Secondo Vannini dipinge i colori della sua terra, una Romagna calda e assolata, una marina o un paesaggio innevato. Le sue tele sono cosparse di strisce di colore, elementi stilizzati che puntano a dare un’impressione generale dell’insieme che si è voluto rappresentare. Il verde di una macchia di vegetazione corre ad inseguire il morbido celeste del cielo che dal canto suo sporca distrattamente il paesaggio sottostante, mentre all’orizzonte si estende un mondo sconfinato che trova l’imperativo del suo limite all’interno del quadro. Il problema del limite che assimila il dipinto a una fotografia nella frammentarietà della sua natura, diventa ancora più evidente nelle opere astratte di Vannini dove vengono allestiti reticolati di pigmenti che rappresentano il traguardo estremo del disfacimento onirico del paesaggio. Infatti i colori e le suggestioni che il pittore cattura dagli stimoli esterni si trasformano in impasti astratti dove il panorama perde forma e diviene un groviglio di terra di siena bruciata, verde smeraldo, blu oltremare e tinte paglierine.

Cecilia Gamberini