Una grande gioia per gli occhi, una grande serenità che si trasmette al nostro animo. Per professione sono abituato (e costretto) a definire e quei colori tanto chiari, limpidi, puri, quegli accostamenti cromatici mai “stonati” e che anzi danno vita alle figure, compiute o meno, mi portano a pensare e, ripeto, definire i lavori di Paolo con queste parole.
E nessuno pensi che sia una definizione riduttiva! Se l’arte è comunicazione, saper trasmettere allegria, gioia, serenità è innanzitutto da parte dell’artista avere dentro di sé un universo gioioso da raccontare. E si vorrà almeno ammettere che in questo mondo e in questa epoca è merce piuttosto rara.
Non solo: amo la semplicità che interpreto non come riduzione del reale, vero o immaginario, ma come ricerca dell’essenza della realtà, di quei tratti eterni perché sempre presenti che eliminano quanto è transeunte, passeggero. A questo ho pensato vedendo le opere di Paolo e l’ho pensato immediatamente.
E confermo anche questo: la sua è la semplicità di chi ha un grande mondo interiore da comunicarci.
La domanda allora diventa: siamo così sicuri di essere capaci o semplicemente pronti a recepire, a fare nostro questo universo? Domanda non banale, perché al di fuori di facili ipocrisie, rispondere di sì significa mettersi in ascolto con l’umiltà di un a-priori che riassumo così: la diversità non è (e per me non è mai) inferiorità, ma ricchezza. Ci vuole semplicemente il coraggio di farci sbalordire da questa ricchezza. Coraggio che Paolo ha, che il gallerista ha e .. ora tocca a noi la nostra parte di coraggio!