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Phairy Tales
Marta Valenti, MariaChiara Calvani, Arianna Fumagalli
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il gioco di parole phairy tales affianca l’idea di photoframe alla
favola contemporanea. La mostra presenta il racconto di altri mondi
senza nessuna regola o precetto ma ricco di allusioni, visioni
parallele, meno che mai teorico ma colmo di metafore che si aggiungono
ad altre metafore.
3 artiste in maniera molto differente lavorano sulla narrazione
servendosi della fotografia.
Arianna Fumagalli giostra il ritrovamento di vecchie foto e le assembla
a documenti ritagli e carte consunte dal tempo e tuttavia eloquenti
nella loro integrità, sempre pronte per essere decifrate e
reinterpretate. L’intento è quello di costruire una sorta di
neo-documentario sui
personaggi che appaiono nei ritratti. Arianna lo chiama Casting, nel
senso che dopo aver avuto “in dote” dalla strada una cartella di vecchie
fotografie di famiglia abbandonate con un elastico ricostruisce un
itinerario e una dimensione favolistica dentro cui ritrovare le nostre
sospensioni. L’idea di partenza è collezionare e manipolare. Il suo
percorso è istintivo e non ragionato. In un secondo step subentra un
approccio registico capace di riordinare la memoria altrui.
Il primo lavoro nasce dal ritrovamento di un album di fotografie
allegate al depliant del 1962 “Andiamo per Pasqua in Svezia e
Danimarca”.
L’accostamento di reperti in relazione alle fotografie di madre e figlia
italiane partite per il Nord Europa diventa un viaggio nel viaggio. Ogni
singola foto del reportage familiare assume una libera interpretazione
poetica attraverso interventi pittorici sul bianco e nero e una serie di
oggetti affiancati agli scatti. Nel secondo lavoro che prende il titolo
dalla copertina del libro “Fotografia Rivelatrice” della Garzanti Gialli
Serie Oro anni ’50, un centinaio di volumi della setssa collana impilati
casualmente diventano la base per l’installazione giocata sull’idea di
racconto noir, avvolta da una luce gialla veicolante la suggestione
delle singole trame. Scorrendo tutti i libri l’artista ne ha scelti
alcuni, li ha tagliati, gessati e bruniti col dente d’agata fino a
renderli cornici, deputate ad ospitare le foto scelte per l’attinenza al
titolo riportato sulla costa. Gli scatti a loro volta ritoccati con il
bianco lasciano in evidenza soltanto le pose e i giochi di sguardi
relativi ai titoli e il lavoro assume una dimensione inedita di luoghi e
personaggi realmente esistiti, qui riveduti e corretti.
Diversamente dall’approccio estetico di Joseph Cornell o Louise
Nevelson, l'esito del lavoro di riciclaggio artistico si traduce in
divertita funzionalità e nella proiezione di momenti che chiunque di noi
avrebbe potuto vivere.
Marta Valenti predilige la performance e mette il suo corpo al centro
della rappresentazione. L’esito del lavoro è un mosaico fotografico di
grande formato, i colori sono virati, le immagini dinamiche e tutto
rimanda a spazi possibili di fuga. L’artista si aggira nel bosco, e il
suo oggetto è l’involucro del bosco in cui si trova come se fosse parte
di questo mondo ma in qualche modo come se volesse chiamarsene fuori.
Per costruire nuovi universi di appartenza. Un racconto lieve ne segue
un altro, una danza di parrucche turchine e personaggi reali ribaltano
l’idea di fiaba come archeologia e la elevano al rango di necessità,
tuttora molto attuale. Le regole smettono di essere codificate e il
lieto fine sovverte il solito universo tinto di azzurroprincipe, per
sostituire la volontà di ritrovarsi dentro una bolla spazio-temporale
color
gialloevasione. Per un attimo ci troviamo dentro il sonno REM che
allontana disincanto, cambiamenti, insonnia e nuovi mostri.
MariaChiara Calvani sollecita da sempre nel suo lavoro i ricordi più
intensi legati a situazioni molto specifiche: la casa adorata, la fiaba
preferita, il sogno ricorrente. Il progetto “Se mi racconti la tua
favola prenderò in mano il tuo sonno” trasforma il desiderio di
desiderare in una performance letteraria collettiva. Alcuni scritti di
poche righe giungono da ogni dove in ogni forma dopo aver chiesto favole
a chiunque per oltre un mese.
Ideato come site-specific per la mostra Phairytales l’artista racchiude
in un libro l’immaginario di chi ha aderito alla proposta a modo suo e
presenta in un video la suggestione delle fantasie generazionali
scaturite dai racconti inviati. L’esito è racchiuso dentro 30 missive
che tramandano aspetti fugaci della contemporaneità. Alcune sono solo
appunti su fogli di carta, alcune sono pensieri in forma fotografica,
altre mail si rivelano colme di metafore, laddove è inevitabile leggere
anche sotto e sopra le righe, tra le pieghe dei fogli o nei depositi
della memoria. C’è chi da piccolo, come da grande, riporta la fiaba
inventata dalla mamma tutta per lui, c’è la leggenda romagnola riveduta
corretta e illustrata, c’è la vicenda di un paese minuscolo tra le
montagne dove si sogna l’amore al confine tra sole e vento. E c’è l’idea
di crescere i figli senza lupi né uomini neri né marzapane, per evitare
la Paura come passaggio necessario che invece qui duella contro
un’infinità di motivi per credere volentieri sia al re che alla regina,
fuggire l’orco e imbattersi in un cavallo bianco, magari con un principe
azzurro destinato a portarci via. Fiabe in versi sciolti a metà tra
romanzo popolare, il fumetto manga e la street art scorrono come in un
ardito montaggio video. Dal bene al male senza soluzione di continuità,
i racconti mescolano cultura popolare, spunti futuribili e ideali
intatti e tramandano varia bontà ed efferatezza come nella matrice di
ogni favola che si rispetti. E’ a questo punto che si innesta la
possibilità di non capire più qual è il gioco e quale la finzione. Forse
non tutte le storie rappresentano l’inconscio ma hanno senz’altro un
secondo piano di lettura. Senza saperlo ne siamo rapiti e diventiamo
complici.
Raffaella Guidobono/Kroitnijz
favola contemporanea. La mostra presenta il racconto di altri mondi
senza nessuna regola o precetto ma ricco di allusioni, visioni
parallele, meno che mai teorico ma colmo di metafore che si aggiungono
ad altre metafore.
3 artiste in maniera molto differente lavorano sulla narrazione
servendosi della fotografia.
Arianna Fumagalli giostra il ritrovamento di vecchie foto e le assembla
a documenti ritagli e carte consunte dal tempo e tuttavia eloquenti
nella loro integrità, sempre pronte per essere decifrate e
reinterpretate. L’intento è quello di costruire una sorta di
neo-documentario sui
personaggi che appaiono nei ritratti. Arianna lo chiama Casting, nel
senso che dopo aver avuto “in dote” dalla strada una cartella di vecchie
fotografie di famiglia abbandonate con un elastico ricostruisce un
itinerario e una dimensione favolistica dentro cui ritrovare le nostre
sospensioni. L’idea di partenza è collezionare e manipolare. Il suo
percorso è istintivo e non ragionato. In un secondo step subentra un
approccio registico capace di riordinare la memoria altrui.
Il primo lavoro nasce dal ritrovamento di un album di fotografie
allegate al depliant del 1962 “Andiamo per Pasqua in Svezia e
Danimarca”.
L’accostamento di reperti in relazione alle fotografie di madre e figlia
italiane partite per il Nord Europa diventa un viaggio nel viaggio. Ogni
singola foto del reportage familiare assume una libera interpretazione
poetica attraverso interventi pittorici sul bianco e nero e una serie di
oggetti affiancati agli scatti. Nel secondo lavoro che prende il titolo
dalla copertina del libro “Fotografia Rivelatrice” della Garzanti Gialli
Serie Oro anni ’50, un centinaio di volumi della setssa collana impilati
casualmente diventano la base per l’installazione giocata sull’idea di
racconto noir, avvolta da una luce gialla veicolante la suggestione
delle singole trame. Scorrendo tutti i libri l’artista ne ha scelti
alcuni, li ha tagliati, gessati e bruniti col dente d’agata fino a
renderli cornici, deputate ad ospitare le foto scelte per l’attinenza al
titolo riportato sulla costa. Gli scatti a loro volta ritoccati con il
bianco lasciano in evidenza soltanto le pose e i giochi di sguardi
relativi ai titoli e il lavoro assume una dimensione inedita di luoghi e
personaggi realmente esistiti, qui riveduti e corretti.
Diversamente dall’approccio estetico di Joseph Cornell o Louise
Nevelson, l'esito del lavoro di riciclaggio artistico si traduce in
divertita funzionalità e nella proiezione di momenti che chiunque di noi
avrebbe potuto vivere.
Marta Valenti predilige la performance e mette il suo corpo al centro
della rappresentazione. L’esito del lavoro è un mosaico fotografico di
grande formato, i colori sono virati, le immagini dinamiche e tutto
rimanda a spazi possibili di fuga. L’artista si aggira nel bosco, e il
suo oggetto è l’involucro del bosco in cui si trova come se fosse parte
di questo mondo ma in qualche modo come se volesse chiamarsene fuori.
Per costruire nuovi universi di appartenza. Un racconto lieve ne segue
un altro, una danza di parrucche turchine e personaggi reali ribaltano
l’idea di fiaba come archeologia e la elevano al rango di necessità,
tuttora molto attuale. Le regole smettono di essere codificate e il
lieto fine sovverte il solito universo tinto di azzurroprincipe, per
sostituire la volontà di ritrovarsi dentro una bolla spazio-temporale
color
gialloevasione. Per un attimo ci troviamo dentro il sonno REM che
allontana disincanto, cambiamenti, insonnia e nuovi mostri.
MariaChiara Calvani sollecita da sempre nel suo lavoro i ricordi più
intensi legati a situazioni molto specifiche: la casa adorata, la fiaba
preferita, il sogno ricorrente. Il progetto “Se mi racconti la tua
favola prenderò in mano il tuo sonno” trasforma il desiderio di
desiderare in una performance letteraria collettiva. Alcuni scritti di
poche righe giungono da ogni dove in ogni forma dopo aver chiesto favole
a chiunque per oltre un mese.
Ideato come site-specific per la mostra Phairytales l’artista racchiude
in un libro l’immaginario di chi ha aderito alla proposta a modo suo e
presenta in un video la suggestione delle fantasie generazionali
scaturite dai racconti inviati. L’esito è racchiuso dentro 30 missive
che tramandano aspetti fugaci della contemporaneità. Alcune sono solo
appunti su fogli di carta, alcune sono pensieri in forma fotografica,
altre mail si rivelano colme di metafore, laddove è inevitabile leggere
anche sotto e sopra le righe, tra le pieghe dei fogli o nei depositi
della memoria. C’è chi da piccolo, come da grande, riporta la fiaba
inventata dalla mamma tutta per lui, c’è la leggenda romagnola riveduta
corretta e illustrata, c’è la vicenda di un paese minuscolo tra le
montagne dove si sogna l’amore al confine tra sole e vento. E c’è l’idea
di crescere i figli senza lupi né uomini neri né marzapane, per evitare
la Paura come passaggio necessario che invece qui duella contro
un’infinità di motivi per credere volentieri sia al re che alla regina,
fuggire l’orco e imbattersi in un cavallo bianco, magari con un principe
azzurro destinato a portarci via. Fiabe in versi sciolti a metà tra
romanzo popolare, il fumetto manga e la street art scorrono come in un
ardito montaggio video. Dal bene al male senza soluzione di continuità,
i racconti mescolano cultura popolare, spunti futuribili e ideali
intatti e tramandano varia bontà ed efferatezza come nella matrice di
ogni favola che si rispetti. E’ a questo punto che si innesta la
possibilità di non capire più qual è il gioco e quale la finzione. Forse
non tutte le storie rappresentano l’inconscio ma hanno senz’altro un
secondo piano di lettura. Senza saperlo ne siamo rapiti e diventiamo
complici.
Raffaella Guidobono/Kroitnijz
05
aprile 2005
Phairy Tales
Dal 05 al 18 aprile 2005
arte contemporanea
Location
AKA
Roma, Via Dei Cartari, 11, (Roma)
Roma, Via Dei Cartari, 11, (Roma)
Vernissage
5 Aprile 2005, ore 19-22
Sito web
www.kroitnijz.com
Autore
Curatore