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Michele Ciacciofera – Prigionieri e deserto
Le opere presenti nella mostra “Prigionieri e deserti” di Michele Ciacciofera che solo in apparenza vertono sull’attualissimo rapporto dell’Occidente con il problema mediorientale, smentiscono questo assioma o, almeno ne rappresentano l’eccezione
Comunicato stampa
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L’arte contemporanea viene spesso, anche giustamente, accusata di non avere alcun nesso con la realtà, con la storia contemporanea, con i drammi del nostro tempo, addirittura di essere estranea anche alla nostra quotidianità.
Le opere presenti nella mostra “Prigionieri e deserti” di Michele Ciacciofera che solo in apparenza vertono sull’attualissimo rapporto dell’Occidente con il problema mediorientale, smentiscono questo assioma o, almeno ne rappresentano l’eccezione.
E questo non perché si tratta di arte sociale nel senso stretto dell’accezione, ma perché la pittura affronta e si confronta con i colori, i costumi, le sagome, i drammi, di una terra che, da tempo, i fautori dello scontro di civiltà ci fanno apparire come il contraltare minaccioso del nostro mondo e la visione manichea di un integralismo feroce e arretrato ci spinge a considerarci i salvatori di un’umanità a cui è stato negato ogni diritto civile, così che anche una donna in costume tradizionale diventa l’emblema della sopraffazione e del mancato diritto di pari opportunità. Come se il nostro modello (ma è poi veramente il nostro?) fosse l’unico possibile nel mondo, a dispetto di ogni cultura e di ogni diversità.
Certo non molti, almeno nel mondo dell’arte, credono alla guerra umanitaria e alle storielle degli stati canaglia, ma, in un certo senso, l’estraniarsi da una questione che ogni giorno ci tiene incollati davanti ai televisori come spettatori di questo gioco al massacro, è un esercizio di rimozione forzata o di accettazione supina di una brutta piega che pochi condividono seppur come necessità, ma che nessuno pensa di poter correggere. Ancora, come se ormai si trattasse di un destino ineluttabile.
Certo non è facile per nessuno intervenire per cambiare le cose, né possiamo essere tutti medici senza frontiere, ma chiudere sempre gli occhi in contemporanea con il telecomando o con la pagina sportiva, ha qualcosa se non della vigliaccheria, almeno dell’ignavia.
I lavori di Michele Ciacciofera non restano però chiusi all’interno di un’arte di denunzia, che sarebbe un operazione demagogica e “passatista”, si aprono attraverso i temi affrontati ad una diversa prospettiva che porta l’opera d’arte ad essere rappresentazione di un clima e di un paesaggio in cui i Prigionieri non sono solo gli ospiti di Guantanamo Bay o Abu Ghraib, imbavagliati o costretti dentro un lenzuolo, essi sono appunto l’archetipo di una condizione che attraversa tempo e spazio nella storia dell’umanità con una continuità ininterrotta su cui sembra necessario riflettere e che rimanda a qualsiasi sopraffazione non solo fisica, militare o punitiva, ma anche psicologica, mentale o di carattere politico e delinquenziale. Come, per esempio, dinanzi alle bocche cucite con il nastro adesivo non pensare alla censura, all’impossibilità di avere un’ opinione fuori dal coro o ai fatti criminali riportati ogni giorno in cronaca? Tutti siamo prigionieri di qualcosa o di qualcuno. La libertà rimane un’utopia o meglio una mancata consapevolezza.
E così anche nel dipinto del Soldato è facile, troppo facile, vedere un soldato americano a contraltare dei prigionieri islamici, ma quel soldato potrebbe essere inglese, francese, italiano cosa importa? E’ anche lui un prigioniero di una logica molto più grande dei suoi vent’anni, è carnefice e vittima allo stesso tempo. Come tutti in quel contesto che però è anche il nostro da cui non sfuggiamo, non possiamo sfuggire.
I Deserti invece restano come l’unica verità, come la terra madre, la natura che cancella il crimine, l’odio, le passioni e le fazioni mantenendo immutato il ritmo della vita con i colori delle stagioni, del giorno e della notte, della morte e della vita.
A qualcuno che obietta che l’arte debba avere altre finalità, altri scopi e anzi debba ristorarci, farci evadere, riportare bellezza e serenità nelle nostre case o debba rappresentare il nostro tempo dal pensiero debole con stupidi pupazzetti o con una figurazione infantile e ingigantita che in questo momento impazza all’interno di un ributtante sistema dell’arte, le opere di Ciacciofera rispondono con la bellezza e il valore morale che certa pittura ha il merito di possedere. Da sempre, da Goya a Bacon.
Francesco Rovella
30
marzo 2007
Michele Ciacciofera – Prigionieri e deserto
Dal 30 marzo al 13 aprile 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA CARTA BIANCA
Catania, Via Francesco Riso, 72/b, (Catania)
Catania, Via Francesco Riso, 72/b, (Catania)
Orario di apertura
da lunedì al venerdì 17 - 19,30
Vernissage
30 Marzo 2007, ore 19
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