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Rita Albertini – Antinomia della rivoluzione
Il guardarsi dentro rivela la forma segreta di un mondo che vive nell’ombra, nascosto agli occhi degli altri, protetto da un velo di silenzio.
Comunicato stampa
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RITA ALBERTINI: ANTINOMIA DELLA RIVOLUZIONE
Il guardarsi dentro rivela la forma segreta di un mondo che vive nell’ombra, nascosto agli occhi degli altri, protetto da un velo di silenzio. La pittura di Rita Albertini è metafora di ricerca interiore, filtrata nel colore del tempo e scandita da toni leggeri. Sfuggenti velature sovrappongono e stratificano la materia cromatica, divengono esperienza di vita e, in fine, giungono a donarci la sua verità.
Chi sono gli altri?
Ritratti di figure che sembrano emergere da un qualche misterioso al di là. Sono gli altri: quelli che potrebbero essere; quelli che avremmo potuto conoscere, o che conosceremo, o magari, che non conosceremo mai.
Sono innumerevoli le domande suscitate dalle opere di Rita Albertini, ma in particolare, con la serie Altri ritratti, veniamo spinti a guardare oltre. Oltre la patina giallastra della plastica, un po’ richiamando quella metafora di cui sopra: guardare dietro il velo, scrutare l’interno, penetrare il mistero nascosto per stravolgere il senso compiuto delle cose. I ritratti di Albertini non ritraggono, non portano a sé una figura colta in esterno, piuttosto propongono nuove formule, altri volti, forse visti da qualche parte, magari sognati, comunque interiorizzati. Sono volti che a lungo hanno vissuto nella mente dell’artista, vagato nelle sue viscere neuronali, albergato nelle stanze della sua fantasia. Figure enigmatiche, nascoste, che adesso si prendono la scena. Lei, l’artista-madre, li svela ma non del tutto. Resta un senso di protezione, rappresentato da quel velo opalescente che rende ambigua la loro immagine, uno schermo, un diaframma, il cameo lapideo della memoria, la conferma intangibile della raggiunta immortalità.
Tutto negli Altri ritratti è metafora: il disegno, il velo, perfino la plastilina spalmata a contorno sembra alludere a qualcosa d’altro. Ma è solo entrando nello studio di Albertini che si può percepire quel desiderio nascosto di esprimere, con la pittura, l’irrefrenabile desiderio di comunicare l’incomunicabile. Diventare dei rivoluzionari del pensiero, imbracciando le armi della persuasione e iniziando il cammino sulle strade che non hanno nome. Quei volti “altri” finiscono per diventare esseri concreti, uomini o donne, poco conta, ciò che importa è il loro destino: combattere la nostra rivoluzione. La nostra, quella di tutti i giorni, perché loro sono soldati creati appositamente per metterci al riparo, ologrammi che combattono una guerra artificiale su campi desolati, metafore anch’esse di inconsistenza esistenziale che assurgono a sberleffo e tragica constatazione della grottesca pantomima quotidiana in cui i media ci proiettano. Falsi intenti di umanità, mascherati, nel tentativo di allontanare il nostro sguardo dalla prossima tragedia. I rivoluzionari di Albertini giocano la battaglia del destino con i loro arti armati in equilibrio precario sui neri stivali col tacco. Antinomie di una società tanto evoluta da sembrare al collasso.
Ma dove portano le strade che non hanno nome?
Per ognuno di noi c’è una meta e quella di Albertini è ancora il suo studio, piccolo e pieno di quadri, tubetti di colore, cavalletti, odore d’olio e trementina. Uno studio-casa dove dipingere e sognare, tutto in una stanza, bianca, dove il non senso vuole che un televisore trasmetta una partita di calcio mentre in silenzio si stagliano ammuffite presenze di logora memoria. In questo luogo-metafora Albertini incontra gli altri, li conosce e li interroga sul destino suo e loro. Il quadro “blitz”, come lei lo chiama, è il quadro che non t’aspetti, ma per questo il più importante, l’anello mancante, la chiave di volta, il fulcro cui tutto converge. Lì giungono i sogni, o gli incubi, ed è lì che l’artista si reca per conoscerli e raccontarli, mettendo in scena il suo espressionismo vivifico e dipingendo, giorno dopo giorno, la sua personale esperienza rivoluzionaria.
Andrea Baffoni
Pippo Cosenza
cosenzagiuseppe@yahoo.it
spaziocentoventuno@yahaoo.i
tel. 3299833998
Il guardarsi dentro rivela la forma segreta di un mondo che vive nell’ombra, nascosto agli occhi degli altri, protetto da un velo di silenzio. La pittura di Rita Albertini è metafora di ricerca interiore, filtrata nel colore del tempo e scandita da toni leggeri. Sfuggenti velature sovrappongono e stratificano la materia cromatica, divengono esperienza di vita e, in fine, giungono a donarci la sua verità.
Chi sono gli altri?
Ritratti di figure che sembrano emergere da un qualche misterioso al di là. Sono gli altri: quelli che potrebbero essere; quelli che avremmo potuto conoscere, o che conosceremo, o magari, che non conosceremo mai.
Sono innumerevoli le domande suscitate dalle opere di Rita Albertini, ma in particolare, con la serie Altri ritratti, veniamo spinti a guardare oltre. Oltre la patina giallastra della plastica, un po’ richiamando quella metafora di cui sopra: guardare dietro il velo, scrutare l’interno, penetrare il mistero nascosto per stravolgere il senso compiuto delle cose. I ritratti di Albertini non ritraggono, non portano a sé una figura colta in esterno, piuttosto propongono nuove formule, altri volti, forse visti da qualche parte, magari sognati, comunque interiorizzati. Sono volti che a lungo hanno vissuto nella mente dell’artista, vagato nelle sue viscere neuronali, albergato nelle stanze della sua fantasia. Figure enigmatiche, nascoste, che adesso si prendono la scena. Lei, l’artista-madre, li svela ma non del tutto. Resta un senso di protezione, rappresentato da quel velo opalescente che rende ambigua la loro immagine, uno schermo, un diaframma, il cameo lapideo della memoria, la conferma intangibile della raggiunta immortalità.
Tutto negli Altri ritratti è metafora: il disegno, il velo, perfino la plastilina spalmata a contorno sembra alludere a qualcosa d’altro. Ma è solo entrando nello studio di Albertini che si può percepire quel desiderio nascosto di esprimere, con la pittura, l’irrefrenabile desiderio di comunicare l’incomunicabile. Diventare dei rivoluzionari del pensiero, imbracciando le armi della persuasione e iniziando il cammino sulle strade che non hanno nome. Quei volti “altri” finiscono per diventare esseri concreti, uomini o donne, poco conta, ciò che importa è il loro destino: combattere la nostra rivoluzione. La nostra, quella di tutti i giorni, perché loro sono soldati creati appositamente per metterci al riparo, ologrammi che combattono una guerra artificiale su campi desolati, metafore anch’esse di inconsistenza esistenziale che assurgono a sberleffo e tragica constatazione della grottesca pantomima quotidiana in cui i media ci proiettano. Falsi intenti di umanità, mascherati, nel tentativo di allontanare il nostro sguardo dalla prossima tragedia. I rivoluzionari di Albertini giocano la battaglia del destino con i loro arti armati in equilibrio precario sui neri stivali col tacco. Antinomie di una società tanto evoluta da sembrare al collasso.
Ma dove portano le strade che non hanno nome?
Per ognuno di noi c’è una meta e quella di Albertini è ancora il suo studio, piccolo e pieno di quadri, tubetti di colore, cavalletti, odore d’olio e trementina. Uno studio-casa dove dipingere e sognare, tutto in una stanza, bianca, dove il non senso vuole che un televisore trasmetta una partita di calcio mentre in silenzio si stagliano ammuffite presenze di logora memoria. In questo luogo-metafora Albertini incontra gli altri, li conosce e li interroga sul destino suo e loro. Il quadro “blitz”, come lei lo chiama, è il quadro che non t’aspetti, ma per questo il più importante, l’anello mancante, la chiave di volta, il fulcro cui tutto converge. Lì giungono i sogni, o gli incubi, ed è lì che l’artista si reca per conoscerli e raccontarli, mettendo in scena il suo espressionismo vivifico e dipingendo, giorno dopo giorno, la sua personale esperienza rivoluzionaria.
Andrea Baffoni
Pippo Cosenza
cosenzagiuseppe@yahoo.it
spaziocentoventuno@yahaoo.i
tel. 3299833998
20
marzo 2016
Rita Albertini – Antinomia della rivoluzione
Dal 20 al 31 marzo 2016
arte contemporanea
Location
SPAZIO 121
Perugia, Via Armando Fedeli, 121, (Perugia)
Perugia, Via Armando Fedeli, 121, (Perugia)
Orario di apertura
Da martedì a venerdì ore 16,00 - 19,00 e per appuntamento
Vernissage
20 Marzo 2016, ore 18,00
Autore
Curatore