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Paolo di Giosia – ECT Electro Convulsive Treatment
Una mostra dedicata alla follia, ai suoi luoghi e in particolare all’elettroshock.
Parte di un lavoro che l’artista porta avanti già da qualche anno in giro per gli ex manicomi italiani
Comunicato stampa
Segnala l'evento
ECT
Electro
Convulsive
Treatment
Paolo di Giosia
Villa Ruggieri
Via Vecchio Mattatoio, 5
64100 Teramo
info: 3496905880 – 3401087761
ECT – Electro Convulsive Treatment
Paolo di Giosia
Vernissage: 1 ottobre 2011 ore 18:00
Chiusura: 16 ottobre 2011 ore 21:00
Una mostra dedicata alla follia, ai suoi luoghi e in particolare
all'elettroshock.
Parte di un lavoro che l’artista porta avanti già da qualche anno
in giro per gli ex manicomi italiani.
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 17:00 alle 21:00.
Ingresso libero
www.paolodigiosia.it
info@paolodigiosia.it
Catalogo: ECT – Electro Convulsive Treatment
Una mostra fotografica che, oltre ad affrontare il tema della
follia al femminile, offre uno sguardo e una riflessione sui
luoghi e sulle tecniche di cura degli ex ospedali psichiatrici
italiani.
Dopo essere stata a Bologna e a Verona, è ora a Teramo, a pochi
metri dall’ex ospedale psichiatrico, nei sotterranei di una villa.
“ECT Electro Convulsive Treatment” è parte di un lavoro che
l’artista porta avanti già da qualche anno. È il titolo della
mostra, ma anche della piccola pubblicazione che fa da cornice
alle opere esposte. Una serie di fotografie in bianco e nero
stampate su carta baritata, dalle “dimensioni silenziose” e dalla
grande ed eloquente forza.
E poi i video: Esistenze diafane, dove tutto è sempre in bilico
tra l’esistenza visibile e quella non visibile, ed ECT, che
disorienta lo spettatore in una sorta di scarica “elettrica”.
Per finire, le installazioni: daily report, con immagini
proiettate e accompagnate dalla voce dei rapporti giornalieri di
un ex manicomio, e Unknow, dove corpi estranei e nudi fanno da
antagonisti a grucce e vestiti, in un’assurda condivisione dello
spazio di una drone music.
a cura di Fintotesto
Testo di Eugen Galasso
Parliamo delle persone, diceva Giorgio Antonucci, in
videoconferenza con Tolè, sabato scorso, non di psichiatria
o antipsichiatria. Sacrosanto, quando invece gli psichiatri
parlano di “casi”. Di un “borderline”, di uno “schizofrenico”,
di un’“isterica” (sì, persino questa diagnosi, sempre contra
mulieres, vale ancora, per taluni “strizzacervelli”), di un
paranoico etc. Casi, da risolvere(neanche fossero Sherlock Holmes,
questi men and women), per incasellare-inquadrare-classificare.
Senza i loro schemini non sanno far nulla. Talora verrebbe da
rimpiangere epoche più crudeli (?) nelle quali almeno si usava la
violenza senza troppa pre-meditazione. Ora, trovano la signora
o ragazza che è scomoda per lasciarle l’eredità, il tipo che è
troppo artista per assumersi “la responsabilità” e allora avanti,
badabing-beng-bong (è in una canzone, anche bella, francese,
non preoccupatevi…); lo sbattiamo in “RP” (Reparto psichiatrico)
con un bel “TSO” per “scioglierlo”/“liberarlo”/sollevarlo
dagli impegni-impacci del “quotidiano”… Psichiatria d’assalto,
altro che storie… Se volete, trovate parole e frasi più adatte,
per “travestire”, metaforizzare etc., ma in realtà il succo della
cosa è questo… Un ginepraio, se vogliamo, anche di leggi e cavilli
giuridici, dove invece sarebbe molto meglio “en sortir”, con
un’abolizione di tutto quanto limita la libertà. Un conto è il
delinquente che uccide, che va recluso (esprimo al maschile solo
per comodità, non è disprezzo della par condicio), per evitare che
ricada nel delitto, ma chi è ingiustamente “accusato” (vale quanto
detto prima) di “pazzia” sia libero, oltre e contro i pregiudizi
degli sciocchi.
In relazione all’intervento precedente, in cui richiamavo le
parole di Giorgio Antonucci sulla necessità di parlare di persone,
delle loro sofferenze, di reclusi o “ospiti” di istituzioni totali
quali cliniche psichiatriche, manicomi criminali (OPG, anzi,
pardon, Ospedali Psichiatrici Giudiziari) etc. Ora, consultando
non solo il bel volume di Paolo di Giosia, operatore tecnico
nell’Ospedale di Teramo, fotografo, “poeta” (certamente, in senso
ampio), “Solitudini”, ma anche solo il volumetto “ECT”, ossia
Electro Convulsive Treatment, troviamo proprio questo: corpi e
cuori non tanto “messi a nudo” (andrebbe anche bene, fosse fatto
nell’accezione baudelairiana), ma martirizzati, vittima di quel
sacrificio che René Girard, con tutte le critiche che possiamo
rivolgergli, soprattutto in quest’ultima fase, di “maturità
estrema”, vede nel bouc emissaire, cioé nel capro espiatorio: in
ogni società, dice Girard, i persecutori identificano
gli “individui nocivi”, i “cattivi”, i “reprobi”, fino a farne dei
capri espiatori. Il problema, semmai, è nel fatto che Girard vede
gli “agnelli sacrificali” quasi esclusivamente nell’“agnus Dei”,
nell’“agnello di Dio” e nei suoi seguaci, senza considerare, per
es., che un grande drammaturgo e poeta cattolico quali Giovanni
Testori identifica tale “agnello sacrificale” anche
nell’omosessuale, drogato, malato di AIDS (in “In exitu”, per es.,
testo teatrale ormai non più rappresentato, in quanto
non “commerciale”, ma senz’altro leggibile, anche perché Testori
scrive benissimo anche per la pagina, non solo per la scena), ma
suggestioni simili le troviamo anche in Pier Paolo
Pasolini, “ateo” e “materialista storico” (forse sedicente tale).
Cioè: per essere agnelli sacrificali non occorre essere
nella “sequela Christi”, basta essere scomodi, per i motivi più
vari, ai poteri dominanti in una certa epoca. Lo saranno rasta,
neo e post-hippies, harekrishna, come lo erano e sono omosessuali,
dissidenti politici (di ogni orientamento), “pazienti” (perché
poi, dico ancora con Giorgio Antonucci, continuano ad esserlo?),
negri, Ebrei, non-cristiani o cristiani, sinti, rom, ma anche
semplicemente chi “non si rassegna a portar le catene” (“Il
fannullone”, antica canzone di Fabrizio De André, testo di Paolo
Villaggio). La donna sola dell’ex-manicomio del volume e del
volumetto di Paolo, realizzato con tanti collaboratori, tutti
giustamente elencati, da Alessandra Lisciani a Vito Bianchini, a
tanti altri/tante altre. Da vedere, guardare, leggere,
per “compatire” (da “cum-pati”, soffrire ma anche “sentire”
insieme con), un sentimento tra i più nobili, che io credo
profondamente essere presente, in forme diverse, anche in tante
specie animali (ma siamo “animali” anche noi, attenzione!), certo
in maniera diversa. Lo si evince da molti studi recenti, in specie
made in USA, ma anche da quel “rudere politico” che critico ma
ammiro, Pëtr Kropotkin, che era anche uno straordinario
naturalista.
Eugen Galasso
Electro
Convulsive
Treatment
Paolo di Giosia
Villa Ruggieri
Via Vecchio Mattatoio, 5
64100 Teramo
info: 3496905880 – 3401087761
ECT – Electro Convulsive Treatment
Paolo di Giosia
Vernissage: 1 ottobre 2011 ore 18:00
Chiusura: 16 ottobre 2011 ore 21:00
Una mostra dedicata alla follia, ai suoi luoghi e in particolare
all'elettroshock.
Parte di un lavoro che l’artista porta avanti già da qualche anno
in giro per gli ex manicomi italiani.
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 17:00 alle 21:00.
Ingresso libero
www.paolodigiosia.it
info@paolodigiosia.it
Catalogo: ECT – Electro Convulsive Treatment
Una mostra fotografica che, oltre ad affrontare il tema della
follia al femminile, offre uno sguardo e una riflessione sui
luoghi e sulle tecniche di cura degli ex ospedali psichiatrici
italiani.
Dopo essere stata a Bologna e a Verona, è ora a Teramo, a pochi
metri dall’ex ospedale psichiatrico, nei sotterranei di una villa.
“ECT Electro Convulsive Treatment” è parte di un lavoro che
l’artista porta avanti già da qualche anno. È il titolo della
mostra, ma anche della piccola pubblicazione che fa da cornice
alle opere esposte. Una serie di fotografie in bianco e nero
stampate su carta baritata, dalle “dimensioni silenziose” e dalla
grande ed eloquente forza.
E poi i video: Esistenze diafane, dove tutto è sempre in bilico
tra l’esistenza visibile e quella non visibile, ed ECT, che
disorienta lo spettatore in una sorta di scarica “elettrica”.
Per finire, le installazioni: daily report, con immagini
proiettate e accompagnate dalla voce dei rapporti giornalieri di
un ex manicomio, e Unknow, dove corpi estranei e nudi fanno da
antagonisti a grucce e vestiti, in un’assurda condivisione dello
spazio di una drone music.
a cura di Fintotesto
Testo di Eugen Galasso
Parliamo delle persone, diceva Giorgio Antonucci, in
videoconferenza con Tolè, sabato scorso, non di psichiatria
o antipsichiatria. Sacrosanto, quando invece gli psichiatri
parlano di “casi”. Di un “borderline”, di uno “schizofrenico”,
di un’“isterica” (sì, persino questa diagnosi, sempre contra
mulieres, vale ancora, per taluni “strizzacervelli”), di un
paranoico etc. Casi, da risolvere(neanche fossero Sherlock Holmes,
questi men and women), per incasellare-inquadrare-classificare.
Senza i loro schemini non sanno far nulla. Talora verrebbe da
rimpiangere epoche più crudeli (?) nelle quali almeno si usava la
violenza senza troppa pre-meditazione. Ora, trovano la signora
o ragazza che è scomoda per lasciarle l’eredità, il tipo che è
troppo artista per assumersi “la responsabilità” e allora avanti,
badabing-beng-bong (è in una canzone, anche bella, francese,
non preoccupatevi…); lo sbattiamo in “RP” (Reparto psichiatrico)
con un bel “TSO” per “scioglierlo”/“liberarlo”/sollevarlo
dagli impegni-impacci del “quotidiano”… Psichiatria d’assalto,
altro che storie… Se volete, trovate parole e frasi più adatte,
per “travestire”, metaforizzare etc., ma in realtà il succo della
cosa è questo… Un ginepraio, se vogliamo, anche di leggi e cavilli
giuridici, dove invece sarebbe molto meglio “en sortir”, con
un’abolizione di tutto quanto limita la libertà. Un conto è il
delinquente che uccide, che va recluso (esprimo al maschile solo
per comodità, non è disprezzo della par condicio), per evitare che
ricada nel delitto, ma chi è ingiustamente “accusato” (vale quanto
detto prima) di “pazzia” sia libero, oltre e contro i pregiudizi
degli sciocchi.
In relazione all’intervento precedente, in cui richiamavo le
parole di Giorgio Antonucci sulla necessità di parlare di persone,
delle loro sofferenze, di reclusi o “ospiti” di istituzioni totali
quali cliniche psichiatriche, manicomi criminali (OPG, anzi,
pardon, Ospedali Psichiatrici Giudiziari) etc. Ora, consultando
non solo il bel volume di Paolo di Giosia, operatore tecnico
nell’Ospedale di Teramo, fotografo, “poeta” (certamente, in senso
ampio), “Solitudini”, ma anche solo il volumetto “ECT”, ossia
Electro Convulsive Treatment, troviamo proprio questo: corpi e
cuori non tanto “messi a nudo” (andrebbe anche bene, fosse fatto
nell’accezione baudelairiana), ma martirizzati, vittima di quel
sacrificio che René Girard, con tutte le critiche che possiamo
rivolgergli, soprattutto in quest’ultima fase, di “maturità
estrema”, vede nel bouc emissaire, cioé nel capro espiatorio: in
ogni società, dice Girard, i persecutori identificano
gli “individui nocivi”, i “cattivi”, i “reprobi”, fino a farne dei
capri espiatori. Il problema, semmai, è nel fatto che Girard vede
gli “agnelli sacrificali” quasi esclusivamente nell’“agnus Dei”,
nell’“agnello di Dio” e nei suoi seguaci, senza considerare, per
es., che un grande drammaturgo e poeta cattolico quali Giovanni
Testori identifica tale “agnello sacrificale” anche
nell’omosessuale, drogato, malato di AIDS (in “In exitu”, per es.,
testo teatrale ormai non più rappresentato, in quanto
non “commerciale”, ma senz’altro leggibile, anche perché Testori
scrive benissimo anche per la pagina, non solo per la scena), ma
suggestioni simili le troviamo anche in Pier Paolo
Pasolini, “ateo” e “materialista storico” (forse sedicente tale).
Cioè: per essere agnelli sacrificali non occorre essere
nella “sequela Christi”, basta essere scomodi, per i motivi più
vari, ai poteri dominanti in una certa epoca. Lo saranno rasta,
neo e post-hippies, harekrishna, come lo erano e sono omosessuali,
dissidenti politici (di ogni orientamento), “pazienti” (perché
poi, dico ancora con Giorgio Antonucci, continuano ad esserlo?),
negri, Ebrei, non-cristiani o cristiani, sinti, rom, ma anche
semplicemente chi “non si rassegna a portar le catene” (“Il
fannullone”, antica canzone di Fabrizio De André, testo di Paolo
Villaggio). La donna sola dell’ex-manicomio del volume e del
volumetto di Paolo, realizzato con tanti collaboratori, tutti
giustamente elencati, da Alessandra Lisciani a Vito Bianchini, a
tanti altri/tante altre. Da vedere, guardare, leggere,
per “compatire” (da “cum-pati”, soffrire ma anche “sentire”
insieme con), un sentimento tra i più nobili, che io credo
profondamente essere presente, in forme diverse, anche in tante
specie animali (ma siamo “animali” anche noi, attenzione!), certo
in maniera diversa. Lo si evince da molti studi recenti, in specie
made in USA, ma anche da quel “rudere politico” che critico ma
ammiro, Pëtr Kropotkin, che era anche uno straordinario
naturalista.
Eugen Galasso
01
ottobre 2011
Paolo di Giosia – ECT Electro Convulsive Treatment
Dal primo al 16 ottobre 2011
fotografia
Location
QUARTER APARTMENT
Teramo, Via Mattatoio Vecchio, 5, (Teramo)
Teramo, Via Mattatoio Vecchio, 5, (Teramo)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 17 alle 21
Vernissage
1 Ottobre 2011, ore 18
Sito web
www.paolodigiosia.it
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