Nel suo atelier, se la zona d’ombra è l’antefatto, il primo impulso dell’artista è quello di immettere e plasmare la luce in una sorta di sons e lumières per dare a noi spettatori l’incanto di una tavolozza iridescente che, muovendo dalla ricusazione delle nozioni di natura e oggetto, ridefinisce i getti di particelle cosmiche e le forme geometriche dell’immaginario umano in funzione di una elaborazione fantastica libera, aperta, concettualmente astratta, pur mutuando in diversi momenti figure di immediata quotidianità e del nostro retroterra culturale.
Si coglie così un’ambivalenza che rende più labile e incerta la linea di confine tra reale e irreale, tra visibile e invisibile che sottintende e postula una decisa complicità, un rapporto di dare e avere tra l’artista visionario e il suo pubblico che è catturato da riconoscibili simboli di un vissuto della stagione della formazione afferenti alla storia individuale e universale, veri archetipi di un saper dello spazio.
Giovanni Stella