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Max Beckmann
una grande antologica dedicata a Max Beckmann (1884-1950), uno dei massimi Maestri dell’arte moderna, artista che insieme a Pablo Picasso ed Henri Matisse figura nelle sale dei più importanti musei del mondo.
Comunicato stampa
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Max Beckmann è, insieme a Pablo Picasso ed Henri Matisse, uno dei massimi Maestri
dell’arte moderna. Con loro figura nelle sale dei più importanti musei del mondo. Nonostante la
sua maestria pittorica, plastica e grafica, le sue opere - inquietanti, enigmatiche e sensuali -
continuano a essere una sfida per l’osservatore. Tuttavia, incredibilmente, la sua opera non è
conosciuta in ambito culturale italiano: l’unica mostra degna di nota si tenne nel 1996 alla
Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
30 dipinti, 15 acquarelli, 80 grafiche e 3 sculture presentati dal 28 ottobre al 27 gennaio
2019 nella grande mostra antologica realizzata dal Museo d’arte Mendrisio - grazie al
sostegno della famiglia e al contributo di Siegfried Gohr, tra i massimi studiosi dell’artista -
daranno modo non solo di riscoprire, finalmente, i principali capitoli dell’opera di questo
maestro unico, ma di rivisitare il suo percorso artistico attraverso tutte le tecniche da lui
utilizzate. Sarà, tra l’altro, una occasione rara per poter ammirare buona parte della sua
eccezionale produzione grafica, elaborata principalmente tra il 1917 e il 1925 e dopo la
Seconda Guerra Mondiale, decisiva sulla base di una nuova idea dello spazio nell’elaborazione
del linguaggio maturo dell’artista, tra sogno e realtà.
Max Beckmann ha toccato, nella sua parabola, grandi vette e conosciuto fasi di abissale
declino. Nato a Lipsia nel 1884, nel 1899 entra all’Accademia di Weimar, dove rimane fino al
1903. Nel 1906 si unisce alla Secessione a Berlino, dove vive fino al 1915. Raggiunge
precocemente la celebrità con una pittura ancora legata a uno stile tradizionale e tardo-
impressionista. Il profondo shock fisico e psichico causato dalla Prima Guerra mondiale lo
spinge però al confronto con la pittura modernista, soprattutto francese. Trasferitosi a
Francoforte, giunge di nuovo alla celebrità durante gli anni Venti, ma già nel 1933 i
nazionalsocialisti lo costringono a lasciare l’incarico di insegnamento e ben presto ricade
nell’anonimità. Nel 1937, dopo che la sua arte viene marchiata come “degenerata”, sceglie
senza esitazione l’esilio, dapprima in Olanda e in seguito negli Stati Uniti, dove si trasferisce
definitivamente nel 1947. Negli anni Trenta e Quaranta realizza, oltre a paesaggi e nature morte,
i celebri autoritratti e quadri a tema mitologico e biblico. La sua epoca e la sua vita, compresa tra
fama e marginalità, trovano espressione in opere impressionanti, spesso enigmatiche e cariche
di simboli, caratterizzate da grande sicurezza nell’uso del colore.
Gli ultimi anni americani gli apportano una rinnovata celebrità e vedono il suo stile evolvere
verso una maggiore sintesi, con l’uso di colori più intensi. Max Beckmann muore
improvvisamente nel 1950 nel Central Park, mentre si reca ad ammirare una sua opera esposta
al Metropolitan Museum di New York.
L’artista amava il sud dell'Europa. Durante molti mesi estivi ha viaggiato in Italia e in Francia,
sulla costa mediterranea. Amava le sue spiagge e si è lasciato ispirare dal suo paesaggio: dal
mare, dalla vegetazione e dalla cucina mediterranea nella realizzazione di dipinti che irradiano
serenità e gioia di vivere. Il lavoro di Beckmann non è stato, però, ancora messo in giusto valore
nei paesi del Sud.
Di recente, il curatore della mostra Gohr in un libro che sarà edito parallelamente alla mostra di
Mendrisio, si è soffermato su alcuni elementi centrali della sua opera, quali gli specchi, gli
strumenti musicali, i libri, i fiori e le piante, essenziali per mettere in evidenza la forma e il
pensiero dell’artista. Si tratta di un approccio del tutto inedito. Contrariamente ad altri studi
che hanno sottolineato i riferimenti alla teosofia, alla letteratura e alla storia politica, Gohr parte
da oggetti comuni presenti nei dipinti o nei lavori su carta per indagarne il senso e il
significato. Mostra e catalogo consentono di capire come ogni elemento, anche quello
apparentemente più banale, abbia in verità un significato profondo nell’arte beckmanniana e
faccia parte di un complesso di simboli.
Beckmann ha conferito nuova vita alle tradizionali categorie dell’arte: alle nature morte,
alle scene in interni, al paesaggio, al ritratto. Soprattutto gli autoritratti costituiscono
un’impressionante testimonianza biografica e storica contemporanea, mentre la parte
complessa del suo lavoro è costituita da invenzioni di stampo mitologico e allegorico, che
spesso si presentano come particolarmente enigmatiche.
Tra gli artisti del XX secolo, Max Beckmann è uno di quelli che più ha intensamente vissuto,
sentito e sofferto il proprio tempo. La fama, l'esilio, l'ostracismo, e poi un nuovo
apprezzamento nel corso degli ultimi anni della sua vita, rispecchiano il destino dell'arte
moderna e dei suoi creatori nella prima metà del secolo.
dell’arte moderna. Con loro figura nelle sale dei più importanti musei del mondo. Nonostante la
sua maestria pittorica, plastica e grafica, le sue opere - inquietanti, enigmatiche e sensuali -
continuano a essere una sfida per l’osservatore. Tuttavia, incredibilmente, la sua opera non è
conosciuta in ambito culturale italiano: l’unica mostra degna di nota si tenne nel 1996 alla
Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
30 dipinti, 15 acquarelli, 80 grafiche e 3 sculture presentati dal 28 ottobre al 27 gennaio
2019 nella grande mostra antologica realizzata dal Museo d’arte Mendrisio - grazie al
sostegno della famiglia e al contributo di Siegfried Gohr, tra i massimi studiosi dell’artista -
daranno modo non solo di riscoprire, finalmente, i principali capitoli dell’opera di questo
maestro unico, ma di rivisitare il suo percorso artistico attraverso tutte le tecniche da lui
utilizzate. Sarà, tra l’altro, una occasione rara per poter ammirare buona parte della sua
eccezionale produzione grafica, elaborata principalmente tra il 1917 e il 1925 e dopo la
Seconda Guerra Mondiale, decisiva sulla base di una nuova idea dello spazio nell’elaborazione
del linguaggio maturo dell’artista, tra sogno e realtà.
Max Beckmann ha toccato, nella sua parabola, grandi vette e conosciuto fasi di abissale
declino. Nato a Lipsia nel 1884, nel 1899 entra all’Accademia di Weimar, dove rimane fino al
1903. Nel 1906 si unisce alla Secessione a Berlino, dove vive fino al 1915. Raggiunge
precocemente la celebrità con una pittura ancora legata a uno stile tradizionale e tardo-
impressionista. Il profondo shock fisico e psichico causato dalla Prima Guerra mondiale lo
spinge però al confronto con la pittura modernista, soprattutto francese. Trasferitosi a
Francoforte, giunge di nuovo alla celebrità durante gli anni Venti, ma già nel 1933 i
nazionalsocialisti lo costringono a lasciare l’incarico di insegnamento e ben presto ricade
nell’anonimità. Nel 1937, dopo che la sua arte viene marchiata come “degenerata”, sceglie
senza esitazione l’esilio, dapprima in Olanda e in seguito negli Stati Uniti, dove si trasferisce
definitivamente nel 1947. Negli anni Trenta e Quaranta realizza, oltre a paesaggi e nature morte,
i celebri autoritratti e quadri a tema mitologico e biblico. La sua epoca e la sua vita, compresa tra
fama e marginalità, trovano espressione in opere impressionanti, spesso enigmatiche e cariche
di simboli, caratterizzate da grande sicurezza nell’uso del colore.
Gli ultimi anni americani gli apportano una rinnovata celebrità e vedono il suo stile evolvere
verso una maggiore sintesi, con l’uso di colori più intensi. Max Beckmann muore
improvvisamente nel 1950 nel Central Park, mentre si reca ad ammirare una sua opera esposta
al Metropolitan Museum di New York.
L’artista amava il sud dell'Europa. Durante molti mesi estivi ha viaggiato in Italia e in Francia,
sulla costa mediterranea. Amava le sue spiagge e si è lasciato ispirare dal suo paesaggio: dal
mare, dalla vegetazione e dalla cucina mediterranea nella realizzazione di dipinti che irradiano
serenità e gioia di vivere. Il lavoro di Beckmann non è stato, però, ancora messo in giusto valore
nei paesi del Sud.
Di recente, il curatore della mostra Gohr in un libro che sarà edito parallelamente alla mostra di
Mendrisio, si è soffermato su alcuni elementi centrali della sua opera, quali gli specchi, gli
strumenti musicali, i libri, i fiori e le piante, essenziali per mettere in evidenza la forma e il
pensiero dell’artista. Si tratta di un approccio del tutto inedito. Contrariamente ad altri studi
che hanno sottolineato i riferimenti alla teosofia, alla letteratura e alla storia politica, Gohr parte
da oggetti comuni presenti nei dipinti o nei lavori su carta per indagarne il senso e il
significato. Mostra e catalogo consentono di capire come ogni elemento, anche quello
apparentemente più banale, abbia in verità un significato profondo nell’arte beckmanniana e
faccia parte di un complesso di simboli.
Beckmann ha conferito nuova vita alle tradizionali categorie dell’arte: alle nature morte,
alle scene in interni, al paesaggio, al ritratto. Soprattutto gli autoritratti costituiscono
un’impressionante testimonianza biografica e storica contemporanea, mentre la parte
complessa del suo lavoro è costituita da invenzioni di stampo mitologico e allegorico, che
spesso si presentano come particolarmente enigmatiche.
Tra gli artisti del XX secolo, Max Beckmann è uno di quelli che più ha intensamente vissuto,
sentito e sofferto il proprio tempo. La fama, l'esilio, l'ostracismo, e poi un nuovo
apprezzamento nel corso degli ultimi anni della sua vita, rispecchiano il destino dell'arte
moderna e dei suoi creatori nella prima metà del secolo.
27
ottobre 2018
Max Beckmann
Dal 27 ottobre 2018 al 27 gennaio 2019
arte moderna
Location
MUSEO D’ARTE
Mendrisio, Piazzetta dei Serviti, 1, (Mendrisio)
Mendrisio, Piazzetta dei Serviti, 1, (Mendrisio)
Vernissage
27 Ottobre 2018, su invito
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
LUCIA CRESPI
Autore
Curatore