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Mavi Ferrando – Sacro/Profano
E’ questa la settima grande installazione in legno che Mavi Ferrando ha realizzato avvalendosi, nelle sue parti componenti, dell’intervento di altri artisti in una sorta di lavoro a quattro mani con ciascuno di essi
Comunicato stampa
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10 - 19 dicembre 2008
Sacro/Profano
installazione di Mavi Ferrando con 22 interventi di 22 artisti
interventi di: Rodolfo Berengo, Maria Amalia Cangiano, Salvatore Carbone, Albino De Francesco, Adalberto Borioli, Antonio Falleti, Gretel Fehr, Anna Finetti, anna Rosa Faina gavazzi, Jane Kennedy, Ornella Garbin, Helene Gritsch, Nadia Magnabosco, Marilde Magni, Alberto Mari, Gianni Marussi, Elisabetta Pagani, Edy Persichelli, Antonella Prota Giurleo, Luca Rendina, Raffaele Romano, Paola Zan
a cura di Donatella Airoldi
E’ questa la settima grande installazione in legno che Mavi Ferrando ha realizzato avvalendosi, nelle sue parti componenti, dell’intervento di altri artisti in una sorta di lavoro a quattro mani con ciascuno di essi. All’origine sono 22 tavole di legno all’interno delle quali sono state individuate alcune forme poi asportate con un’operazione di traforo. Ciascuna tavola è stata quindi consegnata ad altrettanti artisti per la realizzazione degli interventi: nella porzione superiore una visione del Sacro, in quella inferiore una visione del Profano. Al termine della mostra è prevista una performance ‘al taglio’ dove il ‘Sacro’ verrà separato dal ‘Profano’.
Nella genesi dell’installazione si vede come all’origine il Sacro e il Profano quasi non si distinguano fra loro: sono indissolubilmente uniti, come una coppia simbiotica formata da elementi simili e opposti in perfetta eguaglianza ed equilibrio. Ciascuno ha un proprio spazio vuoto di identità al di sopra o al di sotto. Ma nel tempo questo spazio si riempie, si popola, si articola, si colora, si differenzia. E questa differenziazione diventa sempre più pesante e insopportabile per una coabitazione coatta e alla fine l’antica coppia si separa. Per sempre. Restano le antiche similitudini e l’antica origine comune, ma o si è da una parte o si è dall’altra. Una visione forse massimalista, ma senz’altro emblematica di uno stare in un mondo dove le le visioni del mondo radicalizzate sono sempre più diffuse. Ma qualcuno. già lo sappiamo. vorrà ancora mantenere l’antica fusione: il suo Sacro sarà ancora estremamente simile e in armonia con il Profano. E non vorrà separarsi. Lo sapremo alla performance.
Donatella Airoldi
Sacro e Profano
Il dubbio è un furibondo avvelenatore di suoni servili anche senza sublimi detentori di spezie.
Nel sacro quotidiano trasporto di viscere cerchi di assopire gocce spasmodiche alla ricerca di una sete reversibile. Un profano limitare dei giochi, in esauriti rigetti di cenci, sovrasta il recintante imbroglio chiuso.
Profano che non è sacro bensì mondano.
E’ questa un’installazione composta all’origine da semplici tavole di legno con piccoli tagli al centro o disseminati sulla superficie. Sono lievi lacerazioni sagomate, sono forme sinuose in un legno di cm 180 x 15 cm con spessore 1,6 cm. All’inizio gli elementi dell’installazione apparivano come tavole inanimate in attesa di una qualche illusione che le potesse catalizzare.
Collettiva dimostrazione d’intenti come quando il proferire parole accomunava pubbliche piazze e luoghi ravvicinati con narghilè fumosi. Sequenza di immagini fragili che si rompono al contatto del ghiaccio.
Profano che non è degno di sentire e toccare ciò che è sacro.
Mavi Ferrando agisce su questi legni provocando la materia nello scandaglio del sé. L’inconscio suggerisce dilemmi e frenesie e l’avvicinarsi e lo scagliarsi della forma astratta porta alla luce una bellezza sottile, frastagliata, che insidia l’esatta visione delle cose.
Nessun proclama infuocato, nessuna battaglia slavata, nessuna duttilità che contorce la mente. Due unici segni appena accennati per capire che in quella naturale forma si può scoprire l’inafferrabile. La relazione con la materia è un rapporto di attrazione inevitabile dove il bilanciamento luminoso, cromatico e compositivo prelude a una visione contemporanea della dualità e del doppio che si cibano a briglie sciolte di piaceri e di silenzi di clausura.
La capacità di creare e capire che in quella naturale forma si può scolpire la semplicità di un enigma inenarrabile è evidente.
Le opere oscillano tra presenza e assenza, con l’attrazione traslata di una disseminazione e sottrazione reciproca.
L’intera installazione è formata da 22 parti e si pone come una continua dissolvenza incrociata che mescola la primigenia tessitura scultorea con la cromaticità dei 22 artisti intervenuti.
Gli artisti sono: Rodolfo Berengo, Adalberto Borioli, Maria Elena Borsato, Maria Amalia Cangiano, Salvatore Carbone, Albino De Francesco, Antonio Falleti, Gretel Fehr, Anna Finetti, anna Rosa Faina gavazzi, Jane Kennedy, Ornella Garbin, Helene Gritsch, Nadia Magnabosco, Marilde Magni, Alberto Mari, Gianni Marussi, Elisabetta Pagani, Edy Persichelli, Antonella Prota Giurleo, Luca Rendina, Raffaele Romano, Paola Zan.
Una polvere bianca può essere farina o coca, ma non se ne vede la differenza. Madonne angeliche che trattengono il vuoto perché il Bambin Gesù è fuggito altrove, fiumi che mutano in oceani, fiori lilla e turchino su fondo rosa, donne discinte che fissano indelebilmente il loro potere.
In molte opere si avverte la tesa volontà di raccontare il più possibile, in una tensione feroce di contenere il tutto e di farne una sintesi totalizzante. E’ come se il mondo potesse sfuggire, come se parti cruciali di esso potessero svanire e affondare nel nulla.
L’installazione è come il filo di un racconto che si snoda in un continuo travaso tra un estremo e l’altro, in cui tutto, comunque, ha sempre momenti estremi di nobiltà e verità. E’ questa elettrizzante duplicità, deduttiva e sovversiva, torbido e puro incorporati in un unico elemento, in un’unica passione-ossessione che si trasforma in un’incantevole e intrepida univocità. Una vulnerabile e profondamente toccante incertezza.
Non appagata da questo connubio materiale e spirituale, da questo turbamento affettivo e affine, in una performance finale l’artista separerà il sacro dal profano nel candido tepore di Quintocortile, con una lama già arrossata. Chi intendesse utilizzare il servizio deve limitarsi a farlo per esigenze personali e/o interne alla propria organizzazione.
E in fine il Sacro sarà posto alla sinistra e il Profano alla destra del pubblico coinvolto nella performance. E Giuda sarà nelle retrovie.
Una sola fiaba dura per tutta una vita.
inaugurazione: mercoledì 10 dicembre ore 18 - 19.30
orario: da martedì a venerdì dalle 17,30 alle 18,30 o su appuntamento 338.8007617
Sacro/Profano
installazione di Mavi Ferrando con 22 interventi di 22 artisti
interventi di: Rodolfo Berengo, Maria Amalia Cangiano, Salvatore Carbone, Albino De Francesco, Adalberto Borioli, Antonio Falleti, Gretel Fehr, Anna Finetti, anna Rosa Faina gavazzi, Jane Kennedy, Ornella Garbin, Helene Gritsch, Nadia Magnabosco, Marilde Magni, Alberto Mari, Gianni Marussi, Elisabetta Pagani, Edy Persichelli, Antonella Prota Giurleo, Luca Rendina, Raffaele Romano, Paola Zan
a cura di Donatella Airoldi
E’ questa la settima grande installazione in legno che Mavi Ferrando ha realizzato avvalendosi, nelle sue parti componenti, dell’intervento di altri artisti in una sorta di lavoro a quattro mani con ciascuno di essi. All’origine sono 22 tavole di legno all’interno delle quali sono state individuate alcune forme poi asportate con un’operazione di traforo. Ciascuna tavola è stata quindi consegnata ad altrettanti artisti per la realizzazione degli interventi: nella porzione superiore una visione del Sacro, in quella inferiore una visione del Profano. Al termine della mostra è prevista una performance ‘al taglio’ dove il ‘Sacro’ verrà separato dal ‘Profano’.
Nella genesi dell’installazione si vede come all’origine il Sacro e il Profano quasi non si distinguano fra loro: sono indissolubilmente uniti, come una coppia simbiotica formata da elementi simili e opposti in perfetta eguaglianza ed equilibrio. Ciascuno ha un proprio spazio vuoto di identità al di sopra o al di sotto. Ma nel tempo questo spazio si riempie, si popola, si articola, si colora, si differenzia. E questa differenziazione diventa sempre più pesante e insopportabile per una coabitazione coatta e alla fine l’antica coppia si separa. Per sempre. Restano le antiche similitudini e l’antica origine comune, ma o si è da una parte o si è dall’altra. Una visione forse massimalista, ma senz’altro emblematica di uno stare in un mondo dove le le visioni del mondo radicalizzate sono sempre più diffuse. Ma qualcuno. già lo sappiamo. vorrà ancora mantenere l’antica fusione: il suo Sacro sarà ancora estremamente simile e in armonia con il Profano. E non vorrà separarsi. Lo sapremo alla performance.
Donatella Airoldi
Sacro e Profano
Il dubbio è un furibondo avvelenatore di suoni servili anche senza sublimi detentori di spezie.
Nel sacro quotidiano trasporto di viscere cerchi di assopire gocce spasmodiche alla ricerca di una sete reversibile. Un profano limitare dei giochi, in esauriti rigetti di cenci, sovrasta il recintante imbroglio chiuso.
Profano che non è sacro bensì mondano.
E’ questa un’installazione composta all’origine da semplici tavole di legno con piccoli tagli al centro o disseminati sulla superficie. Sono lievi lacerazioni sagomate, sono forme sinuose in un legno di cm 180 x 15 cm con spessore 1,6 cm. All’inizio gli elementi dell’installazione apparivano come tavole inanimate in attesa di una qualche illusione che le potesse catalizzare.
Collettiva dimostrazione d’intenti come quando il proferire parole accomunava pubbliche piazze e luoghi ravvicinati con narghilè fumosi. Sequenza di immagini fragili che si rompono al contatto del ghiaccio.
Profano che non è degno di sentire e toccare ciò che è sacro.
Mavi Ferrando agisce su questi legni provocando la materia nello scandaglio del sé. L’inconscio suggerisce dilemmi e frenesie e l’avvicinarsi e lo scagliarsi della forma astratta porta alla luce una bellezza sottile, frastagliata, che insidia l’esatta visione delle cose.
Nessun proclama infuocato, nessuna battaglia slavata, nessuna duttilità che contorce la mente. Due unici segni appena accennati per capire che in quella naturale forma si può scoprire l’inafferrabile. La relazione con la materia è un rapporto di attrazione inevitabile dove il bilanciamento luminoso, cromatico e compositivo prelude a una visione contemporanea della dualità e del doppio che si cibano a briglie sciolte di piaceri e di silenzi di clausura.
La capacità di creare e capire che in quella naturale forma si può scolpire la semplicità di un enigma inenarrabile è evidente.
Le opere oscillano tra presenza e assenza, con l’attrazione traslata di una disseminazione e sottrazione reciproca.
L’intera installazione è formata da 22 parti e si pone come una continua dissolvenza incrociata che mescola la primigenia tessitura scultorea con la cromaticità dei 22 artisti intervenuti.
Gli artisti sono: Rodolfo Berengo, Adalberto Borioli, Maria Elena Borsato, Maria Amalia Cangiano, Salvatore Carbone, Albino De Francesco, Antonio Falleti, Gretel Fehr, Anna Finetti, anna Rosa Faina gavazzi, Jane Kennedy, Ornella Garbin, Helene Gritsch, Nadia Magnabosco, Marilde Magni, Alberto Mari, Gianni Marussi, Elisabetta Pagani, Edy Persichelli, Antonella Prota Giurleo, Luca Rendina, Raffaele Romano, Paola Zan.
Una polvere bianca può essere farina o coca, ma non se ne vede la differenza. Madonne angeliche che trattengono il vuoto perché il Bambin Gesù è fuggito altrove, fiumi che mutano in oceani, fiori lilla e turchino su fondo rosa, donne discinte che fissano indelebilmente il loro potere.
In molte opere si avverte la tesa volontà di raccontare il più possibile, in una tensione feroce di contenere il tutto e di farne una sintesi totalizzante. E’ come se il mondo potesse sfuggire, come se parti cruciali di esso potessero svanire e affondare nel nulla.
L’installazione è come il filo di un racconto che si snoda in un continuo travaso tra un estremo e l’altro, in cui tutto, comunque, ha sempre momenti estremi di nobiltà e verità. E’ questa elettrizzante duplicità, deduttiva e sovversiva, torbido e puro incorporati in un unico elemento, in un’unica passione-ossessione che si trasforma in un’incantevole e intrepida univocità. Una vulnerabile e profondamente toccante incertezza.
Non appagata da questo connubio materiale e spirituale, da questo turbamento affettivo e affine, in una performance finale l’artista separerà il sacro dal profano nel candido tepore di Quintocortile, con una lama già arrossata. Chi intendesse utilizzare il servizio deve limitarsi a farlo per esigenze personali e/o interne alla propria organizzazione.
E in fine il Sacro sarà posto alla sinistra e il Profano alla destra del pubblico coinvolto nella performance. E Giuda sarà nelle retrovie.
Una sola fiaba dura per tutta una vita.
inaugurazione: mercoledì 10 dicembre ore 18 - 19.30
orario: da martedì a venerdì dalle 17,30 alle 18,30 o su appuntamento 338.8007617
10
dicembre 2008
Mavi Ferrando – Sacro/Profano
Dal 10 al 19 dicembre 2008
arte contemporanea
Location
QUINTOCORTILE
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì dalle 17,30 alle 18,30 o su appuntamento 338.8007617
Vernissage
10 Dicembre 2008, ore 18
Autore
Curatore