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Pu:RE
Un discorso a lungo sviluppato tra sé e sé, che non freme per essere ascoltato.Un’idea, un flusso di coscienza che diviene soliloquio e ottiene
appagamento tramite il riciclo di una tavola di legno o di metallo.Spray, vernice, graffite, pennarelli e pastelli, sono il mezzo.Il messaggio è l’amore.
Comunicato stampa
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Un discorso a lungo sviluppato tra sé e sé, che non freme per essere ascoltato.
Un’idea, un flusso di coscienza che diviene soliloquio e ottiene
appagamento tramite il riciclo di una tavola di legno o di metallo.
E’ un impulso non immediato e paziente,
solo in parte controllabile, che genera icone, parole e colore.
Spray, vernice, graffite, pennarelli e pastelli, è il mezzo,
il filtro tramite il quale l'energia insaziabile di un'idea si scontra e si affianca,
in qualche modo si completa, con l'indiscutibile realtà di una fotografia,
di una richiesta, di una faccia, una dichiarazione.
Il senso, se c'è, risiede nei particolari.
Il messaggio è l'amore.
La carriera pittorica di PU:RE non può senz’altro essere considerata come convenzionale, risulta infatti da un’attitudine, una capacità a creare e ricreare con qualsiasi cosa e qualsiasi mezzo e la sua attività si registra attualmente in svariati contesti. Sempre attento, curioso e versatile ha presto adottato la tecnica dello stencil come subitanea messa in scena di ciò che considera elemento prioritario: il messaggio e il gioco per condurlo fino allo spettatore. È un gioco delle parti innocenti, ma coscientemente condotto, in cui lo spettatore è assolutamente chiamato alla decodifica. L’uno chiede, facendo il punto, e l’altro dovrebbe essere pronto interiormente a rispondere. Il gioco sta nell’attenzione con cui si vuole guardare tutto ciò che compone la tavola, dalla più piccola sbavatura fuori controllo al gesto spontaneo e calcolato, al supporto lasciato nudo, allo sporco del segno e del colore, all’espressione dei soggetti che concorrono in egual misura ad evocare quel messaggio perentorio e malfermo insieme. Il messaggio non è sempre facile , proprio perché mette in campo verità di talmente acquisita semplicità e umanità da lasciare spiazzati o magari da far sorridere amaramente, una volta trovata la chiave di lettura. Il processo per trovare la chiave è tutta lì nell’immagine, scelta per contrastare, per disilludere, per sviare e poi per riportare sulla retta via. Le immagini che dapprima vivono nella mente dell’autore (seppur trovate per caso) suppongono una propria vita intima di difficile decifrazione e, tuttavia, infinita e beffarda malinconia. Scorrendo nelle opere di PU:RE si può credere di essere di fronte ad un grande album fotografico di cui non conosciamo il nome né dell’autore, né delle persone a cui appartengono i volti, ed è ciò che segretamente tormenta ma tuttavia troviamo rassicurazione nel fatto che quei gesti e quei volti ci appartengono perché siamo noi stessi ripresi in un momento qualsiasi. È un lavoro che assurge a divenire la fotografia della società tutta, atemporale e senza luogo, così com’è e come PU:RE la vede : emotivamente bloccata, alienata, esaltata ed esule… Il gioco è proprio riuscire a dirlo
Un’idea, un flusso di coscienza che diviene soliloquio e ottiene
appagamento tramite il riciclo di una tavola di legno o di metallo.
E’ un impulso non immediato e paziente,
solo in parte controllabile, che genera icone, parole e colore.
Spray, vernice, graffite, pennarelli e pastelli, è il mezzo,
il filtro tramite il quale l'energia insaziabile di un'idea si scontra e si affianca,
in qualche modo si completa, con l'indiscutibile realtà di una fotografia,
di una richiesta, di una faccia, una dichiarazione.
Il senso, se c'è, risiede nei particolari.
Il messaggio è l'amore.
La carriera pittorica di PU:RE non può senz’altro essere considerata come convenzionale, risulta infatti da un’attitudine, una capacità a creare e ricreare con qualsiasi cosa e qualsiasi mezzo e la sua attività si registra attualmente in svariati contesti. Sempre attento, curioso e versatile ha presto adottato la tecnica dello stencil come subitanea messa in scena di ciò che considera elemento prioritario: il messaggio e il gioco per condurlo fino allo spettatore. È un gioco delle parti innocenti, ma coscientemente condotto, in cui lo spettatore è assolutamente chiamato alla decodifica. L’uno chiede, facendo il punto, e l’altro dovrebbe essere pronto interiormente a rispondere. Il gioco sta nell’attenzione con cui si vuole guardare tutto ciò che compone la tavola, dalla più piccola sbavatura fuori controllo al gesto spontaneo e calcolato, al supporto lasciato nudo, allo sporco del segno e del colore, all’espressione dei soggetti che concorrono in egual misura ad evocare quel messaggio perentorio e malfermo insieme. Il messaggio non è sempre facile , proprio perché mette in campo verità di talmente acquisita semplicità e umanità da lasciare spiazzati o magari da far sorridere amaramente, una volta trovata la chiave di lettura. Il processo per trovare la chiave è tutta lì nell’immagine, scelta per contrastare, per disilludere, per sviare e poi per riportare sulla retta via. Le immagini che dapprima vivono nella mente dell’autore (seppur trovate per caso) suppongono una propria vita intima di difficile decifrazione e, tuttavia, infinita e beffarda malinconia. Scorrendo nelle opere di PU:RE si può credere di essere di fronte ad un grande album fotografico di cui non conosciamo il nome né dell’autore, né delle persone a cui appartengono i volti, ed è ciò che segretamente tormenta ma tuttavia troviamo rassicurazione nel fatto che quei gesti e quei volti ci appartengono perché siamo noi stessi ripresi in un momento qualsiasi. È un lavoro che assurge a divenire la fotografia della società tutta, atemporale e senza luogo, così com’è e come PU:RE la vede : emotivamente bloccata, alienata, esaltata ed esule… Il gioco è proprio riuscire a dirlo