più di dissimile”.
Non diversamente il Drappo rosso di Lucilla Catania sembra ammettere un’intrinseca attitudine al vitalismo. Pur non rifuggendo ricerche e principi estetici, che tuttavia mai si arrendono a postulati e a canoni consolidati, l’opera della Catania nasce da un afflato di un sicuro vigore, sempre misurato, che non eccede in mera forza istintiva. La determinazione formale non è che il riconoscimento di una forza energetica quale fenomeno dello spirito. Così l’esteriorità materiale si palesa per volontà di un pensiero che è saggezza, nonché celata ragione dell’essere. “Ogni cosa naturale è caratterizzata da un principio immanente”, dice Aristotele, “che la spinge alla realizzazione della propria essenza”. È il seme che cresce e da fuscello diventa albero, rispettando le leggi di una visione finalistica che stabilisce le coordinate del divenire e in ultimo il proposito del movimento.
Lo rivela anche la scelta dell’uso dell’argilla, malleabile, elastica e docile nelle mani dell’artista. Quale polvere della terra, che rammenta una pratica di antica e sedimentata memoria, la creta è materia primitiva che Lucilla Catania manipola con dedizione stabilendo con questa una connaturata e viscerale affinità. Con calibrata concentrazione e con un’introspezione che non cede all’impulsività, l’artista saggia, tratta e quindi educa la massa grezza. Il tocco di Lucilla Catania possiede una rapidità di movimento, quale agilità e disinvoltura, che pur conserva una leggerezza pensata, non come inconsistenza, ma al contrario come precisione e determinazione.
Conformandosi, il corpo argilloso del Drappo rosso si distende protendendosi nello spazio alla ricerca di una propria collocazione. Mostrando innate doti plastiche e attitudine alla duttilità, flessuoso si modella trovando conforto sull’esile ma solido tronco di un albero e facendosi materia viva che si affida al grembo della natura. Ancora una volta Lucilla Catania mette alla prova le capacità della materia che plasmata in onde di impalpabile leggiadria si sottrae alla propria densità per assurgere a pura e dinamica presenza.
Arreso alla forza di gravità il corpo cerca una misura di stabilità con la natura che non vuole né invadere né soffocare, ma nella quale si adagia come entità estranea portata dal caso. In nome di quel che Leibniz chiamerebbe necessità, l’opera contraddice una visione deterministica del reale accadendo, invece, in ragione di un’armonia predeterminata. Nasce una congiuntura tra l’ospite e l’elemento ospitante, tra il drappo e l’albero, una concatenazione quale relazione di interdipendenza. Il drappo, segnale rosso di un mondo altro dal naturale, instaura una sintonia, un rapporto osmotico con la superficie scabra dell’albero arrivando ad esistere non più come entità isolata, ma nella sua relazione privilegiata con la natura. Al modo in cui la stessa nasconde in sé un’inestricabile rete di equilibri e analogie tra le cose, così il Drappo rosso della Catania crea con l’albero, e con l’ambiente naturale in cui agisce, un sistema di inviolabili corrispondenze. Non c’è traccia di competizione tra il segno rosso tracciato da Lucilla Catania e i tempi e i modi che sottostanno alla regolare azione della natura. Al contrario affiora una spontanea propensione al cambiamento per la quale l’opera si espone a umori, a evoluzioni e a cicli stagionali concedendosi alla contaminazione e alla convivenza con muschi, pollini, nonché licheni in base ad un principio di movimento che è la sostanza stessa delle cose della natura. Parafrasando Schiller possiamo così dire che l’arte di Lucilla Catania “è la mano destra della natura”.
Eloisa Saldari
09
ottobre 2010
Lucilla Catania – Drappo rosso
Dal 09 ottobre 2010 al 31 gennaio 2012
arte contemporanea
Location
TRALEVOLTE
Roma, Piazza Di Porta San Giovanni, 10, (ROMA)
Roma, Piazza Di Porta San Giovanni, 10, (ROMA)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 17-20
Vernissage
9 Ottobre 2010, ore 17.00
Autore
Curatore