Dalla Fornace di Bacchereto, dove le pareti si dispiegano con la vertigine di antiche geometrie di fuoco, dove tutto riverbera di una luce calda e sinistra, ecco incontrare la coinvolgente opera dell’artista Paola Tagnocci. L’assenza di prospettiva nello spazio bidimensionale porta la materia in primo piano, non esiste il vicino e il distante. La pittrice fa risaltare lo spazio della tela di pigmenti neri che supera l’illusionismo prospettico. Allora l’opera acquista l’impulso di restituire significato al flusso aperto, dinamico ed inarrestabile della materia informe, al ritmo di crescita biologica della natura. Così, il segno appare nello spazio come magma che cresce, si definisce, si blocca e si misura, sempre nella sua consistenza bidimensionale. La materia nera produce un assorbimento della luce bianca che è il risultato della somma di tutti i colori, una sorta di assedio della luce verso il finito. Ciò, per connettere intimamente l’immagine allo spazio - che l’artista fa risaltare attraverso inquietanti sagome umane a luce nera che percorrono lo spazio bidimensionale con l’elegante sicurezza della geometria, tra cui le stelle metalliche che bruciano di notte di luce argentea. I corpi neri, quasi ancestrali, fecondati dal nero germe della notte, attendono la luce delle stelle per trasformarsi in carne e intelletto, per rinascere e intraprendere la strada infinita della libertà, della propria intima auto realizzazione. Una cifra stilistica che va oltre la pittura materica e che si pone dentro il solco di una ricerca esistenziale, a flussi emotivi, guidati da un’artista sensibile e nello stesso tempo sapiente.
Savino Marseglia