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Romano Abate – Apelle figlio di Apollo…
personale
Comunicato stampa
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Te la sei cercata!
Sei fuori da quel tempo, da quello spazio, da quel contesto di scrittura, di genere, di linguaggi…
Né puoi, fingendo di adattarti a tutto ciò da cui sei fuori, tentare di abbassare il giro-vita dei tuoi jeans e scoprire
un piercing all’ombelico né esibire cinque o sei anellini al lobo dell’orecchio, tanto meno dileggiare i riferimenti al lessico shakespeariano che – nel redazionale di qualche numero fa di MUG - si poneva l’amletico dubbio. “TO BE OR TO HAVE?”
Dubbio scansato d’un balzo senza bisogno di ulteriori riferimenti a Levi–Strauss o a Saussure tanto meno al primigenio Julius E. Lips…
Nemmeno ricorrendo allo sfoglio della nuova edizione dello Zingarelli ti libererai facilmente dall’intrico di quelle piante carnivore che si infiltrano subdole tra “prodotti di nicchia”, “frenetiche esigenze di target” che non siano d’antàn e l’uso del nuovo “Life Style” (ma non si diceva Still Life fino all’altro ieri?) e il recente “updating” o il paradigmatico “remerchandising”.
Né ti puoi far soccorrere da qualche buon riferimento alle categorie di “leggerezza” o “velocità” di Italo Calvino: LEZIONI AMERICANE è sepolto sotto una traballante pila di libri col bel risultato di aver soddisfatto il tuo pauperismo in materia di scaffalature alternative inibendoti però ogni pratico tentativo di consultazione libraria.
Ricorrere a Bruno Munari non serve: è nei tuoi ricordi di agenda pre/sessantottina quando ancora potevi cogliere al volo la proposta di “Multipli ‘67” e darti alla realizzazione seriale di opere d’Arte in epoca di riproducibilità e godere oggi di una sufficiente rendita anche economica.
A che serve allora affidarti al canterello infantile, al balbettio di una filastrocca puerile…”Apelle figlio di Apollo…” se non a rimuovere l’ustione di terzo grado del giudizio che ti hanno appioppato di…”scultore neo-barocco” e stemperarlo nel dadaismo di quel canterello mediante il quale vuoi annotare il carattere del bric-à–brac della tua prossima performance allo SPAZIO LAZZARI?
Sto annaspando e come ogni buon nuotatore devo recuperare forze facendo il “morto” per guadagnare la riva lontana. Muoia dunque l’Artista (con la A maiuscola)!
Abbandona il gioco ambiguo e anche un po’ tirannico della parola e affidati alla chiarezza e immediatezza di alcune immagini che meglio potranno evidenziare il carattere di “questa cosa” qui allo SPAZIO LAZZARI come usa dire con una certa civetteria.
Affiora subito la “contaminazione” che coinvolgerà la estemporanea ricerca dell’amico il fotografo LINO VECCHIATO…
Un graffiante prestito grafico di OLIMPIA BIASI per il mitico Apelle; trasmutazione visiva del logo verbale che dà il titolo alla mostra…
Ancora: la presenza di forme inusuali di arredo (se mi è consentito questo termine orrendo) per non chiamare “LIMULO” un tavolo basso o “ALEXANDRIA” un armadio-scaffale per libri preziosi o “LUDOVISI PRIMO” un abito di polietilene che è metafora del velo che copre i seni della Venere nel Trono Ludovisi.
Riaffiora una contraddizione nell’impatto visivo e tattile con “SEGNO DI FUOCO” unica macro scultura che dal castello di Pergine si trasferirà nella corte esterna.
I riferimenti alla vecchia e per me mai sopita “nostalgia del pesante”, alle categorie del mito e della memoria così presto sbattute fuori dalla porta rientrano puntualmente dalla finestra. Certamente mi interessa qui più l’aspetto ludico e seduttivo delle cose che non quello persuasivo e un po’ ingombrante della scultura soprattutto nella versione di scultura monumentale.
Il luogo stesso che ospita queste forme risulta essere di per sé – in quanto luogo in un certo senso SACRO (...non siamo a ridosso della Chiesa Madre di Treviso e nello spazio delle ex Canoniche?), ma anche PROFANO e seduttivo.
Per un tipico effetto di slittamento nella logica degli opposti che prevede appunto la contraddittorietà del rapporto sacro/profano, ci troviamo di nuovo in piena ambiguità: niente di più profano e seduttivo e suadente che muoversi in questo luogo antico e nel contempo “trendy”; sfiorare con le dita seriche stoffe, preziosi tessuti e sensuali ninnoli da vestire. Annusare cuoi e indugiare su capi d’abbigliamento che la luce del sole investirà dei suoi bagliori o il chiarore della luna pennellerà con pallidi aloni in altri luoghi e in altri spazi più intimi.
I contrari e gli estremi si toccano: HIC ET NUNC!
Ma anche CLICK ET NUNC!
Romano Abate
Sei fuori da quel tempo, da quello spazio, da quel contesto di scrittura, di genere, di linguaggi…
Né puoi, fingendo di adattarti a tutto ciò da cui sei fuori, tentare di abbassare il giro-vita dei tuoi jeans e scoprire
un piercing all’ombelico né esibire cinque o sei anellini al lobo dell’orecchio, tanto meno dileggiare i riferimenti al lessico shakespeariano che – nel redazionale di qualche numero fa di MUG - si poneva l’amletico dubbio. “TO BE OR TO HAVE?”
Dubbio scansato d’un balzo senza bisogno di ulteriori riferimenti a Levi–Strauss o a Saussure tanto meno al primigenio Julius E. Lips…
Nemmeno ricorrendo allo sfoglio della nuova edizione dello Zingarelli ti libererai facilmente dall’intrico di quelle piante carnivore che si infiltrano subdole tra “prodotti di nicchia”, “frenetiche esigenze di target” che non siano d’antàn e l’uso del nuovo “Life Style” (ma non si diceva Still Life fino all’altro ieri?) e il recente “updating” o il paradigmatico “remerchandising”.
Né ti puoi far soccorrere da qualche buon riferimento alle categorie di “leggerezza” o “velocità” di Italo Calvino: LEZIONI AMERICANE è sepolto sotto una traballante pila di libri col bel risultato di aver soddisfatto il tuo pauperismo in materia di scaffalature alternative inibendoti però ogni pratico tentativo di consultazione libraria.
Ricorrere a Bruno Munari non serve: è nei tuoi ricordi di agenda pre/sessantottina quando ancora potevi cogliere al volo la proposta di “Multipli ‘67” e darti alla realizzazione seriale di opere d’Arte in epoca di riproducibilità e godere oggi di una sufficiente rendita anche economica.
A che serve allora affidarti al canterello infantile, al balbettio di una filastrocca puerile…”Apelle figlio di Apollo…” se non a rimuovere l’ustione di terzo grado del giudizio che ti hanno appioppato di…”scultore neo-barocco” e stemperarlo nel dadaismo di quel canterello mediante il quale vuoi annotare il carattere del bric-à–brac della tua prossima performance allo SPAZIO LAZZARI?
Sto annaspando e come ogni buon nuotatore devo recuperare forze facendo il “morto” per guadagnare la riva lontana. Muoia dunque l’Artista (con la A maiuscola)!
Abbandona il gioco ambiguo e anche un po’ tirannico della parola e affidati alla chiarezza e immediatezza di alcune immagini che meglio potranno evidenziare il carattere di “questa cosa” qui allo SPAZIO LAZZARI come usa dire con una certa civetteria.
Affiora subito la “contaminazione” che coinvolgerà la estemporanea ricerca dell’amico il fotografo LINO VECCHIATO…
Un graffiante prestito grafico di OLIMPIA BIASI per il mitico Apelle; trasmutazione visiva del logo verbale che dà il titolo alla mostra…
Ancora: la presenza di forme inusuali di arredo (se mi è consentito questo termine orrendo) per non chiamare “LIMULO” un tavolo basso o “ALEXANDRIA” un armadio-scaffale per libri preziosi o “LUDOVISI PRIMO” un abito di polietilene che è metafora del velo che copre i seni della Venere nel Trono Ludovisi.
Riaffiora una contraddizione nell’impatto visivo e tattile con “SEGNO DI FUOCO” unica macro scultura che dal castello di Pergine si trasferirà nella corte esterna.
I riferimenti alla vecchia e per me mai sopita “nostalgia del pesante”, alle categorie del mito e della memoria così presto sbattute fuori dalla porta rientrano puntualmente dalla finestra. Certamente mi interessa qui più l’aspetto ludico e seduttivo delle cose che non quello persuasivo e un po’ ingombrante della scultura soprattutto nella versione di scultura monumentale.
Il luogo stesso che ospita queste forme risulta essere di per sé – in quanto luogo in un certo senso SACRO (...non siamo a ridosso della Chiesa Madre di Treviso e nello spazio delle ex Canoniche?), ma anche PROFANO e seduttivo.
Per un tipico effetto di slittamento nella logica degli opposti che prevede appunto la contraddittorietà del rapporto sacro/profano, ci troviamo di nuovo in piena ambiguità: niente di più profano e seduttivo e suadente che muoversi in questo luogo antico e nel contempo “trendy”; sfiorare con le dita seriche stoffe, preziosi tessuti e sensuali ninnoli da vestire. Annusare cuoi e indugiare su capi d’abbigliamento che la luce del sole investirà dei suoi bagliori o il chiarore della luna pennellerà con pallidi aloni in altri luoghi e in altri spazi più intimi.
I contrari e gli estremi si toccano: HIC ET NUNC!
Ma anche CLICK ET NUNC!
Romano Abate
15
dicembre 2005
Romano Abate – Apelle figlio di Apollo…
Dal 15 dicembre 2005 al 28 febbraio 2006
arte contemporanea
Location
SPAZIO LAZZARI
Treviso, Via Paris Bordone, 14, (Treviso)
Treviso, Via Paris Bordone, 14, (Treviso)
Orario di apertura
Mar-Sab 11-19:30. Dom-Lun 15:30-19:30
Vernissage
15 Dicembre 2005, ore 18
Autore