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Ruben Montini – Lupa
Il lavoro di Ruben Montini ha a che fare con il tentativo, portato spesso al parossismo, con la messa in scena di una sfida che coinvolge l’artista in prima persona e gli astanti per empatia.
Comunicato stampa
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Il lavoro di Ruben Montini ha a che fare con il tentativo, portato spesso al parossismo, con la messa in
scena di una sfida che coinvolge l’artista in prima persona e gli astanti per empatia. Sia questo il
tentativo di affermare politicamente la propria specificità che si fa universale, oppure, più
prosaicamente, il tentativo di reggersi in equilibrio sui tacchi a spillo o sui trampoli, o ancora di
ricamare. Sardo di nascita, la sua condizione di isolano gli ha sempre imposto la mobilità, formalizzando
in tal modo una condizione di estraneità, una necessità di integrazione che è insita nel suo lavoro dei
primi anni, accentuata dal bisogno di accettazione della propria identità, che si trasforma in azione
politica. Migrazione quindi fisica, ma anche identitaria, tra le pieghe delle definizioni imposte dal sentire
comune, tra i generi e le confortanti classificazioni.
In questo percorso non vengono tralasciati temi come l’amore, la famiglia, il ruolo della donna e della
madre, affrontati più volte, in modi diversi. E se in lavori recenti come la performance di Cagliari La
vestizione della sposa Montini vuole “calzare” e abitare questo ruolo – reso simbolo –, nella nuova
performance LUPA, pensata per il Caffè Internazionale di Palermo, l’artista si spinge ancora oltre.
Muovendosi dichiaratamente nell’alveo di un’estetica queer (che qui ci piace intendere come
“diagonale”), il tentativo adesso non è più soltanto quello di compiere tale percorso per sovrapposizione
di elementi (scenici) che rimandino a un’idea esteticamente ricostruita, ma quello di modificare il
proprio corpo, di far suo un atto che è di per sé metaforico, esclusivo appannaggio femminile. Un gesto
semplice, dunque, domestico e intimo che assume, però, nuove accezioni nel momento in cui è un uomo
a compierlo, anziché una donna. Il percorso migratorio è così reso esplicito con un atto affermativo che
non teme smentite, poiché viene offerto all’occhio e alla sensibilità dell’astante senza orpelli retorici e
nella flagranza del suo compiersi. Le allusioni a un’iconografia storicizzata sono molteplici e facilmente
rintracciabili, il ché contribuisce a rendere “commestibile” l’immagine che l’artista intende ricreare
mostrando il proprio corpo senza infingimenti. L’azione di Ruben Montini vuole certamente anche
alludere a una sempre meno sovversiva idea di famiglia alternativa (nel senso di meno diffusa), nella
quale i ruoli divengono trasversali e la genitorialità è un tema che ha strettamente a che fare con il
desiderio e la capacità educativa.
Andrea Ruggieri
Ruben Montini (Italia, 1986) vive e lavora a Berlino.
Nel 2010 consegue il Master in Fine Art (MA) al College Central Saint Martins of Art & Design di Londra, dopo essersi
laureato in Arti Visive, indirizzo Pittura, presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia e aver vinto la borsa di studio
alla Manchester Metropolitan University. Nella sua ricerca artistica sviluppa un linguaggio al tempo stesso radicale,
romantico e nostalgico, rivolto alla storia delle performance, specialmente quelle sviluppate durante il movimento
femminista, nell'Europa centrale degli anni '60 e '70. La sua ricerca affronta questioni urgenti relative alle comunita
che stanno cambiando la geografia sociale europea, portando avanti un'analisi su ciò che significa per lui oggi essere
cittadino contemporaneo, oltre che migrante all'interno dell'Unione e appartenente alla realta LGBT.
Ha partecipato a diverse esposizioni internazionali, sia in istituzioni pubbliche che private, quali: “Assemblaggi
Provvisori”, Associazione Culturale dello Scompiglio, Lucca; “Pomada”, Museum for Contemporary Art, Ujazdowski
Castle, Varsavia (2015); “Vanita/Vanitas” Museo Ettore Fico, Torino (2015); “Cosa Resta di Noi - Requiem” (solo),
Oratoire du Louvre, Paris (2015); “Turtle Salon in the Forest”, Fargfabriken, Stoccolma; “Bienal del Fin del
Mundo”, Buenos Aires (2014/2015); “ArtStays”, Ptuj, Slovenia (2014); “Teoremi”, Museo d’Arte Contemporanea
Villa Croce, Genova (2014); “Piece”, Teatro Studio Krypton, Scandicci, Firenze (2014); “Microutopias of the
everyday” e “Theatre of Life”, Co Ca Znaki Czausu, Torun, Polonia (2013/2012); “Art International”, Istanbul
(2013); “Piccolo Festival", Universita di Trento (2012); “Luce e Movimento”, Signum Foundation per la Biennale di
Architettura, Venezia (2010); “Realpresence”, Castello di Rivoli, Torino (2008), e MKG, Belgrado (2008).
scena di una sfida che coinvolge l’artista in prima persona e gli astanti per empatia. Sia questo il
tentativo di affermare politicamente la propria specificità che si fa universale, oppure, più
prosaicamente, il tentativo di reggersi in equilibrio sui tacchi a spillo o sui trampoli, o ancora di
ricamare. Sardo di nascita, la sua condizione di isolano gli ha sempre imposto la mobilità, formalizzando
in tal modo una condizione di estraneità, una necessità di integrazione che è insita nel suo lavoro dei
primi anni, accentuata dal bisogno di accettazione della propria identità, che si trasforma in azione
politica. Migrazione quindi fisica, ma anche identitaria, tra le pieghe delle definizioni imposte dal sentire
comune, tra i generi e le confortanti classificazioni.
In questo percorso non vengono tralasciati temi come l’amore, la famiglia, il ruolo della donna e della
madre, affrontati più volte, in modi diversi. E se in lavori recenti come la performance di Cagliari La
vestizione della sposa Montini vuole “calzare” e abitare questo ruolo – reso simbolo –, nella nuova
performance LUPA, pensata per il Caffè Internazionale di Palermo, l’artista si spinge ancora oltre.
Muovendosi dichiaratamente nell’alveo di un’estetica queer (che qui ci piace intendere come
“diagonale”), il tentativo adesso non è più soltanto quello di compiere tale percorso per sovrapposizione
di elementi (scenici) che rimandino a un’idea esteticamente ricostruita, ma quello di modificare il
proprio corpo, di far suo un atto che è di per sé metaforico, esclusivo appannaggio femminile. Un gesto
semplice, dunque, domestico e intimo che assume, però, nuove accezioni nel momento in cui è un uomo
a compierlo, anziché una donna. Il percorso migratorio è così reso esplicito con un atto affermativo che
non teme smentite, poiché viene offerto all’occhio e alla sensibilità dell’astante senza orpelli retorici e
nella flagranza del suo compiersi. Le allusioni a un’iconografia storicizzata sono molteplici e facilmente
rintracciabili, il ché contribuisce a rendere “commestibile” l’immagine che l’artista intende ricreare
mostrando il proprio corpo senza infingimenti. L’azione di Ruben Montini vuole certamente anche
alludere a una sempre meno sovversiva idea di famiglia alternativa (nel senso di meno diffusa), nella
quale i ruoli divengono trasversali e la genitorialità è un tema che ha strettamente a che fare con il
desiderio e la capacità educativa.
Andrea Ruggieri
Ruben Montini (Italia, 1986) vive e lavora a Berlino.
Nel 2010 consegue il Master in Fine Art (MA) al College Central Saint Martins of Art & Design di Londra, dopo essersi
laureato in Arti Visive, indirizzo Pittura, presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia e aver vinto la borsa di studio
alla Manchester Metropolitan University. Nella sua ricerca artistica sviluppa un linguaggio al tempo stesso radicale,
romantico e nostalgico, rivolto alla storia delle performance, specialmente quelle sviluppate durante il movimento
femminista, nell'Europa centrale degli anni '60 e '70. La sua ricerca affronta questioni urgenti relative alle comunita
che stanno cambiando la geografia sociale europea, portando avanti un'analisi su ciò che significa per lui oggi essere
cittadino contemporaneo, oltre che migrante all'interno dell'Unione e appartenente alla realta LGBT.
Ha partecipato a diverse esposizioni internazionali, sia in istituzioni pubbliche che private, quali: “Assemblaggi
Provvisori”, Associazione Culturale dello Scompiglio, Lucca; “Pomada”, Museum for Contemporary Art, Ujazdowski
Castle, Varsavia (2015); “Vanita/Vanitas” Museo Ettore Fico, Torino (2015); “Cosa Resta di Noi - Requiem” (solo),
Oratoire du Louvre, Paris (2015); “Turtle Salon in the Forest”, Fargfabriken, Stoccolma; “Bienal del Fin del
Mundo”, Buenos Aires (2014/2015); “ArtStays”, Ptuj, Slovenia (2014); “Teoremi”, Museo d’Arte Contemporanea
Villa Croce, Genova (2014); “Piece”, Teatro Studio Krypton, Scandicci, Firenze (2014); “Microutopias of the
everyday” e “Theatre of Life”, Co Ca Znaki Czausu, Torun, Polonia (2013/2012); “Art International”, Istanbul
(2013); “Piccolo Festival", Universita di Trento (2012); “Luce e Movimento”, Signum Foundation per la Biennale di
Architettura, Venezia (2010); “Realpresence”, Castello di Rivoli, Torino (2008), e MKG, Belgrado (2008).
28
maggio 2016
Ruben Montini – Lupa
Dal 28 maggio al 15 giugno 2016
arte contemporanea
Location
CAFFE’ INTERNAZIONALE
Palermo, Via San Basilio, 37, (Palermo)
Palermo, Via San Basilio, 37, (Palermo)
Vernissage
28 Maggio 2016, h 20
Autore