La realtà non è solo, immagine. O almeno, esiste ancora chi non si ferma nel fuori scala di quel tutto che in immagine, abbagliando ispira questo tempo, in tutte le manifestazioni di luogo possibili, fino addirittura a calarsi nella fantomatica pretesa di globalità. Non so cos'è la realtà. La sua in-formazione mossa in immagine però, non mi interessa, o forse non mi interessa più. Forse allora, sono tornato alla materia prima, per capire. Faccio pittura, ma posso parlare solo di me. Non c'è distinzione tra quello che sono e quello che faccio, se non altro questo posso dirlo. Per me è sempre un problema di comunicazione. Ascoltare. A partire da me stesso. Un contatto intimo, secondo un linguaggio esclusivo che nell'incontro con l'altro, l'altro sia qui che altrove, non so vedere oltre il significato della parola-struttura, relazione. Un prendersi cura nel rimanere in ascolto del proprio essere nel veder crescere quel qualcosa che hai imparato ad accogliere come la tua, pittura. Forse non c'è niente da scoprire, è la storia più antica del mondo. Forse è solo la vita di un uomo. La ruggine è solo un pretesto, un gran bel pretesto, una delle invarianti magari, ma solo se intesa come seme che germoglia in un'altra possibilità, di relazione appunto, se trova, se accade. E' quel qualcosa di unico che mi interessa, e avrà sempre un suo limite parziale, capace solo se riesce, di parlarmi di un tutto che muove, che vive. Con forza. Altrimenti rimane un mezzo, come me del resto. In ogni caso, senza la mira di voler arrivare ovunque. Non c'è n'è bisogno, si vive lo stesso. Questa realtà è possibile scaderla attraverso un'immagine? Per questo, faccio quello che voglio.