Quattro mostre, una tavola rotonda e l’anteprima di un prestigioso volume al Castello Malatestiano di Longiano per celebrare l’iniziativa Michel Butor. Ritorno a Longiano. Per la prima volta esposte le fotografie di viaggio di Butor risalenti agli anni Cinquanta.
Il 14 maggio 2011 in occasione del ritorno in Italia di Michel Butor, romanziere, poeta e instancabile sperimentatore, nonché uno dei più originali critici letterari e d’arte francesi, la Fondazione Tito Balestra Onlus presso la sua sede ubicata nel Castello Malatestiano di Longiano, inaugurerà un’iniziativa molteplice a cura di Flaminio e Massimo Balestra: quattro mostre, una tavola rotonda e la presentazione in anteprima del libro d’arte di Michel Butor e Daniele Ferroni, Périple Transalpin, edito dalla medesima Fondazione. Il libro, attraverso i testi dello scrittore e le fotografie di Daniele Ferroni, è un’opera che rientra nell’ambito del “libro oggetto”, ove il percorso narrativo e artistico si intrecciano e si svolgono di pari passo; ma è altresì una testimonianza del precedente viaggio di Michel Butor in Italia avvenuto nel 2007, sempre ad opera della Fondazione Tito Balestra Onlus.

Sabato 14 maggio l’incontro con il pubblico di Michel Butor sarà introdotto e condotto dallo storico dell’arte e giornalista Marco Vallora, con intervento dello scrittore e giornalista Michele Marziani. A seguire, alcune letture a cura di Isabella Bordoni.

Nella giornata saranno inaugurate anche le mostre fotografiche di Michel Butor, Marie-Jo Butor, Daniele Ferroni e la mostra di pittura di Pierre Leloup e Mylen Besson.

L’eccezionalità dell’evento, oltre al ritorno di Michel Butor a Longiano, è anche dovuto alle scelte espositive, in quanto, per la prima volta in Italia, saranno esposte una decina di fotografie di viaggio di Michel Butor realizzate negli anni Cinquanta, una mostra di ventiquattro fotografie di viaggio di Marie-Jo Butor con testi dello scrittore, una esposizione di venticinque fotografie di Daniele Ferroni sempre con testi di Michel Butor e, infine, una mostra di pittura di Pierre Leloup e Mylen Besson che spesso hanno collaborato con lo scrittore francese realizzando svariati libri d’artista.

L’intero evento è incentrato sul tema del “viaggio”, da quello geografico a quello esistenziale. Nella vita, come nell’arte e nella letteratura, il percorso non è mai univoco e spesso ha in sé una meta mutabile che allontana il rischio di fissarsi o di chiudersi nella maschera e nella facciata del finito e nella conseguente incapacità di uscire da una visione banalizzante del mondo; del viaggio, dunque, inteso nella sua complessità, e non nella sua temibile riduzione, dove uno spirito curioso può scoprirvi “forme, relazioni, coincidenze, concatenazioni che costituiscono una magia, poiché non sono immediatamente percettibili al senso comune, alla nostra visione abitudinaria e normale della vita e del mondo” (R.-M. Albérès); un approccio che elude la sottomissione a ogni tipo di visione dogmatica e preordinata, acritica e semplicistica delle cose, dove diviene “Indispensabile allora violare quella bara sigillata, deleteria, scollare quelle pagine agglutinate, scorticare quel cadavere, strappare, rifare metodicamente a pezzi quel grumo, farvi circolare di nuovo la sua aria natale, profanarlo piamente” (M. Butor). Un approfondimento delle variazioni delle forme “sfocia dunque necessariamente su una visione della realtà: passiamo da qualcosa che crediamo evidente alla rivelazione di qualcosa che non vediamo a forza di averlo vicino” (J. Roudaut).