Lunedì 12 maggio 2008, alle 18, presso la Fondazione Casa America di Villa Rosazza a Genova (piazza Dinegro 3, tel. 010 2518368, www.casamerica.it), verrà inaugurata “Le strade di Borges. Le mie strade”, una mostra personale di pittura dell’artista Ofelia Lachner (www.ofelial.com). L’evento fa parte della “Settimana dell’Argentina”. L’esposizione, che resterà allestita sino al prossimo 30 maggio, si potrà visitare, a ingresso libero, dal lunedì al venerdì, dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 18,30. Ofelia Lachner, pittrice argentina che vive a Viareggio da più di trenta anni, ha presentato questa originale mostra a Vienna nel 1996, ma solo nel 1999, quando nella ricorrenza del 100° Anniversario della nascita, il Comune di Viareggio in gemellaggio con il Municipio della città di Buenos Aires, decide di rendere omaggio al grande scrittore, allora Ofelia intitola la sua collezione di oli “Le strade di Borges. Le mie strade”, in coincidenza con la commossa scoperta della sua opera poetica: lo stesso canto fatto verso e colore alle strade di quartiere. Contemporanea l’offerta di Maria Kodama Ved. Borges di presentare il catalogo, “una città in cui si riesce a svegliare, come lo fa Ofelia con le sue opere, la magia della luce e della malinconia”. Un ulteriore tassello che collega il lavoro di Ofelia e dello scrittore: sono versi di Borges le didascalie dei quadri e l’omaggio reso con le mostre a Palazzo Ducale di Lucca nel 2007 e, recentemente, a Palazzo Panciatichi di Firenze. Ofelia dipinge dal 1976, ricreando, come dice il critico nell’antologica di Pietrasanta nel 2004, “un vago senso di lontananza, come se quelli angoli, quelle strade divenissero nel labirinto borghesiano, luoghi eterni, luoghi dell’anima, in un realismo pittorico che dissolve le forme e le presenze con una tecnica impressionista di sapor misterioso, direi quasi “metafisico”. Comunque, “la prima cosa che colpisce è la luminosità unita ad una sorta di senso del vuoto… i passanti, più simili ad ombre cha a realtà. Pittura impressionistica che lascia allo spettatore
la facoltà di “entrare nell’immagine” (La Stampa. Torino).