Nella ricerca pittorica di Markus Damini emergono due aspetti della vita,
che lo ispirano sempre nuovamente. Un motivo ricorrente e' la sua
raffigurazione del soffione, che e' un po' l'emblema della sua pittura. In
questo umile "seminatore" del comunissimo dente di leone o tarassaco che dir
si voglia, Damini scopre la leggerezza dell'essere cosi' come l' armoniosa
simmetria nella disposizione dei semi che formano una perfetta raggiera e
simboleggiano in tale modo la continua rinascita della vita in un ciclo
senza fine. Questa circolarita' dell' essere che si ritrova sia nel micro-
che nel macrocosmo e' tema comune della pittura di Damini come della poesia
di Christine Matha'.

Nasce cosi' questa mostra che vuole presentare una simbiosi fra immagine e
parola fra "il pensiero dipinto" ed il "pensiero formulato".

Il secondo aspetto ricollegabile al primo e' la specularita'; specularita'
che ha origine dall' Io stesso. L'Io si pone e si orienta nel mondo sia come
osservatore che come oggetto di osservazione, da parte dell'altro Io con cui
entra in contatto.

Markus Damini trova la specularita' fin dai suoi primordi cellulari nella
catena a spirale del DNA e propone questo tema in varie opere, di cui molto
significativa "Il custode della Parola", dove le spirali sembrano fluttuare
ad infinitum. Il "Custode della Parola" e' l'uomo che ha il compito di
vegliare sulla Parola come sul significato della sua stessa esistenza.

Cosi' come la circolarita' dell'essere anche la specularita' diventa tema
poetico ed e' sempre l'idea dell'infinito che affascina allo stesso modo
sia il pittore che la scrittrice.