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Roberto Caracciolo – Roma razionalista
una serie unitaria di dodici lavori recenti, olii su tela, secondo tre formati diversi, grandi, medi e piccoli
Comunicato stampa
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Si inaugura lunedì 4 dicembre, presso la galleria A.A.M. Architettura Arte Moderna, una mostra dedicata a Roberto Caracciolo, in cui vengono presentati una serie unitaria di dodici lavori recenti, olii su tela, secondo tre formati diversi, grandi, medi e piccoli. L’intero ciclo di opere è una sorta di omaggio, di raffinatissima astrazione, ad alcune architetture romane, tra le più rappresentative degli anni tra le due guerre, di alcuni straordinari architetti, come Luigi Moretti, Adalberto Libera, Mario De Renzi, Giuseppe Pagano e Giuseppe Nicolosi.
“Partendo dall’esperienza fatta nel 2004 con i tre quadri ispirati dal lavoro di Terragni ho voluto fare un omaggio alla mia città prendendo spunto dall’architettura razionalista a Roma. Dopo qualche mese passato a fotografare le costruzioni che mi interessavano ed intervistando la gente che ci vive o lavora ho cominciato una serie di nuovi quadri. Gli architetti e le costruzioni che alla fine hanno ispirato i dodici quadri (5 di 130x 130 cm, 2 di 72 x 72 cm, e 5 di 30 x 30 cm) sono: il Lotto 27 alla Garbatella e la borgata del Trullo di Nicolosi, l’ufficio postale di via Mormorata di De Renzi-Libera, l’Accademia delle armi al Foro Italico e l’ex-GIL a via Induno di Moretti, l’Istituto di fisica all’università di Pagano, l’Unità d’abitazione orizzontale al Tuscolano ed il Villaggio olimpico di Libera.
L’architettura Razionalista è cominciata, in gran parte, come uno degli aspetti dell’architettura fascista, ma si differenzia da quella più conosciuta e retorica quale quella di Piacentini per un rigore modernista. Mentre l’architettura fascista era improntata ad una rivalutazione dei canoni classici e alla creazione di una architettura nazionalista, il razionalismo si ispirava al movimento internazionale, guardava a Le Corbusier, al Bauhaus e aspirava a dare qualcosa di radicalmente nuovo. Se prima della guerra ci furono grandi commissioni di opere pubbliche nel dopoguerra il razionalismo si è dedicato alle costruzioni di quartieri popolari a basso reddito. Ciò che mi ha colpito è quanto alcune di queste costruzioni siano ancor oggi valide e belle, attive nella loro funzione originale. Purtroppo è anche vero che spesso queste costruzioni riversano in uno stato pietoso, abbandonate all’usura del tempo o ricoperte di squallide aggiunte. Sarebbe ora di prestare un po’ più d’attenzione a quel che è stato fatto di buono nel 20° secolo.
Nella mostra saranno incluse delle foto in bianco e nero che ho fatto con una Argus 75 degli anni cinquanta delle architetture che mi hanno ispirato.
Ciò che nel nuovo ciclo di lavori si presenta con più forza è il carattere “oggettuale” delle opere, vale a dire che l’artista contrappone all’evidente bidimensionalità del lavoro un eccesso di tridimensionalità del supporto che l’ombra e la giacitura in cui tende a fotografare le opere sottolineano ancor più. Opere sempre presentate quasi sprofondate e spiazzate sulla parete ad esaltare la loro circoscrizione, il loro grado di compiutezza e di finitura. In questo R. Caracciolo tende a sottolineare la propria distanza tutta europea dal portato dell’espressionismo astratto americano e da quella voglia di debordare oltre i limiti fisici della tela sino a fare avvertire la voglia di altrove, il mito dell’andare “oltre” verso nuove e impreviste frontiere. Per l’artista è più importante l’insistenza nella permanenza di quella piccola porzione di spazio che ha deciso di ritagliarsi secondo dimensioni poco variabili e sempre uguali a se stesse. Proprio perché per lui la pittura è una cosa semplice, terrestre e quotidiana che non allude né a cadute né a salvezze, non ha valore salvifico, non purifica e non libera. Poche le indicazioni di cui l’artista carica l’opera: l’idea della serie per gruppi omogenei di lavori correlati in base ai colori, il rigore delle pennellate sempre della stessa misura per i quadri piccoli e grandi con l’ovvia constatazione che i piccoli conterranno meno pennellate e le stesse tendono sempre più a trasformarsi in segno così come le sue linee sono sempre più linee-labirinti, linee continue senza inizio ne fine ma che via via tendono a stagliarsi su un fondo che si fa sempre più presente e importante quasi a rovesciare la tendenza a ciò che sta per tramutarsi in troppo facile o ripetitivo in nome di un perseguito senso della leggerezza. Ma questo senso di circolarità tra le parole e le cose, tra le opere e l’artista è suggerito anche dal suo vezzoso atteggiarsi in pose desuete ma mutuate da una precisa e riconoscibile iconografia tramandataci da celebri fotografie che ritraevano A. Libera o L. Moretti: in questo cercare di unire tutto sta il senso del riannodare la duplicità delle sue origini americane ed europee ma anche di unire il proprio cattolicesimo al puritanesimo.
Il catalogo ospita testi di Francesco Moschini, Franco Purini e Robert McCarter ed un’intervista curata da Mirta d’Argenzio.
“Partendo dall’esperienza fatta nel 2004 con i tre quadri ispirati dal lavoro di Terragni ho voluto fare un omaggio alla mia città prendendo spunto dall’architettura razionalista a Roma. Dopo qualche mese passato a fotografare le costruzioni che mi interessavano ed intervistando la gente che ci vive o lavora ho cominciato una serie di nuovi quadri. Gli architetti e le costruzioni che alla fine hanno ispirato i dodici quadri (5 di 130x 130 cm, 2 di 72 x 72 cm, e 5 di 30 x 30 cm) sono: il Lotto 27 alla Garbatella e la borgata del Trullo di Nicolosi, l’ufficio postale di via Mormorata di De Renzi-Libera, l’Accademia delle armi al Foro Italico e l’ex-GIL a via Induno di Moretti, l’Istituto di fisica all’università di Pagano, l’Unità d’abitazione orizzontale al Tuscolano ed il Villaggio olimpico di Libera.
L’architettura Razionalista è cominciata, in gran parte, come uno degli aspetti dell’architettura fascista, ma si differenzia da quella più conosciuta e retorica quale quella di Piacentini per un rigore modernista. Mentre l’architettura fascista era improntata ad una rivalutazione dei canoni classici e alla creazione di una architettura nazionalista, il razionalismo si ispirava al movimento internazionale, guardava a Le Corbusier, al Bauhaus e aspirava a dare qualcosa di radicalmente nuovo. Se prima della guerra ci furono grandi commissioni di opere pubbliche nel dopoguerra il razionalismo si è dedicato alle costruzioni di quartieri popolari a basso reddito. Ciò che mi ha colpito è quanto alcune di queste costruzioni siano ancor oggi valide e belle, attive nella loro funzione originale. Purtroppo è anche vero che spesso queste costruzioni riversano in uno stato pietoso, abbandonate all’usura del tempo o ricoperte di squallide aggiunte. Sarebbe ora di prestare un po’ più d’attenzione a quel che è stato fatto di buono nel 20° secolo.
Nella mostra saranno incluse delle foto in bianco e nero che ho fatto con una Argus 75 degli anni cinquanta delle architetture che mi hanno ispirato.
Ciò che nel nuovo ciclo di lavori si presenta con più forza è il carattere “oggettuale” delle opere, vale a dire che l’artista contrappone all’evidente bidimensionalità del lavoro un eccesso di tridimensionalità del supporto che l’ombra e la giacitura in cui tende a fotografare le opere sottolineano ancor più. Opere sempre presentate quasi sprofondate e spiazzate sulla parete ad esaltare la loro circoscrizione, il loro grado di compiutezza e di finitura. In questo R. Caracciolo tende a sottolineare la propria distanza tutta europea dal portato dell’espressionismo astratto americano e da quella voglia di debordare oltre i limiti fisici della tela sino a fare avvertire la voglia di altrove, il mito dell’andare “oltre” verso nuove e impreviste frontiere. Per l’artista è più importante l’insistenza nella permanenza di quella piccola porzione di spazio che ha deciso di ritagliarsi secondo dimensioni poco variabili e sempre uguali a se stesse. Proprio perché per lui la pittura è una cosa semplice, terrestre e quotidiana che non allude né a cadute né a salvezze, non ha valore salvifico, non purifica e non libera. Poche le indicazioni di cui l’artista carica l’opera: l’idea della serie per gruppi omogenei di lavori correlati in base ai colori, il rigore delle pennellate sempre della stessa misura per i quadri piccoli e grandi con l’ovvia constatazione che i piccoli conterranno meno pennellate e le stesse tendono sempre più a trasformarsi in segno così come le sue linee sono sempre più linee-labirinti, linee continue senza inizio ne fine ma che via via tendono a stagliarsi su un fondo che si fa sempre più presente e importante quasi a rovesciare la tendenza a ciò che sta per tramutarsi in troppo facile o ripetitivo in nome di un perseguito senso della leggerezza. Ma questo senso di circolarità tra le parole e le cose, tra le opere e l’artista è suggerito anche dal suo vezzoso atteggiarsi in pose desuete ma mutuate da una precisa e riconoscibile iconografia tramandataci da celebri fotografie che ritraevano A. Libera o L. Moretti: in questo cercare di unire tutto sta il senso del riannodare la duplicità delle sue origini americane ed europee ma anche di unire il proprio cattolicesimo al puritanesimo.
Il catalogo ospita testi di Francesco Moschini, Franco Purini e Robert McCarter ed un’intervista curata da Mirta d’Argenzio.
04
dicembre 2006
Roberto Caracciolo – Roma razionalista
Dal 04 dicembre 2006 al 31 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
A.A.M. – ARCHITETTURA ARTE MODERNA
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 16.00 alle 20.00 sabato e domenica inclusi
Autore
Curatore