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pietra ferro fuoco
Il prato di uno dei più grandi cementifici d’Europa è il contenitore per pietra ferro fuoco, occasione nella quale le sculture di Franco Martinucci sono testo performativo per Salvatore D’Amato
Comunicato stampa
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Il prato di uno dei più grandi cementifici d’Europa è il contenitore per pietra ferro fuoco, occasione nella quale le sculture di Franco Martinucci sono testo performativo per Salvatore D’Amato. Insieme, all’aperto le opere (la mostra delle sculture di Franco Martinucci si protrarrà, all’interno dello stabilimento del cementificio per un mese) intervallano il ritmo pieno degli impianti industriali, portando quel discreto fascino della bellezza, necessaria come il lavoro, leggera come l’aria.
Le sculture di pietra e di metallo, nel loro sembiante femmineo, includono il fuoco in un graduale basso continuo, come una passione diffusa che più che incendiare, sedimenta. Disseminate sul prato sfilano opere che comprendono fasi diverse, alternandosi i materiali e le soluzioni formali.
Alla fase iniziale appartengono le produzioni in pietra calcarea, queste sono caratterizzate da una plasticità a tutto tondo, dove l’archetipo femminile è riconoscibile nella sua forza generatrice. Anche quando sono rappresentate soltanto le teste, gremite da una folta capigliatura, le cui scanalature ricordano un campo irrigato evocando una tradizione arcaica.
Successivamente alla pietra si aggiunge il ferro, al movimento della rotondità chiara fa da contrappunto, come una lingua di fuoco l’impeto irregolare e colorato del metallo che si slancia nell’aria. Nell’ultima fase, le sculture formano delle eleganti silhouette metalliche, in queste l’apporto cromatico delle tonalità che vanno dal giallo al rosso, pur restando in piano, alimentano il movimento come fossero a tutto tondo. Martinucci è un uomo saggio e come tale nelle sue opere dosa gli eccessi. Le opere sono sobriamente eleganti, le loro valenze simboliche dai particolari dei capelli sino allo sdoppiamento della figura ci rimandano con delicatezza alla cantilena degli elementi maschili e femminili, necessari per tessere la continuità.
Tra gli elementi, i colori sono nella loro immediatezza i messaggeri delle trasformazioni che riguardano il paesaggio come le nostre emozioni.
La performance si apre con il giallo, il rosso e il blu che lasciano tracce sulla vegetazione circostante, come a rinnovare l’intesa e lo scambio creativo tra l’uomo e la natura.
Tra l’erba e i cespugli e le sculture, i performer con movimenti semplici e fluidi raccontano della pietra, del ferro, del fuoco come un rito che si rinnova continuamente e coinvolge con le sue leggi le nostre azioni.
Per D’Amato l’idea degli elementi si sintetizza nelle seguenti parole:
“ Pietra: il tempo con i suoi elementi scava, trafora, trasforma, dando vita ad immagini mutanti nel ciclo della vita...
Ferro: battuto, forgiato, scandisce l’era calda e fredda, vecchio e nuovo; ruggine in avanzamento penetra lasciandoci vedere l’oltre...
Fuoco: danzante come pensieri fonde realtà e fantasia come lingue di vecchi saggi...”
Il fuoco che non brucia per tutta la durata della performance é “consegnato alle mani di una bimba”; al fuoco è dedicata l’ultima parte con l’accensione della polvere pirica che incandescente, solleva nell’aria segnali di fumo.
Angela Serafino
Le sculture di pietra e di metallo, nel loro sembiante femmineo, includono il fuoco in un graduale basso continuo, come una passione diffusa che più che incendiare, sedimenta. Disseminate sul prato sfilano opere che comprendono fasi diverse, alternandosi i materiali e le soluzioni formali.
Alla fase iniziale appartengono le produzioni in pietra calcarea, queste sono caratterizzate da una plasticità a tutto tondo, dove l’archetipo femminile è riconoscibile nella sua forza generatrice. Anche quando sono rappresentate soltanto le teste, gremite da una folta capigliatura, le cui scanalature ricordano un campo irrigato evocando una tradizione arcaica.
Successivamente alla pietra si aggiunge il ferro, al movimento della rotondità chiara fa da contrappunto, come una lingua di fuoco l’impeto irregolare e colorato del metallo che si slancia nell’aria. Nell’ultima fase, le sculture formano delle eleganti silhouette metalliche, in queste l’apporto cromatico delle tonalità che vanno dal giallo al rosso, pur restando in piano, alimentano il movimento come fossero a tutto tondo. Martinucci è un uomo saggio e come tale nelle sue opere dosa gli eccessi. Le opere sono sobriamente eleganti, le loro valenze simboliche dai particolari dei capelli sino allo sdoppiamento della figura ci rimandano con delicatezza alla cantilena degli elementi maschili e femminili, necessari per tessere la continuità.
Tra gli elementi, i colori sono nella loro immediatezza i messaggeri delle trasformazioni che riguardano il paesaggio come le nostre emozioni.
La performance si apre con il giallo, il rosso e il blu che lasciano tracce sulla vegetazione circostante, come a rinnovare l’intesa e lo scambio creativo tra l’uomo e la natura.
Tra l’erba e i cespugli e le sculture, i performer con movimenti semplici e fluidi raccontano della pietra, del ferro, del fuoco come un rito che si rinnova continuamente e coinvolge con le sue leggi le nostre azioni.
Per D’Amato l’idea degli elementi si sintetizza nelle seguenti parole:
“ Pietra: il tempo con i suoi elementi scava, trafora, trasforma, dando vita ad immagini mutanti nel ciclo della vita...
Ferro: battuto, forgiato, scandisce l’era calda e fredda, vecchio e nuovo; ruggine in avanzamento penetra lasciandoci vedere l’oltre...
Fuoco: danzante come pensieri fonde realtà e fantasia come lingue di vecchi saggi...”
Il fuoco che non brucia per tutta la durata della performance é “consegnato alle mani di una bimba”; al fuoco è dedicata l’ultima parte con l’accensione della polvere pirica che incandescente, solleva nell’aria segnali di fumo.
Angela Serafino
05
aprile 2006
pietra ferro fuoco
05 aprile 2006
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
COLACEM SPA
Galatina, Via Corigliano, (Lecce)
Galatina, Via Corigliano, (Lecce)
Vernissage
5 Aprile 2006, ore 17.30
Autore
Curatore