Il 12 maggio alle ore 18.00 a Lamezia Terme verrà inaugurata una mostra di dipinti dal titolo “Frate Francesco da Paola” presso il teatro Politeama di Sambiase, recentemente restaurato. La mostra, che raccoglie oltre trenta opere e una cartella di serigrafie realizzate dal pittore Maurizio Carnevali, è stata promossa dall’Assessorato ai Beni Culturali del comune di Lamezia Terme e fortemente voluta sia dall’Assessore, Giovanna de Sensi Sestito, che dal Sindaco, Gianni Speranza: un evento culturale che ha visto Lamezia inserita nel calendario della Settimana della Cultura promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. La scelta di esporre la mostra nel cuore di Sambiase, che è sede di un convento dei frati minimi, ha poi voluto ribadire il legame di Lamezia con la figura del santo.

E’, questa, l’occasione per Carnevali per esporre nella propria città il proprio lavoro sulla vita Frate Francesco, un impegno che lo accompagna da oltre dieci anni e che ha visto la propria definitiva sistemazione proprio quest’anno, in occasione del cinquecenterario dalla nascita di San Francesco.


I quadri, oli e acquerelli, ripercorrono tutte le tappe principali della vita e dei miracoli del frate, in un ciclo che riflette la varietà degli interessi e la duttilità dell’arte di Carnevali, che ha realizzato questa mostra dopo una lunga stagione di studio delle carte del processo di canonizzazione e della sterminata bibliografia sul Santo di Paola. Frate Francesco, fondatore dell’Ordine dei Minimi, vissuto all’inizio del XV secolo, si rivela una figura di grande carisma, un uomo capace di modificare la storia del suo tempo, forte di un’identità contadina che gli consente di opporsi a vescovi e a re, vicino agli emarginati piuttosto che ai potenti, apostolo di una fede militante lontana dal fasto delle corti reali ed ecclesiastiche. Frate Francesco di Carnevali è un uomo che coltiva intimamente la fede nella giustizia e che mette in pratica, talvolta anche brutalmente, la propria ideologia: è, per esempio, colui che, nello sdegnare le lusinghe del re iniquo Ferrante d’Aragona, lorda di sangue le ricche vesti dei cortigiani, facendolo sprizzare dalle monete che il re gli porgeva e urlando la celebre frase “Sire, questo è il sangue dei tuoi sudditi che tu opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio”; è colui che rifiuta a più riprese di recarsi in Francia per “miracolare” il re Luigi XI, finché non sopraggiunge la pressione di papa Sisto V, preoccupato di non turbare gli equilibri diplomatici; è infine il frate dei poveri, perché “frate corpo ha bisogno de mangiare” e, a imitazione di Cristo, moltiplica vino, acqua, formaggio, pane. Al di là dei miracoli e degli aneddoti, dunque, un uomo sacro, oltre che santo, che si autodefinisce “villano e rustico”.