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Moreh
Le creazioni di Moreh riprendono le tematiche che caratterizzano l’arte Visionaria, le opere rappresentano molto spesso animali, di cui egli ricerca l’archetipo; i più presenti sono gatti, ricci, porcospini, bisonti, rinoceronti.
Comunicato stampa
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Biografia dell’artista
Mordecaï Moreh vive e lavora, dagli ultimi 42 anni, a Parigi. Nasce a Bagdad nel 1937 e nel 1951, ancora bambino, si trasferisce in Israele. Dal 1955 al 1959 frequenta l’Accademia delle Belle Arti “Bezale” di Gerusalemme; successivamente, dal 1960 al 1962, grazie al governo italiano, studia all’Accademia delle Belle Arti di Firenze e sempre nel 1962 si aggiudica una borsa di studio dall’America-Israel cultural foundation e lascia così l’Italia per stabilirsi a Parigi, dove per finire, ultima gli studi all’École Nazionale Supérieure des Beaux Arts. Dal 1962 vive stabilmente a Parigi, con frequenti soggiorni in Israele.
Negli anni Settanta contribuisce alla nascita di quel “circolo” di pittori definiti, da Michel Random, Visionari e le sue opere diverranno un’espressione di questa poetica. Nel corso della sua carriera ha tenuto 77 mostre personali in tutto il mondo, basti ricordare la il Gutenberg Museum a Mainz, Il Museo Planctin Morctus ad Anversa, l’Israel Museum di Gerusalemme e il Tel Aviv Museum, inoltre ha esposto lavori grafici in diversi musei esteri.
Vanno anche ricordate le sue numerose Biennali, tra le quali Parigi, Ljubljana, Tokio, Buenos Aires, Sao Paulo, e ha anche partecipato alla 42ª Biennale di Venezia nella sezione “Arte e Alchimia”.
Le opere
…”entriamo nell’universo di Moreh per un viaggio misterioso, al di là del nostro troppo saggio limite, verso un paradiso dove si dispiega, per metà sogno, per metà realtà, la fastosa fantasia di una creazione della quale il male resta l’ossessione ricorrente. Dei sentieri segreti si aprono, per l’inizio della scoperta, dietro l’apparenza, della rivelazione…”
Pierre Moinot de l’Académie Française
Le creazioni di Moreh riprendono le tematiche che caratterizzano l’arte Visionaria, le opere rappresentano molto spesso animali, di cui egli ricerca l’archetipo; i più presenti sono gatti, ricci, porcospini, bisonti, rinoceronti
, scimmie, mucche, uccelli; molto spesso accostati da presenze umane, particolari e molto espressive; gli animali sono a volte sofferenti o mascherati.
Al centro della sua poetica si trovano anche elementi naturali, come giardini iniziatici simboleggianti l’energia creatrice e il Verbo divino. Le sue opere sono prima di tutto l’espressione di una ricerca interiore in continua maturazione ed evoluzione, è un artista libero e vero, in quanto non si fa condizionare dalla cosiddetta “verità” della realtà circostante, entità che a tutti sfugge nella sua sostanza, ma ha a che fare con l’unica verità che conosce e che gli appartiene: quella del suo io. Sono così spiegati allora gli spazi, ora allucinati ed ora misteriosi, le strane immagini, ora notturne ed ora sovrannaturali,le scene,oniriche e talvolta improbabili per le loro commistione con il regno della natura.
Nella poetica di Moreh si riconosce quella di altri artisti che provengono da altre parti del mondo,ciò sta a significare che fanno parte tutti dello stesso universo: quello appunto, della visione interiore, dove l’immagine si trasforma sempre e comunque in immaginazione, dove l’assurdo diventa consueto ed il sogno dell’immaginazione s’impasta alla realtà.
Entourage culturale
Negli anni Settanta, a Parigi, alcuni giovani pittori e incisori si riunivano insieme, condividendo la stessa sensibilità e un comune approccio all’arte. Il gruppo originale, come Michel random descrive nel suo importante libro “L’Arte Visionaria” comprendeva allora Jean Pierre Velly, Francis Mockel, Yves Dorè, Georges Rubel, Mordecaï Moreh, Jacques Le Maréchal, Jean Martin Bontoux, Jacques Houplin, Michel Henricot, Etienne Lodého, Fabrice Bolossini. La loro prima esposizione ebbe luogo nell’ottobre-novembre del 1976 presso la Galleria Don Chisciotte a Roma; a questa seguirono altre esposizioni (Roma 1977, Parigi 1977, Roma 1978, Belfort 1983, Parigi 1984). A seguito di questi anni l’attività sociale di questi artisti entrò in una sorta di sonnolenza, o piuttosto di attività ed esposizioni sparpagliate qua e là (va ricordata in questi anni la grande retrospettiva delle opere di Jean Pierre Velly, in onore della sua tragica morte, organizzata nel 1993 a Villa Medici a Roma). In occasione della 42ª Biennale d’Arte di Venezia Moreh espone alcune opere nella sezione “Arte e Alchimia” (invitato da Arturo Schwartz), e questo segna una sorta di risveglio per tutta la corrente dei visionari.
In generale gli artisti visionari si distinguono per una profonda conoscenza dell’incisione, dell’acquaforte, della pittura e soprattutto dell’acquerello, la perfetta maestria del mestiere è al servizio di una ispirazione interiore o di una visione che si impone all’artista nel suo essere più profondo. L’ispirazione viene dalla natura, dalla morte, dall’apocalisse planetaria, dalla notte, dall’origine delle forme e del mondo, in altre parole dall’ordine vivente. L’arte visionaria esiste come un rapporto interiore e privilegiato con la natura, nonostante non descriva mai la natura. L’ispirazione deriva da una profonda comunione con l’erba, l’albero, la nuvola, la luce o la notte, l’acqua e l’onda, l’oceano e il cielo. La natura apre il linguaggio universale dei miti, degli dei, delle forme alchimistiche e spirituali delle entità terrestri o celesti che simboleggiano la forza del vivo incessantemente in azione.
Sara Nardo
Mordecaï Moreh vive e lavora, dagli ultimi 42 anni, a Parigi. Nasce a Bagdad nel 1937 e nel 1951, ancora bambino, si trasferisce in Israele. Dal 1955 al 1959 frequenta l’Accademia delle Belle Arti “Bezale” di Gerusalemme; successivamente, dal 1960 al 1962, grazie al governo italiano, studia all’Accademia delle Belle Arti di Firenze e sempre nel 1962 si aggiudica una borsa di studio dall’America-Israel cultural foundation e lascia così l’Italia per stabilirsi a Parigi, dove per finire, ultima gli studi all’École Nazionale Supérieure des Beaux Arts. Dal 1962 vive stabilmente a Parigi, con frequenti soggiorni in Israele.
Negli anni Settanta contribuisce alla nascita di quel “circolo” di pittori definiti, da Michel Random, Visionari e le sue opere diverranno un’espressione di questa poetica. Nel corso della sua carriera ha tenuto 77 mostre personali in tutto il mondo, basti ricordare la il Gutenberg Museum a Mainz, Il Museo Planctin Morctus ad Anversa, l’Israel Museum di Gerusalemme e il Tel Aviv Museum, inoltre ha esposto lavori grafici in diversi musei esteri.
Vanno anche ricordate le sue numerose Biennali, tra le quali Parigi, Ljubljana, Tokio, Buenos Aires, Sao Paulo, e ha anche partecipato alla 42ª Biennale di Venezia nella sezione “Arte e Alchimia”.
Le opere
…”entriamo nell’universo di Moreh per un viaggio misterioso, al di là del nostro troppo saggio limite, verso un paradiso dove si dispiega, per metà sogno, per metà realtà, la fastosa fantasia di una creazione della quale il male resta l’ossessione ricorrente. Dei sentieri segreti si aprono, per l’inizio della scoperta, dietro l’apparenza, della rivelazione…”
Pierre Moinot de l’Académie Française
Le creazioni di Moreh riprendono le tematiche che caratterizzano l’arte Visionaria, le opere rappresentano molto spesso animali, di cui egli ricerca l’archetipo; i più presenti sono gatti, ricci, porcospini, bisonti, rinoceronti
, scimmie, mucche, uccelli; molto spesso accostati da presenze umane, particolari e molto espressive; gli animali sono a volte sofferenti o mascherati.
Al centro della sua poetica si trovano anche elementi naturali, come giardini iniziatici simboleggianti l’energia creatrice e il Verbo divino. Le sue opere sono prima di tutto l’espressione di una ricerca interiore in continua maturazione ed evoluzione, è un artista libero e vero, in quanto non si fa condizionare dalla cosiddetta “verità” della realtà circostante, entità che a tutti sfugge nella sua sostanza, ma ha a che fare con l’unica verità che conosce e che gli appartiene: quella del suo io. Sono così spiegati allora gli spazi, ora allucinati ed ora misteriosi, le strane immagini, ora notturne ed ora sovrannaturali,le scene,oniriche e talvolta improbabili per le loro commistione con il regno della natura.
Nella poetica di Moreh si riconosce quella di altri artisti che provengono da altre parti del mondo,ciò sta a significare che fanno parte tutti dello stesso universo: quello appunto, della visione interiore, dove l’immagine si trasforma sempre e comunque in immaginazione, dove l’assurdo diventa consueto ed il sogno dell’immaginazione s’impasta alla realtà.
Entourage culturale
Negli anni Settanta, a Parigi, alcuni giovani pittori e incisori si riunivano insieme, condividendo la stessa sensibilità e un comune approccio all’arte. Il gruppo originale, come Michel random descrive nel suo importante libro “L’Arte Visionaria” comprendeva allora Jean Pierre Velly, Francis Mockel, Yves Dorè, Georges Rubel, Mordecaï Moreh, Jacques Le Maréchal, Jean Martin Bontoux, Jacques Houplin, Michel Henricot, Etienne Lodého, Fabrice Bolossini. La loro prima esposizione ebbe luogo nell’ottobre-novembre del 1976 presso la Galleria Don Chisciotte a Roma; a questa seguirono altre esposizioni (Roma 1977, Parigi 1977, Roma 1978, Belfort 1983, Parigi 1984). A seguito di questi anni l’attività sociale di questi artisti entrò in una sorta di sonnolenza, o piuttosto di attività ed esposizioni sparpagliate qua e là (va ricordata in questi anni la grande retrospettiva delle opere di Jean Pierre Velly, in onore della sua tragica morte, organizzata nel 1993 a Villa Medici a Roma). In occasione della 42ª Biennale d’Arte di Venezia Moreh espone alcune opere nella sezione “Arte e Alchimia” (invitato da Arturo Schwartz), e questo segna una sorta di risveglio per tutta la corrente dei visionari.
In generale gli artisti visionari si distinguono per una profonda conoscenza dell’incisione, dell’acquaforte, della pittura e soprattutto dell’acquerello, la perfetta maestria del mestiere è al servizio di una ispirazione interiore o di una visione che si impone all’artista nel suo essere più profondo. L’ispirazione viene dalla natura, dalla morte, dall’apocalisse planetaria, dalla notte, dall’origine delle forme e del mondo, in altre parole dall’ordine vivente. L’arte visionaria esiste come un rapporto interiore e privilegiato con la natura, nonostante non descriva mai la natura. L’ispirazione deriva da una profonda comunione con l’erba, l’albero, la nuvola, la luce o la notte, l’acqua e l’onda, l’oceano e il cielo. La natura apre il linguaggio universale dei miti, degli dei, delle forme alchimistiche e spirituali delle entità terrestri o celesti che simboleggiano la forza del vivo incessantemente in azione.
Sara Nardo
28
maggio 2004
Moreh
Dal 28 maggio al 22 agosto 2004
arte contemporanea
Location
MUSEO EBRAICO DI VENEZIA
Venezia, Cannaregio, 2902/b, (Venezia)
Venezia, Cannaregio, 2902/b, (Venezia)
Orario di apertura
30 - 31 maggio ore 10.00 – 18.00; dal 1° giugno al 30 settembre ore 10.00 – 19.00. Il venerdì, per motivi di calendario ebraico, il Museo può chiudere anticipatamente
Vernissage
28 Maggio 2004, ore 17.00