C'è nell'arte di Marie Thérèse Joly un leit motif ricorrente la rievocazione di un mondo in cui i sogni, le paure, i desideri le passioni si incarna in esseri o ferini facenti parte di quell'universo leggendario che è il mito greco capace di provocare, ancora come un tempo, emozioni, sensazioni, nell'uomo di oggi. Si, perché propri nell'era della tecnologia avanzata che rischia di sostituire all'antica mitologia una nuova fatta di automi e robot proponendo esperienze e sensazioni "virtuali" a posto di quelle vere, la proposta della Joly di un nuovo "nostos", o ritorno alle origini della cultura mediterranea, assume il sapore di una poetica provocazione, di un ammaliante invito non più come Watteau a Cithère, ma a Ortigia, nella terra ispiratrice alla quale ogni anno l'artista ritorna con suo fantastico seguito di eroi, di eroine, di guerriere e divinità che sotto la sua guida acquistano vita, pronti a recitare ancora per noi nel teatro greco, la favola della vita.

Maria Maddalena Mosco
Direttrice del Museo degli Argenti e del Museo delle porcellane di palazzo Pitti Firenze