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Mario Sironi – Signs & colours
La mostra offrirà un significativo corpus di opere del pittore italiano Mario Sironi (1885-1961), uno degli artisti italiani più moderni del Novecento.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Brun Fine Art è orgogliosa di presentare la mostra MARIO SIRONI: signs & colours, che offrirà un significativo
corpus di opere del pittore italiano Mario Sironi (1885-1961), uno degli artisti italiani più moderni del Novecento.
Inizialmente si era delineato il progetto di proporre al pubblico londinese la sola produzione di Sironi degli anni
della solitudine (1940-1960). L’inevitabile tragico fallimento di un’epoca, la drammatica consapevolezza degli
errori, l’emersione storica della trappola delle illusioni spingono, infatti, Sironi ad una obbligata, inevitabile,
macerante solitudine. Nel tempo, che si impone con la fine della seconda guerra mondiale, egli scava
ossessivamente nelle ragioni di una vita. Così le sue opere si appalesano con toni ulteriormente induriti. Quella
cupezza, che è quasi un rumore di fondo della sua pittura, si trasforma fino a sfiorare il dramma. Affiora
un’apocalisse personale che non rigenera ma consuma, lacera dall’interno. La fatica di vivere, che emerge già nei
suoi paesaggi urbani, diviene sofferenza amplificata dalla feroce depressione che lo dilania e che si esprime in
immagini graffiate sulla tela. I rilievi di un tempo che rimandano alla classicità si sono trasformati sulle tele in
vetro grezzo. Non ha dubbi Vittorio Sgarbi che la ritiene, questa degli anni della solitudine, una “pittura
bellissima, commovente [...] forse fra le più alte che in Europa vengano mai prodotte nel corso degli anni
Quaranta e Cinquanta.”
Ma un simile taglio espositivo rischiava di rendere poco comprensibile quello che Agnoldomenico Pica, nella
monografia del 1955 dedicata al maestro, definisce “unicità del fenomeno Sironi.” Non va dimenticato come egli,
a seguito dell'accelerazione imposta dal passaggio al Futurismo, precorre i tempi sulla modernità funzionale,
quasi in parallelo con i Costruttivisti russi.
In Sironi è profondamente radicata la convinzione delle grandi pitture murali lontane dai piccoli formati da
cavalletto, dalla pittura da salotto per pochi eletti. Autentico artista epico moderno mantiene inalterato il suo
ideale traguardo nell’autentica arte intrisa di vibranti messaggi morali, volta non a soddisfare gusti populistici ma
a formarli. Tale aspirazione, mescolata ad un viscerale interesse per l’architettura e la scultura, trova infine, negli
anni Quaranta, uno sbocco nel rinnovato impegno per l’attività teatrale, con l’esecuzione di scenografie e costumi
che raggiunge il suo apice con le scene per il Don Carlos di Giuseppe Verdi commissionate nel 1950 dal Maggio
Musicale Fiorentino. Ma si tratta di una fragile illusione legata al carattere effimero delle scene teatrali.
Dotato di mezzi tecnici notevoli, primeggiando nel disegno, è fecondo creatore di iconografie capace di farsi
interprete grandioso del suo tempo. Sempre fedele a se stesso, forgia uno suo stile inequivocabile e già con
l’esposizione del 1943 traccia nel suo itinerario d’artista una linea di evidente demarcazione. La tempera, che egli
tanto ampiamente utilizza, diviene ora ricordo ed elemento di continuità con le opere monumentali, con
l’affresco. Corroso dall’inquietudine del mistero della vita, si muove affannosamente nella vana ricerca di qualcosa
in cui credere. Nella sua pittura a scomparti, e a più registri sembrano aprirsi fenditure a suggestioni informali al
punto che il critico Michel Tapié nel 1952 lo inserisce tra gli artisti materici informali. L’esistenzialismo solitario e
personale di Sironi trova, dunque, comuni punti di contatto con la crisi collettiva dei valori e la critica straniera,
senza pregiudizi, lo percepisce come un artista del tutto attuale. E infatti la corposa mostra itinerante di Sironi e
Marino Marini, che nel 1953 passa attraverso le maggiori città degli Stati Uniti d’America, riscuote ampio
consenso.
Quando si fa più fitto il dialogo con la morte le sue composizioni multiple si addensano di rovine di idoli, di
allusioni a ideali di gloria che si disgregano, e Sironi prende a dipingere la visionaria serie allucinata dedicata al
tema dell’Apocalisse che conclude in un’atmosfera mitica primordiale ed eterna nel maggio del 1961: tre mesi
prima del suo epilogo. Nel 1962 la Biennale di Venezia dedica a Sironi un’ampia retrospettiva che avvia anche in
Italia il tempo di un approccio scevro da preconcetti all’opera di uno dei grandi protagonisti del Novecento.
corpus di opere del pittore italiano Mario Sironi (1885-1961), uno degli artisti italiani più moderni del Novecento.
Inizialmente si era delineato il progetto di proporre al pubblico londinese la sola produzione di Sironi degli anni
della solitudine (1940-1960). L’inevitabile tragico fallimento di un’epoca, la drammatica consapevolezza degli
errori, l’emersione storica della trappola delle illusioni spingono, infatti, Sironi ad una obbligata, inevitabile,
macerante solitudine. Nel tempo, che si impone con la fine della seconda guerra mondiale, egli scava
ossessivamente nelle ragioni di una vita. Così le sue opere si appalesano con toni ulteriormente induriti. Quella
cupezza, che è quasi un rumore di fondo della sua pittura, si trasforma fino a sfiorare il dramma. Affiora
un’apocalisse personale che non rigenera ma consuma, lacera dall’interno. La fatica di vivere, che emerge già nei
suoi paesaggi urbani, diviene sofferenza amplificata dalla feroce depressione che lo dilania e che si esprime in
immagini graffiate sulla tela. I rilievi di un tempo che rimandano alla classicità si sono trasformati sulle tele in
vetro grezzo. Non ha dubbi Vittorio Sgarbi che la ritiene, questa degli anni della solitudine, una “pittura
bellissima, commovente [...] forse fra le più alte che in Europa vengano mai prodotte nel corso degli anni
Quaranta e Cinquanta.”
Ma un simile taglio espositivo rischiava di rendere poco comprensibile quello che Agnoldomenico Pica, nella
monografia del 1955 dedicata al maestro, definisce “unicità del fenomeno Sironi.” Non va dimenticato come egli,
a seguito dell'accelerazione imposta dal passaggio al Futurismo, precorre i tempi sulla modernità funzionale,
quasi in parallelo con i Costruttivisti russi.
In Sironi è profondamente radicata la convinzione delle grandi pitture murali lontane dai piccoli formati da
cavalletto, dalla pittura da salotto per pochi eletti. Autentico artista epico moderno mantiene inalterato il suo
ideale traguardo nell’autentica arte intrisa di vibranti messaggi morali, volta non a soddisfare gusti populistici ma
a formarli. Tale aspirazione, mescolata ad un viscerale interesse per l’architettura e la scultura, trova infine, negli
anni Quaranta, uno sbocco nel rinnovato impegno per l’attività teatrale, con l’esecuzione di scenografie e costumi
che raggiunge il suo apice con le scene per il Don Carlos di Giuseppe Verdi commissionate nel 1950 dal Maggio
Musicale Fiorentino. Ma si tratta di una fragile illusione legata al carattere effimero delle scene teatrali.
Dotato di mezzi tecnici notevoli, primeggiando nel disegno, è fecondo creatore di iconografie capace di farsi
interprete grandioso del suo tempo. Sempre fedele a se stesso, forgia uno suo stile inequivocabile e già con
l’esposizione del 1943 traccia nel suo itinerario d’artista una linea di evidente demarcazione. La tempera, che egli
tanto ampiamente utilizza, diviene ora ricordo ed elemento di continuità con le opere monumentali, con
l’affresco. Corroso dall’inquietudine del mistero della vita, si muove affannosamente nella vana ricerca di qualcosa
in cui credere. Nella sua pittura a scomparti, e a più registri sembrano aprirsi fenditure a suggestioni informali al
punto che il critico Michel Tapié nel 1952 lo inserisce tra gli artisti materici informali. L’esistenzialismo solitario e
personale di Sironi trova, dunque, comuni punti di contatto con la crisi collettiva dei valori e la critica straniera,
senza pregiudizi, lo percepisce come un artista del tutto attuale. E infatti la corposa mostra itinerante di Sironi e
Marino Marini, che nel 1953 passa attraverso le maggiori città degli Stati Uniti d’America, riscuote ampio
consenso.
Quando si fa più fitto il dialogo con la morte le sue composizioni multiple si addensano di rovine di idoli, di
allusioni a ideali di gloria che si disgregano, e Sironi prende a dipingere la visionaria serie allucinata dedicata al
tema dell’Apocalisse che conclude in un’atmosfera mitica primordiale ed eterna nel maggio del 1961: tre mesi
prima del suo epilogo. Nel 1962 la Biennale di Venezia dedica a Sironi un’ampia retrospettiva che avvia anche in
Italia il tempo di un approccio scevro da preconcetti all’opera di uno dei grandi protagonisti del Novecento.
07
marzo 2019
Mario Sironi – Signs & colours
Dal 07 marzo al 24 maggio 2019
arte moderna
Location
BRUN FINE ART
London, Old Bond Street, 38
London, Old Bond Street, 38
Vernissage
7 Marzo 2019, h 18-20
Autore