Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Massimo Ballardin / Daniele Marcon – Terra di confine, pittura ed assemblaggi
Sin dalla sua inaugurazione la showroom Gili Arredamento di Castelfranco Veneto (Tv) si è presentata in veste di piccola galleria d’arte, esponendo opere di conosciuti artisti locali ed anche il 2006 per la showroom si apre all’insegna di interessanti esposizioni
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sin dalla sua inaugurazione la showroom Gili Arredamento di Castelfranco Veneto (Tv) si è presentata in veste di piccola galleria d’arte, esponendo opere di conosciuti artisti locali ed anche il 2006 per la showroom si apre all’insegna di interessanti esposizioni.
La prima mostra in calendario è prevista dal 16.02/05.03.2006 dal titolo "Terra di confine" e sarà dedicata alle opere di Massimo Ballardin e Daniele Marcon, conosciuti artisti rispettivamente di Thiene (Vi) e Marostica (Vi) che al loro attivo hanno già numerose mostre personali e collettive.
Massimo Ballardin consegue il diploma in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove è allievo di Emilio Vedova.
La sua ricerca si basa sull'esperienza diretta della materia. Materia che facendosi stato d'animo, diventa filo conduttore di vari cicli di opere.
In “Surfacing” l'artista attinge e cattura immagini da un mondo tangibile pre-esistente e questi prelievi, sfuocati, sgranati e ingranditi, vengono trasportati e ridefiniti in un nuovo scenario. Incollati sulla tela, vengono poi ricoperti con un'unica tonalità (impasto composto da resina acrilica con pigmento rosso o blu).
Successivamente, ancor prima che la superficie si consolidi, l'artista inizia l'affascinante e imprevedibile fase della ricerca. Un pò come fa l'archeologo, ripulendo, asportando, l'artista ritrova le tracce sotto la superficie fino a quel momento piatta: tracce che, nelle parole dello stesso Massimo Ballardin, "aprono, rivelano delle sensazioni che fino ad allora stavano sotto, al di là”. La scelta di usare un solo tono di colore è data dall'esigenza di stabilire un filo diretto ed immediato, senza interferenze, con ciò che riappare e riemerge.
L' artista "viaggia sul posto", in profondità e nel tempo: quello che si configura, infatti, è quasi l' inversione del processo di creazione pittorica tradizionale. Si procede a ritroso, recuperando i gesti iniziali: non si aggiunge ma si toglie, si asporta e, così facendo, si ri-scopre. Il risultato è un paesaggio di grande potenza evocativa in cui l'oggettivo, il già esistente (il bianco della tela e il nero della xerografia) vengono letti attraverso il colore/emozione (il blu e il rosso, la terra e il cielo, il polo freddo e il polo caldo) vissuto dall'artista.
Nel successivo progetto “Le stanze dell'anima" e nel ciclo di opere "Terra di confine" che saranno esposte a Castelfranco la tela diventa fisicamente "parete", confine ultimo tra il suo interno e ciò che sta al di là.
La superficie dei suoi quadri, inizialmente bianca e liscia, è diventata "materia", grazie all'uso sapiente di calce, cemento, resina.
Brandelli di muro, profonde stratificazioni, enormi spessori diventano rivelazione tattile dell'io profondo portato all'evidenza, frammento di spazio vissuto che semplicemente affiora e che intuitivamente percepiamo, frammento di quel particolare e preciso istante che si materializza. La "parete" diventa così schermo, luogo di proiezione.
Le visioni di Ballardin diventano recupero della memoria e luoghi interiori in cui il ricordo riaffiora piano piano quasi trasfigurato. Il silenzio e la fisicità dello spazio è sublimata da bagliori di luce che sembrano accendere e rivelare una energia primordiale che pervade e scuote. Una luce che è dentro, che ha bisogno della materia per farsi stato d'animo, sogno, conoscenza.
L’espressione del rapporto della materia con le emozioni, nell’opera di Daniele Marcon, non si avvale di un linguaggio figurativo bensì dell’accostamento poetico di mezzi e strumenti interdisciplinari, quali la pittura, la scultura e la musica.
Dopo aver conseguito il diploma artistico ed aver frequentato l’ambiente accademico di Venezia, Daniele Marcon inizia il suo approfondimento dell’arte espressionista, per trovare poi nell’arte primitiva la prima fonte di studio e di ispirazione. Duranti i viaggi in Asia ha l’opportunità di accostare personalmente linguaggi ed espressività di popoli non occidentali. Parallelamente, il suo interesse si avvicina alle correnti artistiche sviluppatesi in Italia e nel mondo intorno agli anni 60’ (Burri, Tinguely, Niki de Saint Pelle), delle quali mantiene la tipologia d’uso dei materiali ma dalle quali si discosta per il contenuto narrativo sempre più personale.
Nasce così l’esigenza per l’artista di approfondire la conoscenza della materia e delle sensazioni, nella loro essenzialità, con il difficile intento di ricercarne un equilibrio comunicativo.
Viaggia, raccoglie immagini, impressioni, oggetti come tronchi, porte e finestre, bottiglie. Materiali vissuti, spesso abbandonati o dimenticati, lavorati dall’uomo, dal vento, dalla pioggia, dal sole, che nell’assemblamento rivivono una propria rinascita, espressa dall’artista con musicalità.
Le opere che ne risultano, sprovviste di titolo, data e firma, sono fotogrammi di flussi di energia, colti nel loro nascere e divenire, emozioni che si traducono in materia.
Gli oggetti utilizzati, a volte riconoscibili nella loro funzione, a volte solo parti di un tutt’uno ormai perduto, restituiscono all’osservatore la loro storia e nell’intreccio dell’incontro, esplodono nei colori e nelle voci ad essi un tempo legati.
Di diversa tipologia le opere di Daniele Marcon: partendo dalla bidimensionalità della tela, in cui compaiano comunque gli spessori di impasti di terre e materiali, passando attraverso la trimedimensionalità di opere scultoree ed installazioni libere da cornici (tra cui una serie di numerosi ” drappi”), sino ad arrivare ai “pannelli “ in cui gli oggetti si accostano (quasi una implosione) a costituire l’opera stessa.
Durante il percorso, la stesura di” diari di viaggio”, in cui non compaiono parole ma le tracce di quelle emozioni che poi avrebbero trovato corpo e dimensione nelle opere stesse.
La prima mostra in calendario è prevista dal 16.02/05.03.2006 dal titolo "Terra di confine" e sarà dedicata alle opere di Massimo Ballardin e Daniele Marcon, conosciuti artisti rispettivamente di Thiene (Vi) e Marostica (Vi) che al loro attivo hanno già numerose mostre personali e collettive.
Massimo Ballardin consegue il diploma in pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia, dove è allievo di Emilio Vedova.
La sua ricerca si basa sull'esperienza diretta della materia. Materia che facendosi stato d'animo, diventa filo conduttore di vari cicli di opere.
In “Surfacing” l'artista attinge e cattura immagini da un mondo tangibile pre-esistente e questi prelievi, sfuocati, sgranati e ingranditi, vengono trasportati e ridefiniti in un nuovo scenario. Incollati sulla tela, vengono poi ricoperti con un'unica tonalità (impasto composto da resina acrilica con pigmento rosso o blu).
Successivamente, ancor prima che la superficie si consolidi, l'artista inizia l'affascinante e imprevedibile fase della ricerca. Un pò come fa l'archeologo, ripulendo, asportando, l'artista ritrova le tracce sotto la superficie fino a quel momento piatta: tracce che, nelle parole dello stesso Massimo Ballardin, "aprono, rivelano delle sensazioni che fino ad allora stavano sotto, al di là”. La scelta di usare un solo tono di colore è data dall'esigenza di stabilire un filo diretto ed immediato, senza interferenze, con ciò che riappare e riemerge.
L' artista "viaggia sul posto", in profondità e nel tempo: quello che si configura, infatti, è quasi l' inversione del processo di creazione pittorica tradizionale. Si procede a ritroso, recuperando i gesti iniziali: non si aggiunge ma si toglie, si asporta e, così facendo, si ri-scopre. Il risultato è un paesaggio di grande potenza evocativa in cui l'oggettivo, il già esistente (il bianco della tela e il nero della xerografia) vengono letti attraverso il colore/emozione (il blu e il rosso, la terra e il cielo, il polo freddo e il polo caldo) vissuto dall'artista.
Nel successivo progetto “Le stanze dell'anima" e nel ciclo di opere "Terra di confine" che saranno esposte a Castelfranco la tela diventa fisicamente "parete", confine ultimo tra il suo interno e ciò che sta al di là.
La superficie dei suoi quadri, inizialmente bianca e liscia, è diventata "materia", grazie all'uso sapiente di calce, cemento, resina.
Brandelli di muro, profonde stratificazioni, enormi spessori diventano rivelazione tattile dell'io profondo portato all'evidenza, frammento di spazio vissuto che semplicemente affiora e che intuitivamente percepiamo, frammento di quel particolare e preciso istante che si materializza. La "parete" diventa così schermo, luogo di proiezione.
Le visioni di Ballardin diventano recupero della memoria e luoghi interiori in cui il ricordo riaffiora piano piano quasi trasfigurato. Il silenzio e la fisicità dello spazio è sublimata da bagliori di luce che sembrano accendere e rivelare una energia primordiale che pervade e scuote. Una luce che è dentro, che ha bisogno della materia per farsi stato d'animo, sogno, conoscenza.
L’espressione del rapporto della materia con le emozioni, nell’opera di Daniele Marcon, non si avvale di un linguaggio figurativo bensì dell’accostamento poetico di mezzi e strumenti interdisciplinari, quali la pittura, la scultura e la musica.
Dopo aver conseguito il diploma artistico ed aver frequentato l’ambiente accademico di Venezia, Daniele Marcon inizia il suo approfondimento dell’arte espressionista, per trovare poi nell’arte primitiva la prima fonte di studio e di ispirazione. Duranti i viaggi in Asia ha l’opportunità di accostare personalmente linguaggi ed espressività di popoli non occidentali. Parallelamente, il suo interesse si avvicina alle correnti artistiche sviluppatesi in Italia e nel mondo intorno agli anni 60’ (Burri, Tinguely, Niki de Saint Pelle), delle quali mantiene la tipologia d’uso dei materiali ma dalle quali si discosta per il contenuto narrativo sempre più personale.
Nasce così l’esigenza per l’artista di approfondire la conoscenza della materia e delle sensazioni, nella loro essenzialità, con il difficile intento di ricercarne un equilibrio comunicativo.
Viaggia, raccoglie immagini, impressioni, oggetti come tronchi, porte e finestre, bottiglie. Materiali vissuti, spesso abbandonati o dimenticati, lavorati dall’uomo, dal vento, dalla pioggia, dal sole, che nell’assemblamento rivivono una propria rinascita, espressa dall’artista con musicalità.
Le opere che ne risultano, sprovviste di titolo, data e firma, sono fotogrammi di flussi di energia, colti nel loro nascere e divenire, emozioni che si traducono in materia.
Gli oggetti utilizzati, a volte riconoscibili nella loro funzione, a volte solo parti di un tutt’uno ormai perduto, restituiscono all’osservatore la loro storia e nell’intreccio dell’incontro, esplodono nei colori e nelle voci ad essi un tempo legati.
Di diversa tipologia le opere di Daniele Marcon: partendo dalla bidimensionalità della tela, in cui compaiano comunque gli spessori di impasti di terre e materiali, passando attraverso la trimedimensionalità di opere scultoree ed installazioni libere da cornici (tra cui una serie di numerosi ” drappi”), sino ad arrivare ai “pannelli “ in cui gli oggetti si accostano (quasi una implosione) a costituire l’opera stessa.
Durante il percorso, la stesura di” diari di viaggio”, in cui non compaiono parole ma le tracce di quelle emozioni che poi avrebbero trovato corpo e dimensione nelle opere stesse.
16
febbraio 2006
Massimo Ballardin / Daniele Marcon – Terra di confine, pittura ed assemblaggi
Dal 16 febbraio al 05 marzo 2006
arte contemporanea
Location
GILI ARREDAMENTO
Castelfranco Veneto, Via Giacomo Matteotti, 5, (Treviso)
Castelfranco Veneto, Via Giacomo Matteotti, 5, (Treviso)
Orario di apertura
9-12.30 e 15.30-19.30, domenica e festivi 16-19
Vernissage
16 Febbraio 2006, ore 19-21
Ufficio stampa
GHENOS
Autore